LA STORIA. Rossella Galbiati insegue un sogno

| 07/02/2012 | 08:53
Ci sono tanti modi per rimanere nel cuore degli sportivi: uno può essere classificarsi per tre volte quarta al Mondiale dell’inseguimento, senza mai perdere il sorriso. Solo nel 1984 Rossella Galbiati fu medaglia di bronzo a Barcellona. Troppe situazioni da inseguire, in primo luogo un’avversaria, la francese Jeannie Longo, coetanea allora imbattibile, oggi nel mirino dell’antidoping nel suo Paese. Quarti o terzi con le proprie forze fa comunque differenza, la Galbiati non ha rivincite da prendersi su chi, anche a lei, propose il vantaggio di andare più forte senza fatica, ricevendone in cambio un sorriso di scherno. Storie da non rivangare, per la Galbiati conta solo il presente, il suo impegno a favore dei ragazzini, grazie alla scuola di ciclismo riservato ai maggiori di 6 anni che ha creato con il marito a Corsico.

Il marito, Carlo Barlassina, è presidente del Team Galbiati, di cui Rossella è il motore principale. Lei si adopera per i ragazzini a tempo pieno, lui lavora come tecnico nel campo della carpenteria metallica e degli infissi, ha corso in bici sino alla categoria allievi, senza brillanti risultati, a 17 anni ha detto basta, ma sa di ciclismo. Oltretutto Barlassina ha collaborato sin dagli anni Novanta con il Gruppo sportivo Galbiati-Rovati, che il papà di Rossella aveva creato a Corsico anni prima, per assecondare il percorso agonistico della figlia. Ma ascoltiamo lei: “Dopo lo sci e il nuoto, a 17 anni mi ero rivolta a papà dicendogli che mi sarebbe piaciuto correre in bici. Lui temeva che fosse un’infatuazione, che mollassi gli studi, non era molto d’accordo sulle mie scelte. Ma nel 1977 creò a Corsico una società di cicloturisti e amatori, in realtà mise insieme un gruppo di persone che pensavano alla gita sociale, a qualche mangiata in trattoria. Ogni tanto correvano. Quando mancò mio padre, nel 1999, ci chiedemmo se continuare o meno, ma quella storia aveva perso di smalto. E soprattutto gli amatori non avevano pensato per tempo a rinnovarsi”.

Cos’ha fatto scattare la molla e il rinnovato entusiasmo?
“Corsico non dava un tesserato da un quarto di secolo, il primo giovanissimo lo abbiamo prodotto nel 2005. All’inizio è stata una scommessa, i ragazzini sono complicati, affrontare il tema della loro maturazione in maniera professionale non è semplice, bisogna usare tatto e polso perché devono crescere sani, educati e con sicuri valori”.

La sua preparazione specifica, aldilà del diploma magistrale, come si è concretizzata?
“Per i giovani ero portata, le esperienze nello sport sono formanti, poi le magistrali. Tempo fa, già istruttrice di atletica leggera, dopo il corso di educatore sportivo di secondo livello del Coni, ho frequentato quello di terzo livello della Fci. L’entusiasmo ha fatto il resto”.

Corsico, la sua città, come ha risposto?
“Con un po’ di scetticismo, abbiamo tentato di entrare nelle scuole ma è complicato, la bici è un problema, soprattutto per la sicurezza. A Corsico abbiamo tentato con un istituto tecnico superiore ma non c’è stata adesione. Sul piano organizzativo dopo aver realizzato per nove edizioni una gara di ciclocross a livello interregionale, abbiamo dovuto smettere per i costi. Cinquemila euro sono diventata una cifra insostenibile, anche perché manca il contributo pubblico. Ci confrontiamo con una realtà che è scettica nei confronti dello sport, alcuni dicono che non è cultura, serve a poco insistere”.

Però una mano ve l’hanno data.
“L’assessorato allo sport è dalla nostra, ci ha affidato un’area per gli allenamenti in sicurezza, all’interno del parco Travaglia, al confine con il comune di Cesano Boscone e con quello di Milano. Il parco sarebbe il luogo ideale per costruirvi un ciclodromo, di cui si parla da anni, ma è tutto fermo. Non c’è da stupirsi: a Corsico a fronte di 20 ragazzi ci sono 10 mila anziani e questi ultimi votano. I nipoti non ancora”.

Ma il vostro impegno è tangibile, salta all’occhio.
“Tre volte la settimana mi occupo dei ragazzi al parco, la domenica seguiamo gli esordienti impegnati nelle corse in regione, dividendoci i compiti. Ci sono due tecnici, oltre a me e Carlo”

Le vostre aspettative, giusto per capire.
“Non ci preme creare dei campioni in erba, se lo diventeranno saremo i primi a gioirne. Vogliamo solo avviarli alla bicicletta, appassionandoli, ma facciamo anche lezioni di pattinaggio, se fossero riconoscenti anche solo per quello, evviva”.

La scuola, almeno altrove, vi ha aperto le porte?
“Nelle scuole dei dintorni vado a volte con Marino Vigna, l’olimpionico di Roma nel quartetto, e raccontiamo il ciclismo su versanti diversi. A Buccinasco la maestra Catena Lentini era disponibile ma non si è iscritto nemmeno un ragazzo”.

Il nodo da sciogliere è la sicurezza?
“Purtroppo sì, capisco i genitori che sono restii ad affidarti i figli, se ne leggono di ogni genere, ma almeno al parco sono in sicurezza”.

Cosa offrite ai ragazzi, oltre al vostro impegno?
“Le nostre competenze, le esperienze aggiornate. Una bici gliela diamo noi, l’altra la acquistano i genitori. Naturalmente abbiamo un parco bici in crescita. Si va dalle bici del 22 a quelle del 28 perché crescono, mica rimangono a lungo giovanissimi. Ne abbiamo dodici, ce ne manca una, speriamo che salti fuori”.

Progetti di lungo periodo, se ce ne sono.
“Uno importante, l’accordo con il GS San Pietro che ha soltanto gli esordienti. Non avevano mai sperimentato la mountain bike e nulla facevano di preparazione atletica, ma spero proprio che i primi effetti si vedano, almeno me lo auguro”.

Lei ha anche un ruolo in Comitato regionale Fci, risponde della categoria Esordienti Maschi strada. Tutto fila liscio?
“Sino a quando le mie scelte non danno luogo a rimostranze, tutto bene”.

Sergio Meda
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