
Sceneggiatura classica, stesso film: per una settimana tutti fermi e guardinghi in vista della prima tappa di montagna, poi arriva la prima tappa di montagna, tutti fermi e guardinghi perchè c'è vento, perchè bisogna prima valutare le proprie forze, perchè dopo cinque o sei giornate di pianura la gamba arriva imballata al cambio di ritmo, allora tutti fermi e guardinghi fino all'ultima salita, meglio, fino agli ultimi due chilometri dell'ultima salita, scattini vari (stavolta Ciccone e Bernal), quindi sprint tra i migliori, ordine d'arrivo minestrina, classifica sporcata solo dagli abbuoni, giusto giusto per poter poi dire è già molto, cosa pretendevi, questa era una salita per modo di dire, non c'era il terreno per attaccare, salivamo a 35 orari, bisogna aspettare la terza settimana, il Giro è lungo e può succedere di tutto. Amen.
Sceneggiatura classica e solito film anche a Tagliacozzo. Prima tappa di montagna e sempre la solita tiritera. L'anno scorso c'era la noia di avere Pogacar, sempre lui, sempre i suoi attacchi prevedibili e scontati, quest'anno c'è la noia di non avere Pogacar, perchè senza di lui non si scatenano a mani libere tutti gli altri, ma anzi ne approfittano per mettersi tranquilli e aspettare, aspettare, aspettare...
Noi con loro, un altro Giro da aspettare. Come nella sala d'attesa del dentista. Serve tanta pazienza. Prima o poi, due anni fa all'ultima cronoscalata, il Giro si deciderà. Sempre poi, mai prima. E allora se non è zuppa è pan bagnato, se non è noia è comunque noia. Con o senza Pogacar. Gusto personale: scelgo tutta la vita la “noia” di Pogacar, questa è la noia della pigrizia e della mediocrità.
Dice: calma, siamo solo all'inizio. Condivido, ma conosco anche i nostri polli. Sempre pronti per il domani, mai per oggi. Come il servizio sanitario nazionale: fissano appuntamenti molto in là. Adesso il prossimo è per le strade bianche (parere personale: meno male che ci sono, possono fare più danni delle salite, sempre che non neutralizzino la classifica per eccesso di ghiaia).
Diciamolo: si chiude la prima settimana e qui se non era per Pedersen staremmo a pettinare le bambole, guardandoli sfilare in processione, tra mille scuse e mille attenuanti. Un giorno si scivola, un giorno c'è vento, un giorno manca il terreno giusto, un giorno si decide tutto nella terza settimana. Emozioni, batticuore? Non pervenuti. Però guai a dirlo. Ne usciamo da disfattisti e criticoni. E allora accodiamoci docilmente: qui Tagliacozzo, pubblico in delirio per una tappa memorabile. La verità ormai è di chi la racconta. Raccontiamola così, come piace raccontarcela