LUTTO. ADDIO A PIERO PIAZZALUNGA, UN ANNO DOPO IL SUO FELICE

PROFESSIONISTI | 16/08/2020 | 10:15
di Giuseppe Figini

È mancato questa mattina alle 5 Piero Piazzalunga,un anno dopo aver pianto Felice Gimondi, uno dei tanti corridori ai quali ha regalato la propria competenza, la propria professionalità. Un vero maestro per intere generazioni di meccanici. Un un uomo mite e scrupoloso, che ha dedicato la sua vita al ciclismo, con la purezza di un bimbo che si trova a maneggiare quel cavallo alato di nome bicicletta. Per ricordarlo e farlo conoscere a chi non ha avuto la fortuna di incotrarlo sulla propria strada, vi riproponiamo un ritratto fatto dal nostro Giuseppe Figini nel gennaio del 2016. Eccolo.


 


E’ un personaggio, anzi un “anti-personaggio” per scelta e definizione, Pietro Piazzalunga, nato a Seriate il primo aprile 1930, bergamasco D.O.C.
Piero, Pietro è solo per l’anagrafe e per i documenti, infatti, ha sempre parlato poco, anzi pochissimo, a voce bassa mentre le mani, al contrario, si muovevano, velocissime e abilissime, manovrando pinze, chiavi, giraviti, stringendo o allentando viti, brugole, smontando e montando coperture, palmer, selle, nastri, guarnizioni, corone, pignoni, con maestria.

L’approccio con il mondo del ciclismo e delle biciclette è quello tipico di molti giovani, soprattutto nel passato, più o meno recente: correre. Gareggia con passione e impegno (non potrebbe essere altrimenti conoscendo la persona) fino alla categoria dilettanti, interessandosi particolarmente alla meccanica del mezzo, con speciale passione. E’ quindi quasi automatico, consequienzale, il passaggio da corridore a meccanico percorrendo i vari scalini della carriera e lavorando quindi alla Chiorda della vicina Vigano San Martino. Il marchio, nato ad Albino, nella bergamasca, ai primi anni del 1900 per iniziativa dei tre figli del farmacista Chiorda – Carlo, Vito ed Ettore – fu rilevato agli inizi degli anni 1960 da Angelo Trapletti che diede il via alla nuova produzione nell’impianto del comune, confinante con Seriate, di Vigano San Martino. Piero Piazzalunga si dedicava alla linea delle specialissime e fa il suo esordio alle corse con la squadra Philco, gestita da Fiorenzo Magni con i monzesi D.O.C. Giorgio Albani e Luigi Sardi quali direttori sportivi. La squadra utilizza biciclette Magni prodotte da Chiorda. E’ qui che Piazzalunga incrocia e diventa amico con un collega, Ernesto Colnago. Si stabilisce subito un  rapporto e un legame di grande stima ed amicizia che dura nel tempo ed è vivo e solido tuttora.

Piero Piazzalunga è molto legato e lavora per Angelo Trapletti, il “sciur Angel” che fornisce dal 1963 le biciclette prodotto dalla Chiorda, dapprima con marchio Magni, poi Chiorda, fino al 1973, allo squadrone della Salvarani diretto da Luciano Pezzi. Conosce e lavora anche con Giuseppe “Pinella” De Grandi. Verso la fine degli anni 1960 Trapletti aveva pure rilevato e rilanciato il marchio storico della Bianchi allestendo poi nel campo professionistico la formazione della Bianchi-Campagnolo, varata nel 1973, capeggiata da Felice Gimondi e guidata da Giancarlo Ferretti. E’ comunque già da tempo che Piazzalunga collabora con il campione di Sedrina. C’è un feeling intenso, automaticamente orobico, intriso più di silenzi e sguardi che non di parole, fra i due. Situazione che si stabilisce subito anche con Ferretti, romagnolo, già uomo di fiducia di Felice, suo compagno di camera quando entrambi correvano. Con il tecnico di Lugo Piero Piazzalunga vive la tragedia sfiorata durante la 13^ tappa del Tour 1975, domenica 13 (…..) luglio, partenza da Nizza e arrivo in salita a Pra Loup. Sui tre colli prima del Col d’Allos non succede in pratica nulla. A un chilometro dallo scollinamento ai m. 2.250 del Col d’Allos scatta Merckx, in maglia gialla (l’ultima della sua straordinaria carriera) e affronta “a tomba aperta” – come dicono i francesi – i quattordici chilometri di discesa ripida, tortuosa, senza molte protezioni laterali. Finisce fuoristrada un poliziotto in moto e poi, circa a metà discesa, l’ammiraglia della Bianchi, una Peugeot 504 fornita, come tutte, dall’organizzazione, guidata da Ferretti con a bordo Piazzalunga, che compie un volo di una cinquantina di metri per planare su un pianoro, al limite di un precipizio. Terrore per le macchine che seguono, ma la corsa è corsa e non ci si può fermare. Fortunatamente non ci sono gravi conseguenze: sono prontamente soccorsi e recuperati. Piazzalunga è in comprensibile stato di choc ma dopo due giorni è dimesso e che fa? Torna al seguito della corsa, naturalmente, almeno per lui….- Invece Ferretti, per le numerose ferite riportate, resta in degenza per otto giorni all’ospedale di Gap. E chi lo sostituisce in ammiraglia? Alfredo Martini!

