
Diciotto partecipazioni al Giro d'Italia (record eguagliato solo dall'eterno Pozzovivo lo scorso anno) con due tappe vinte, tante top-10 nella generale tra cui il 2° posto del 1980 cedendo al grande Hinault sullo Stelvio dopo aver indossato per sei giorni la maglia rosa; ma anche 4 partecipazioni al Tour de France con un epico successo di tappa sui Pirenei nel '76; oltre 20 vittorie totali in carriera, contando pure un paio di titoli nazionali nel ciclocross, un podio alla Sanremo e uno al Lombardia, e una miriade di chilometri al servizio dei Gimondi (con cui pur non andò troppo d'accordo) e dei Baronchelli, dei Moser e dei Saronni, senza dimenticare il 4° posto nel Mondiale "durissimo per antonomasia" di Sallanches... Questo è solo un condensato della storia del varesotto Miro Panizza, che qui su Tuttobiciweb vi abbiamo riproposto di recente nella mirabil penna di Marco Pastonesi e che nella primavera da poco passata è stata altrettanto mirabilmente raccontata da Paolo Costa nel libro Miro Panizza campione tra i campioni.
Anche di tale opera, che gode della prefazione di Ivan Basso (concittadino di Panizza, che viveva a Cassano Magnago) e della postfazione di Beppe Saronni (col quale Panizza condivise, tra le altre cose, quel Giro 1980) vi abbiamo parlato su questo sito. Ma oggi ve la ripresentiamo sotto una nuova luce: ieri il nostro direttore Pier Augusto Stagi ha dialogato con Paolo Costa in una serata dal titolo Il bello del ciclismo... ospitata dalla famiglia Bulferetti presso l'hotel Mirella a Ponte di Legno, come evento di chiusura dell'annuale rassegna Una montagna di cultura, la cultura in montagna coordinata da Gabriele Tacchini nella nota località dell'Alta Valcamonica.
Veterano dell'ufficio stampa di Regione Lombardia, già biografo di Gino Bartali, Alfredo Binda e Silvano Contini (per limitarci ai ciclisti) nonché conterraneo di Miro Panizza, Costa è partito da un episodio: quella tregenda sulle Tre Cime di Lavaredo al Giro del 1967, quando si lanciò verso una vittoria che vide sfumare a soli 400 metri dal traguardo per mano dei big della corsa rosa, da Gimondi a Merckx, che però erano stati spinti dai tifosi, contrariamente a lui che se l'era fatta in attacco solitario. Un pianto, quello di Panizza, che sapeva di amarezza e ingiustizia, ma che l'ha consegnato, ancora agli albori di una carriera infinita, all'affetto e al rispetto di appassionati e colleghi. A partire da Bartali, un giusto per eccellenza tra i ciclisti, fino al Cannibale Merckx che l'avrebbe definito "non un fuoriclasse come altri del nostro tempo, ma un uomo con la U maiuscola".
Incalzato dai riferimenti di Stagi al suo libro, Costa ha ripercorso l'intera parabola del prematuramente scomparso Miro, a partire da quel "no" del parroco alla volontà del padre di battezzarlo Vladimir Ilic Uljanov in onore di Lenin, passando dal suo sentimentalismo declinato in triplice modalità nel rapporto speciale con mamma Maria, con l'ostetrica Carolina che lo fece nascere il 5 giugno 1945 e con la provvidenziale moglie Maria Rosa; fino all'unico Giro saltato nel '68, alle tribolazioni tra un team e l'altro nella prima metà degli anni Settanta e il successivo assestamento coi maggiori successi.
Il ritratto emerso ieri nella frescura camuna è quello di un uomo profondamente giusto e al contempo di asperità caratteriali, tanto generoso come professionista al servizio dei capitani, ma al contempo allergico all'eccessiva deferenza nei loro confronti. Raramente capitano, ma sempre leader del "gruppo della piazzetta" ossia il drappellone di professionisti del varesotto e dintorni che si allenavano insieme sul Cuvignone e le altre salite della zona. Una presenza d'assoluto rilievo, ma troppo poco raccontata, nell'era delle leggende.
Con una domanda da traino tra il passato, il presente e il futuro, se mai cioè potrà essere uguagliato il "record nel record" di 16 Giri d'Italia conclusi, la conversazione è sopraggiunta al ciclismo odierno. A partire da un intervento a sorpresa: quello del prof. Luca Mondazzi, nutrizionista del centro Mapei Sport, che munito di microfono tra il pubblico ha illuminato platea e relatori spiegando nel dettaglio le differenze radicate e sostanziali nella preparazione e soprattutto nell'alimentazione dei corridori dall'epoca di Panizza a quella odierna.
Ci ha pensato infine Stagi a tratteggiare il resto delle differenze tra l'allora e l'attuale: l'impossibilità oggigiorno di gare eroiche sotto la neve per motivi di sicurezza, legate pure ai fior di budget che le squadre mettono nella propria attività e nei propri atleti; i computerini e le tecnologie che "teleguidano" i corridori togliendo qualche spazio alla fantasia, la strutturazione degli squadroni, la calendarizzazione, la mondializzazione, la fruizione, i ritiri su Teide e affini... ma d'altro canto, la linea di continuità tra i ciclisti di ogni epoca, che rispetto agli sportivi di altre discipline permette ai super-ciclisti odierni di mantenere per dna intrinseco quelle stille di umanità che li mantengono vicini a ciascuno di noi a prescindere da wattaggi e conti in banca.
Il ricavato di Miro Panizza campione tra i campioni, per volontà della sua famiglia, va a due associazioni benefiche: Casa di Miro, che offre strutture e assistenza a persone affette da disabilità e bambini affetti da malattie gravi, e l'opera dei Francescani in Terra Santa.