
Ogni cinque anni Guido Rubino ricomincia a scrivere “La bicicletta da corsa”. La sua. La prima volta nel 2009, la seconda nel 2015, la terza nel 2025 (Hoepli, 252 pagine, 32,90 euro). Scrivere, in questo caso, significa aggiornare: identificare le diverse tipologie, poi analizzare telaio, materiali e componenti, studiare la geometria (misure, linee, angoli…), quindi proporre consigli per l’uso. Stavolta c’è spazio anche per le biciclette elettriche e per quelle d’epoca, due opposti estremismi meccanici e storici, e prima ancora per le gravel, una sorta di compromesso fra la bici da strada e da ciclocross, ideale per le strade bianche. Infine altri consigli, ma per l’acquisto, nuovo e usato.
In cinque anni la bicicletta da corsa cambia e si iscrive a un’altra generazione. Otto tubi, due ruote, due pedali, un manubrio e una sella: tutto come due secoli fa grazie all’intuizione di padre e figlio Michaux, meccanici parigini, che avevano aggiunto quel dettaglio (non proprio un dettaglio) che al barone tedesco Von Drais da qualche anno sfuggiva. I pedali, appunto. Ma la verità è che non c’è giorno in cui per la bicicletta da corsa non si studi, non si provi, non si elabori, non si cerchi, non si trovi (e spesso non si trovi) una nuova soluzione. Missione o ossessione, precisione o rigore, evoluzionismo o perfezionismo, adattamento o interpretazione: le vie di scienziati e designer (e di industrie e commercianti) sono infinite.
“In questi anni la bicicletta da corsa – scrive Rubino - si è evoluta tantissimo, è diventata super specializzata con i modelli da gara, ormai al di fuori della portata di un semplice pedalatore della domenica: sarebbe un po’ come comprarsi una Formula 1, ma beato chi può; poi sono arrivate le gravel e, ancora timidamente, le e-bike da corsa. Tutte nelle loro diverse declinazioni di prezzo e di uso, ma tutte con una logica di mercato che prende sempre più appassionati eterogenei e che provengono da percorsi, più o meno sportivi, diversi. Ce n’è letteralmente per tutti e questo libro cerca di fare un po’ di ordine una situazione che può apparire confusionaria anche per chi segue costantemente le novità del mercato”.
Rubino descrive e spiega, fotografa e mostra, elenca e indica. Qui, pratico e concreto, dà più spazio alla tecnologia che alla poesia, più alla fisica che alla storia. Qui gli interessa approfondire il pacco pignoni e la serie sterzo, i freni a disco e le pedivelle corte, l’altezza del manubrio e l’arretramento della sella: gergo e formule che la stragrande maggioranza dei ciclisti, perfino agonisti, ha conosciuto solo per sentito dire, magari in tv, e ha invece poco o nulla osservato, studiato, imparato. Un libro come compagno di viaggio da consultare prima di partire e poi da tenere a casa in attesa di tornare e, forse, aggiustare, modificare, tentare. Un libro come amico paziente e documentato, interessato ma imparziale, al di sopra delle parti, premuroso e preciso.
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