Vincitore due volte negli ultimi dodici mesi, nella tappa del Giro d’Italia a Siena e a Parigi per il Tour de France, Wout van Aert continua a entusiasmare il pubblico del ciclismo che aspetta di vederlo tornare sulle strade fangose del ciclocross sabato prossimo ad Anversa. Il belga, è stato ancora una volta tra i finalisti del prestigioso premio Flandrien ed ha voluto raccontare la sua stagione e le sue difficoltà, mostrando l’aspetto più umano del suo carattere.
«È vero che non ho avuto l'anno di maggior successo della mia carriera, ma ho sentito che le mie vittorie hanno lasciato il segno. Sono arrivato quarto al Giro delle Fiandre, ma sentivo di aver dato il massimo. Ho dato tutto, come sempre, e come sempre ho corso per vincere. Ho attaccato nel finale, anche se Tadej e Mathieu erano sicuramente più forti. E non mi ha dato fastidio e ho accettato di avere questo livello. Il fatto comunque di essere vicino a corridori come loro è importante e questo adesso, mi fa godere di più le mie vittorie».
Van Aert nell’ultimo biennio ha avuto incidenti importanti, che hanno cambiato il suo corpo: quando guarda le cicatrici inevitabilmente il pensiero torna a quelle cadute. Oggi però Van Aert ha imparato ad essere felice di quello che ha, con la consapevolezza di essersi rialzato e di avere ancora la voglia di correre e di mettersi alla prova per essere tra i corridori più forti del World Tour.
«Nel 2024, quando sono caduto due volte, ho guardato tutte le gare più importanti in televisione: le Classiche, i Campionati del Mondo. Al Tour de France ero lì, ma non al livello che speravo. Quella sensazione orribile di non poter nemmeno competere mi ha fatto capire oggi quanto per me sia importante il fatto di poter essere ancora in questo sport. Tutto è cambiato durante la scorsa primavera. Non osavo più tirare su il ritmo. Ero combattuto tra il sollievo di non essere caduto e la frustrazione di non essere al posto giusto. Ad un certo punto, mi sono reso conto che pedalare anonimamente nel gruppo non mi rendeva felice. A volte riuscivo ad aiutare la squadra, altre volte nemmeno quello. Oggi so molto chiaramente cosa significhi per me correre: raggiungere il mio massimo livello e dare il massimo».
Ancora oggi, nelle varie interviste, a Van Aert viene chiesto se pensa qualche volta alla sconfitta in volata ad Attraverso le Fiandre, con tre corridori della Visma contro Powless. Il ragazzo di Herentals adesso non ha più problemi nel raccontare le emozioni e la frustrazione di quel giorno. «Ero estremamente deluso perché non ero stato fedele a me stesso scegliendo di puntare tutto sulla mia volata. Avevo troppa voglia di vincere e avevo paura che i miei compagni di squadra mi avrebbero tolto quella opportunità se avessero attaccato. Mi ha aiutato molto il fatto che nessuno fosse arrabbiato o deluso. Per loro, aveva senso tutto quello che era successo. La gente potrebbe pensare che vincere non sia più così importante per me, ma io voglio ancora alzare le braccia in segno di vittoria. Ma è vero anche che in quella particolare gara avremmo dovuto comportarci diversamente».
In una recente intervista al New York Times, Van Aert ha detto che vincere il Giro delle Fiandre o la Parigi-Roubaix significherebbe tutto lui e che per questo, continua a correre cercando il massimo risultato possibile. «Se non riuscissi più a credere di poter vincere il Giro delle Fiandre, allora forse solo tre corridori al mondo possono ancora farlo. È molto difficile vincere, ovviamente, e vale anche per la Roubaix, ma questi sono obiettivi logici nella mia carriera. Sono ancora molto vicino a raggiungere questo risultato. Devo credere di poter arrivare a un livello superiore rispetto allo scorso anno. Ci sono tutte le condizioni per essere più forte. Nel 2025, se Mathieu fosse stato più vicino a Tadej, avrebbero potuto neutralizzarsi a vicenda. Spesso lavorano bene insieme, ma negli ultimi dieci chilometri è stato diverso. Lo scenario peggiore per me era che uno di loro attaccasse dopo il Paterberg e creasse un distacco importante. La cosa principale per me era di restare con loro. Ma in futuro potrebbe esserci un'edizione in cui si guarderanno a vicenda e allora potrebbero neutralizzarsi e potrebbe arrivare l’occasione per me».
Wout van Aert è il corridore dal grande cuore, capace di ammettere i propri errori e le debolezze. Il fiammingo a Siena è rinato e quella in piazza del Campo è per lui una delle vittorie più importanti. «Poche vittorie mi hanno dato così tanta emozione. Mi vengono ancora i brividi solo a parlarne. È stato un periodo difficile che alla fine si è trasformato in positivo.
«Stavo vivendo una buona primavera, ma mi mancava quel tocco finale. Speravo di iniziare il Giro vincendo una tappa, ma mi sono ammalato prima della Grande Partenza. Ero così debilitato che il quinto giorno mi sono chiesto se valesse la pena continuare. La tappa delle Strade Bianche? Non pensavo proprio che sarebbe stata la mia giornata. La mia famiglia era al traguardo e non la vedevo da dieci giorni. Siena è anche il luogo in cui è iniziata la mia carriera ciclistica su strada. Le condizioni di gara lì mi hanno aiutato e ne avevo bisogno perché non ero assolutamente al meglio. A volte, credo che le cose siano destinate ad andare così, che sia scritto nelle stelle. Quello che ho provato quel giorno, non riesco a descriverlo».
Van Aert non corre più Strade Bianche dal 2021 e anche per il 2026 il suo calendario non prevede questa gara Il belga però sta pensando di tornarci, anche se il tutto dovrà essere definito dalla squadra.
«Essere a Strade Bianche nel 2026 significa cambiare i piani. Di solito in quel periodo dell’anno sono in quota e significherebbe cambiare la preparazione. Non ho mai detto di non voler più correre questa gara. Correre Strade richiederà un approccio diverso, ma possiamo lavorarci».