
Pochi giorni fa ha ufficializzato la chiusura dell’Equipe Arkéa - B&B Hotels e ieri sera Emmanuel Hubert ha risposto alle domande dei colleghi di RMCSport. Molti i temi trattati dal dirigente transalpino, vi proponiamo qui di seguito i passaggi più interessanti della lunga intervista.
LA CHIUSURA DELLA SQUADRA. «Chiudere una squadra dopo vent’anni è molto triste. Per me è qualcosa di doloroso, ma non posso fare a meno di pensare ai 150 dipendenti della squadra. Siamo una famiglia, un gruppo di persone che passa più tempo assieme che a casa con le famiglie d’origine. Decidere e annunciare la chiusura non è mai facile, ma purtroppo è così: i contratti si sa quando iniziano e quando finiscono. L’obiettivo era trovare uno, due, tre nuovi partner per la squadra e ad oggi non ci sono. Le ultime settimane sono state complicate, sembrava potessimo farcela e sembrava che avessimo trovato qualcuno pronto a investire, ma purtroppo non si è concretizzato nulla. Ora non penso al futuro, sono impegnato a cercare di trovare delle soluzioni per i miei dipendenti. È a loro che devo pensare».
TROPPA DISPARITÀ TRA I TEAM. «Il ciclismo garantisce visibilità alle aziende che investono, e questa è una cosa positiva, ma è anche vero che ci sono squadre che possono investire quattro volte di più rispetto ad altre e questo crea disparità a livello sportivo. Vi faccio un esempio: la UAE può permettersi di ingaggiare cinque, sei corridori che aiutino un campionissimo come Pogacar nel finale di corse come il Lombardia questo, secondo me, chiarisce bene la potenza di squadre come quella emiratina e la disparità tra i vari team. Pensando allo stato attuale delle squadre francesi è chiaro che ci rimangano solo le briciole».
MANCA LA BASE E NON NASCONO NUOVE SQUADRE. «Alcuni anni fa quando una squadra chiudeva era molto probabile che ne nascesse una nuova, oggi non è più così. Ci sono più fusioni tra team che creazioni di nuove squadre. Ma la cosa più pericolosa è che la base del movimento ciclistico si sta impoverendo: stanno diminuendo le squadre giovanili e quelle delle categorie inferiori che garantiscono un vivaio».
TETTO SALARIALE E TRASFERIMENTI: «Per il futuro credo che l’UCI debba regolamentare un po’ di cose: imporre un tetto salariale e magari anche regolamentare i trasferimenti. Vi faccio un esempio anche in questo caso: Kévin Vauquelin cambia squadra? Alla mia equipe in tasca non viene nulla dal suo trasferimento, zero».
MERCHANDISING E DIRITTI TV: «Credo che il ciclismo abbia bisogno di un nuovo format, di un nuovo modello di business. Si potrebbe cercare di monetizzare anche dal merchandising e dal mondo digitale. Inoltre dobbiamo pensare ai diritti televisivi che non faranno certo la differenza ma sono importanti. Il ciclismo e gare come il Tour de France negli ultimi trent’anni hanno acquistato valore, dovremmo lavorare assieme agli organizzatori per creare qualcosa di nuovo: le squadre potrebbero “aprire le porte” alle telecamere offrendo un valore aggiunto agli appassionati e guadagnare anche da quello, come succede nel calcio».