GIRO D'ITALIA | 11/05/2015 | 18:32 L come Lotto. Nel senso di sponsor. E’ sulle maglie di due squadre, una belga e una olandese. Si distinguono dal colore delle maglie e dal secondo marchio che indossano: Soudal quella belga, Jumbo l’olandese. Più facile riconoscere il terzo team targato da un’azienda del settore scommesse, la francese Francaise des Jeux: altrimenti sarebbe stato un terno al lotto.
O come organizzazione. Nel senso di Sky, team che sposa tecnologia e innovazione anche come filosofia aziendale. Punta a vincere il Giro con Richie Porte e non trascura alcun dettaglio: in corsa e soprattutto fuori corsa. Al suo leader ha riservato un trattamento unico, per non dire inedito. Intanto, come riposo: lo fa dormire in un motorhome parcheggiato a pochi metri dall’albergo, attrezzato con letto matrimoniale, bagno, lettino per i massaggi, due schermi al plasma e guardaroba. Un veicolo identico a quelli utilizzati dai piloti di F1 e motoGp, per consentire a Porte di non cambiare mai ambiente, di avere il proprio bagaglio sempre a disposizione e, soprattutto, di godersi il sonno più regolare. Probabilmente il tasmaniano, che nei primi giorni ha mostrato di gradire questo tipo di esperienza, verrà presto raggiunto da un compagno: il posto a disposizione per un altro corridore c’è. Curatissima anche l’alimentazione: Porte fa colazione e consuma la cena insieme al resto della squadra in un altro van, attrezzato con una cucina e una dispensa completa di ogni tipo di cibo. E’ solo una parte della città in movimento allestita dal team, che comprende anche il pullman per gli atleti e un camion con l’attrezzatura tecnica: una dimensione extralarge che manda in crisi le sedi di tappa più piccole. E’ anche la prova generale per realizzare in un futuro non troppo lontano, magari già al Tour, un hotel viaggiante che permetta ai ciclisti di vivere a parte rispetto alle squadre. Intanto la novità ha già prodotto un effetto: si può tranquillamente raccontare che, in questo Giro, gli alberghi sono senza Porte.
Q come Quintana. Nel senso di Dayer, fratello minore del più popolare Nairo, detto il Condor, vincitore del Giro scorso. Lo ricorda nel fisico, nei tratti da indio e nelle attitudini: anche lui dà il meglio in salita. Ne ha seguito le orme, nel vero senso della parola: prima nei campi, poi nel ciclismo, infine in Europa nello stesso team, la Movistar. In pratica, ha percorso la strada dell’illustre fratello come fosse su una rotaia. «Non mi trovo qui perché sono raccomandato. E lo dimostrerò», ha detto presentandosi, confermando di esser cresciuto all’ombra di Nairo e di averne ereditato bici e materiali. Non ancora la buona sorte: sulla strada di Genova, la ruota anteriore è schizzata via, catapultandolo prima in aria poi sull’asfalto. Un capitombolo che ora lo costringe a pedalare con braccio e gamba sinistra fasciati come cotechini. Dayer l’ha presa come un buon segno: se il fratello è diventato famoso per i voli del Condor, lui ha iniziato di nuovo a imitarlo. Al momento, fa ancora un po’ di confusione sui voli.
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