Mi chiamo Pertusi, facevo il corridore. Si presentava così, semplicemente, modestamente, forse anche un po’ ironicamente, sapendo che il tempo cancella impronte e tracce, soprattutto quelle del ciclocross. Le sue: tre volte campione italiano, due volte secondo, una volta terzo e un quarto posto ai Mondiali (si disputavano in Belgio) che, quanta delusione, quanto dispiacere, quanta forse anche rabbia, una caduta lo aveva privato del podio.
Graziano Pertusi è morto mercoledì 22 ottobre, aveva 92 anni e mezzo, fino a pochi anni fa pedalava, da solo o in gruppo, anche nei ritrovi delle vecchie glorie del ciclismo. Pavese di Pieve Albignola, poi di Garlasco, infine di Gropello, era considerato l’erede di Luigi Malabrocca: molto per la specialità, il ciclocross, appunto, molto anche per l’accento, per le doti, per i successi, che almeno nei percorsi campestri e fangosi, invernali e popolari, superavano quelli della Maglia Nera.
Quindici vittorie da allievo, ventisei da dilettante, ma su strada. Squadre, dalla Nilux alla Ignis (le stesse anche per “il Mala”). Poi il ciclocross, da autorità. Ma quello era un ciclismo familiare, povero, terrestre e territoriale, sporco fuori e pulito dentro, dove la soddisfazione – giocoforza – valeva più dell’ingaggio o dello stipendio, dove la rivalità si esaltava sulle scalinate delle chiese o nelle pozzanghere dei sentieri, dove il riconoscimento stava in un trafiletto sulla “Gazzetta dello Sport” o negli incitamenti del popolo del fango, inzaccherati (i più esperti calzavano galoche), infreddoliti (i più tosti si scaldavano con del vin brulè), inossidabili (proprio come lui). Mai attaccata la bici al chiodo, fondò e diresse la Garlaschese, contagiando con la sua passione generazioni di giovani corridori, quelli sopravvissuti ai sequestri di altri sport o alle fatiche fisiche e climatiche di una disciplina da sofferenza. Poi la caccia: non quella delle seigiorni o delle americane, non quella a talenti e speranze, ma quella venatoria, gestendo due riserve, a Sannazzaro e Gropello. Battuta pronta, sorriso facile, ricordi tascabili: gli bastava poco per riempire una stanza.
Mi chiamo Pertusi, facevo il corridore. Con lui se ne va un piccolo mondo antico.
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