Merckx, al termine della discesa ha 1’ di vantaggio sul gruppetto dei migliori ma, lungo i sei chilometri verso l’allora inedito traguardo di Pra Loup, pendenza del 6% circa, non impossibile, si pianta letteralmente ed è dapprima recuperato da Gimondi e quindi da Bernard Thévenet che vince tappa e maglia gialla che porterà a Parigi, infliggendo un sensibile distacco al campione belga. E’ la tappa che segna in sostanza la fine del “merckxismo”. Nonostante questo la sera il “Cannibale”, ma anche grande gentiluomo, Eddy Merckx, sebbene e comprensibilmente non del migliore umore, invita Ugo De Rosa, il suo meccanico alla Molteni che ha visto in diretta il volo dell’ammiraglia Bianchi, di tralasciare d’occuparsi delle bici camoscio ma di dedicarsi subito, completamente, “alle biciclette di Piero”. Sono recuperate e riattate le pochissime Bianchi non distrutte nel volo dell’ammiraglia e il parco bici strettamente necessario è reintegrato adattando le specialissime da cronometro. Allora non c’era l’abbondanza di mezzi e materiali al seguito che caratterizza i tempi attuali. E’ la conferma, ve ne fosse bisogno, della qualità e grandezza di un uomo, prima del campione, e del rispetto e della stima, ricambiati, verso una persona di valore e qualità quale “ il Piero”.

Piero Piazzalunga curava sia il magazzino della squadra per la quale lavorava, sia l’assistenza in corsa. Con il magazzino-corsa coesisteva una piccola officina, dove Piero compiva, fino a qualche anno fa, anche i suoi interventi sulle bici di suoi amici e “aficionados” di varie provenienze che affidavano alle sue abili mani interventi e revisioni della beneamata specialissima. Aveva messo a punto anche strumenti e congegni di sua ideazione per tenere il passo con le sempre crescenti tendenze di tecnologia che hanno caratterizzato l’evoluzione delle specialissime nel tempo..

Conclusa l’esperienza agonistica Bianchi, Piero Piazzalunga ha sempre conservato rapporti stretti con l’azienda di Treviglio e ha seguito Giancarlo Ferretti nella squadra Ariostea curando dapprima le De Rosa e quindi le Colnago che hanno equipaggiato la formazione e, successivamente, nella GB MG, equipaggiate negli anni da Bianchi e Colnago. Ha terminato nella Mapei, con Gianni Bugno.

Quanti corridori, campioni e non, ha seguito e curato Piero Piazzalunga che è stato a lungo anche meccanico della squadra nazionale azzurra, come ricorda il bresciano Giuseppe Archetti, chiamato nello staff meccanico azzurro nel 1993, che considera Piazzalunga il suo maestro nel ruolo. Così come vari altri che hanno collaborato con lui. Gli sono stati riconosciuti numerosi premi e attestati. Lui ricorda con piacere il  premio “Pinza d’oro” istituito dalla Campagnolo e a lui attribuito nel 1976, “Ciclismo vita mia” nel 1992 ricevuto dal Giro del Trentino e il premio che nel 2011 gli ha assegnato la Federazione Ciclistica Italiana per la sua lunga, straordinaria, carriera.

E’ sempre vivo e aggiornato, con codice tutto loro, speciale, il rapporto d’amicizia e affetto, anche fra le famiglie, con Felice Gimondi.
Eccellenti, peculiari, capacità e spirito di servizio, grande spirito di servizio, silenzioso, profusi per anni con esemplare passione caratterizzano Piero Piazzalunga di Seriate, provincia di Bergamo.

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COMMENTI
Addio a Piero Piazzalunga un anno dopo il suo felice
16 agosto 2020 16:25 Giuseppe archettii
Ho avuto l'onore di conoscere un grande uomo. Il più grande meccanico che il ciclismo abbia mai avuto.ciao Piero
Giuseppe Archetti

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