Giulia è bionda, ha gli occhi grigi, uno sguardo che si direbbe da sognatrice, almeno per quello che si ricava da antiche fotografie, alcune sfumate, altre sgranate, altre ancora appannate, tutte in bianco e nero. Giulia ama il salto in alto, si cimenta anche nel salto con l’asta, partecipa alle gite del Club alpino italiano, i viaggi in torpedone e i cappelli con i pompon, gli sci di frassino e le racchette di bambù, guida la Vespa, quella panciuta come un gigantesco passerotto, e va in bicicletta. Giulia lavora e non si sposa, non ha figli, i suoi figli saranno i nipoti. Giulia non rinuncia al rossetto, ma alle Turmac, sigarette stranamente ovali. Un giorno Giulia, vittima dei ricordi, prende le fotografie di quando era giovane e spensierata e le strappa tutte.
Chicco e Claudio Pessina hanno scritto un libriccino per la loro zia e sulla loro zia e intorno alla loro zia, “La Giulia” (A.car. edizioni, 100 pagine, 10,50 euro), il nome preceduto dall’articolo alla lombarda, alla milanese, alla rhodense nel loro caso, un nome più adatto a un’auto (e Giulietta ancora prima di Giulia) che a una bici, un’occasione per scavare nella memoria, riavvolgere il film del tempo, rimettere a fuoco – il falò, le braci, le ceneri del nostro cuore, dei nostri sentimenti – le immagini sbiadite dalla vita di tutti i giorni, dagli anni che volano, dalle persone che se ne vanno. Ma che così, prima nei ricordi e poi nei ricordi diventati libri, queste immagini tornano e rimangono. I libri servono soprattutto a tenere in vita anche, soprattutto, i morti. E non si muore mai, mai fino in fondo, mai per sempre, finché c’è un buon libro, un buon racconto, un buon ricordo.
“Colori, voci, rumori ma soprattutto odori. Qualche volta profumi. La casa di ringhiera, la linghera, non è solo un luogo dove la gente abita. E’ un organismo vivente, pulsante, spesso mutante”. “Sul ballatoio tutto diventa comune, anche i sentimenti. Sul ballatoio si corre a occupare il cesso alla turca in fondo, vicino alla scala, per fare in tempo ad andare in fabbrica. Già che si è lì si leggono i ritagli di giornale che, appesi a un fil di ferro, servono da carta igienica, per farsi un’idea seppur parziale dei fatti di cronaca”. “La cucina economica è bianca, imponente, bella. Ha il piano in acciaio con i cerchi, concentrici, che si tolgono e in fianco una piccola caldaia per scaldare l’acqua”. C’è la Seconda guerra mondiale, c’è la Resistenza, c’è la rinascita: “Accettare un pezzo di vita, voltare pagina e provare a immaginare un futuro. Eccolo il futuro: “Qualche volta, negli anni Sessanta, va in crociera, in Spagna, cosa che all’epoca è tipicamente da sciuri”. E quelle pensioncine estive in Liguria, riviera di Ponente, vicino alla spiaggia, camera vista mare: “Pensione completa, giovedì sera dolce, domenica a mezzogiorno antipasto. Tutte le sere minestrone o passato di verdura”. I due nipoti commentano: “Da suicidio”.
Giulia invecchia. L’età non sta in un certificato anagrafico, neanche nella quantità di tutti i nostri ieri, neanche nella crudeltà di una clessidra - che cosa c’è di più drammatico e implacabile e inarrestabile di una clessidra? -, l’età pesa e piega quando non si può più condividere una antica interrogazione a scuola, una eterna dichiarazione d’amore, una fangosa partita di rugby, una libera pedalata in gruppo. La solitudine. Chi va in fuga e ti lascia da solo al vento.
Giulia sarebbe stata fiera di “La Giulia”. Magari avrebbe detto che non era il caso, magari avrebbe soltanto allargato e illuminato gli occhi, magari avrebbe sfilato dalla borsetta quel pacchetto piatto e pescato una Turmac, piccolissimo gesto peccaminoso.
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