| 14/02/2009 | 17:44 Cinque anni senza Pantani. Cinque anni da quell’agghiacciante serata, quell’irreale telefonata, quella conferma di una tragedia annunciata. Oggi alle 17 la gente di Cesenatico e della Romagna che amava il Pirata, si ritroverà nella chiesa di San Giacomo al Porto Canale, dove gli diede l’ultimo saluto, per una messa in suffragio. Hanno lanciato un invito a tutti, i suoi fans: «Mettiamo una bandana o un drappo giallo alle nostre finestre, sui nostri balconi, per salutare Marco, per ricordarlo».
«CONFESSO’ LA COCA»
Cinque anni senza Pantani, però papà Paolo sussurra, quasi con le lacrime agli occhi, che è come se fosse ancora fra noi. «Me lo sento vicino, tanto vicino. E mi dà la forza per lottare, perché voglio salvare la sua dignità». Mamma
Tonina invece non c’è a Cesenatico, non ce la fa a reggere la pressione del ricordo in queste giornate fredde e tristi. E’ andata in Thailandia con un gruppo di amici, dove Marco era stato quando aveva vent’anni, in quegli stessi luoghi, con quella stessa gente. Tornerà a casa fra qualche giorno per riprendere il filo di iniziative inedite alla memoria del suo ragazzo. Papà Paolo sembra quasi che parli a se stesso e sussurra frasi pesanti: «Un giorno Marco si confidò con me e mi disse che prendeva la coca, che gli serviva per sopportare il peso di certe accuse, che con la coca stava meglio. Ma che ne sarebbe uscito quando avrebbe voluto lui. Senza alcun problema. E io in certi momenti lo capivo, Marco. Lo avevano fatto passare per un delinquente. C’erano sette procure che indagavano su di lui, che mai era stato trovato positivo all’antidoping. Ti distruggono certe accuse. E le cattive compagnie hanno fatto il resto. Io vorrei tanto che anche a distanza di tempo ci fosse qualcuno che si mettesse la mano sul cuore e che parlasse, che dicesse la verità. E’ per quello che stiamo lottando. Non aveva bisogno di prendere l’Epo per vincere quel Giro del ‘99, il mio Marco. E’ dall’età di 13 anni che staccava tutti in salita. E da dilettante alla cronoscalata della Futa realizzò un tempo vicinissimo a quello di Bugno campione del mondo. Lo aiutarono anche con la scia delle macchine, Bugno, perchè quel ragazzino romagnolo a nome Pantani, ancora sconosciuto, non rovinasse la festa. Marco lo hanno fatto fuori a Campiglio perché dava fastidio. E quando sei onesto e ti trattano come un delinquente, è la fine. Marco non ce l’ha fatta».
LA BENEFICENZA
Papà Pantani ribadisce sino alla noia i suoi convincimenti. E continua: «In pochi sanno che Marco faceva del bene a tanta gente. Le sue donazioni, gli aiuti a chi aveva dei problemi. Quando morì Casartelli
al Tour de France nel ‘95 volle che noi come famiglia aiutassimo la vedova. C’era di mezzo un bimbo di pochi mesi che si chiamava Marco come lui. E volle che gli donassimo dieci milioni di lire per le prime necessità».
La Fondazione Pantani, attivissima su più fronti, si fa carico di tante iniziative. E’ stata creata una scuola di ciclismo dedicata ai giovanissimi, dai 7 ai 12 anni, l’uomo di riferimento è Pino Roncucci, il direttore sportivo che fece crescere Pantani fra i dilettanti. Un punto di riferimento per Marco.
FONDAZIONE PANTANI
E lui pure vive con commozione queste giornate del ricordo: «E’ incredibile, è difficile da spiegare l’affetto della gente nei confronti di Pantani. Il tempo passa e lui sta diventando un mito. Sul telefonino della Fondazione ieri ho ricevuto 223 chiamate. Da tutte le parti del mondo. Telefonate toccanti. Come quella di un ragazzo romano che sta facendo la chemioterapia, sta male ma vuol essere presente a Cesenatico alla messa in suffragio di Marco. O quella di due ragazzini di Palermo, 13 e 15 anni, che vogliono far nascere in Sicilia una squadra di giovanissimi col nome di Pantani». Roncucci è amaro: «Con la sua morte, siamo stati tutti sconfitti. Nessuno è riuscito a salvarlo. Anch’io non ce l’ho fatta. Dopo Campiglio sarebbe bastato andare al Tour de France e avrebbe dimenticato quell’affronto. Non ha dato retta a nessuno, Marco. Ma era un fenomeno, credetemi, io l’ho conosciuto ragazzino. I suoi test erano straordinari, quasi 8 watt per ogni kg. Prima di una tappa di montagna il suo cuore registrava 33-34 battiti. Mezzora dopo l’arrivo tornava a quei battiti. Un recupero prodigioso. E’ per quel motivo che vinceva e non per l’Epo. L’autopsia ha rivelato un midollo osseo pulitissimo. Chi prende l’Epo non ce l’ha pulito».
Al cimitero di Cesenatico la tomba di Pantani è presa d’assalto dalla sua gente. In silenzio, commossi e tristi, un segno della croce, una preghiera, una frase ad effetto sul libro dei ricordi. Cinque anni senza Pantani, proprio stasera. Ma se fissi con attenzione certe foto, è davvero come se fosse ancora fra noi.
da «Tuttosport» del 14 febbraio 2009 a firma Beppe Conti
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