L'ORA DEL PASTO. MCCAW E LA LEGGEREZZA DELL'ESSERE

STORIA | 24/03/2021 | 08:14
di Marco Pastonesi

Nel 2017, la prima volta, scivolò sui sassi, si ferì alle gambe e fu premiato con dei punti, ma di sutura. Nel 2019, la seconda volta, si ammalò alla vigilia e rimase a casa, anzi, a letto. Nel 2020, la terza volta, finalmente tutto bene: secondo nella classifica generale. Quest’anno quarto nella generale e secondo nella categoria riservata a chi aveva più di 40 anni.


Richie McCaw a pedali. Il più capitano di sempre nella storia degli All Blacks (148 partite con 131 vittorie di cui 110 da leader della squadra, campione del mondo nel 2015) ha partecipato alla Coast-to-Coast Race Across New Zealand, 243 km non solo in bici, ma anche a piedi e in canoa. Una competizione che si tiene ogni anno, in coppia, mai più distanti di 50 metri durante le frazioni in bici e di corsa, insieme in canoa. E con Rob Nichol, il presidente dell’Associazione giocatori di rugby neozelandesi, ha completato il percorso in 13 ore, 45 minuti e 30 secondi, 12 minuti più della coppia vincente.


McCaw sta al rugby come Eddy Merckx al ciclismo e Renato Longo al ciclocross, come Antonio Maspes alla velocità e Filippo Ganna all’inseguimento: il più forte. Nel caso di McCaw, terza ala, significava entrare in campo per primo e uscire per ultimo, spingere (in mischia) e sostenere (i trequarti) abitando lo spazio chiuso e lanciandosi in quello aperto, ficcare la testa dove gli altri non azzardavano mettere i piedi. Tutto in un Paese dove il rugby vale infinitamente più di uno sport: è una religione. E McCaw, se non una divinità, certo è un sacerdote, o forse un papa.

La Coast-to-Coast è una faticaccia avventurosa. “Stavolta a me è andata bene – ha raccontato McCaw -, al mio compagno un po’ meno. Rob ha avuto una distorsione al ginocchio, che gli si è gonfiato, e per finire la gara ha dovuto stringere i denti”. E pensare che tutto è nato per gioco: “Volevo solo tenermi in forma, poi un po’ per curiosità, un po’ per orgoglio, un po’ per agonismo, è diventato un appuntamento fisso, e una buona ragione per svegliarsi, alzarsi e allenarsi”. In 12 ore di competizione si passano sempre alcuni momenti difficili: “Mi è capitato di chiedermi chi me la facesse fare. Ma la voglia di arrivare al traguardo e l’atmosfera della gara ti spingono a darci dentro e andare avanti”.

Il bello è che dopo la Coast-to-Coast, collaudato e temprato, McCaw si è presentato anche nella più impegnativa Godzone di Rotorua, addirittura 666 km fra bici, corsa e kayak. Un’intera settimana, a squadre (47 in questa edizione), dormendo poco, mangiando male, soffrendo tanto. “Moltissima fatica, ma nessuna ferita e nessuna vescica – ha confessato alla fine della multiprova – e quella sensazione estrema in cui senti il tuo corpo come se fosse appena uscito dalla centrifuga di una lavatrice. E c’è molto in comune con il rugby: alla partenza la stessa incertezza di una partita in cui non sai neppure immaginare come possa andare a finire, al traguardo qualcosa che sfiora la felicità”.

Per le statistiche: da All Black, McCaw (nella foto è in primo piano) pesava 108 chili; da corridore, 98 alla partenza e 94 all’arrivo. La sportivissima leggerezza dell’essere.


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