MARTA BASTIANELLI, FELICITA' IN ROSA

DONNE | 29/12/2019 | 08:00
di Giulia De Maio

Entrando in casa di Marta Ba­stianelli si viene accolti da tre belle cornici che racchiudono la maglia di campionessa del mondo, europea e italiana. In carriera ha vinto di tutto e di più e per almeno altri due anni sarà in sella per portare il più in alto possibile i colori azzurri. La trentaduenne di Velletri, che vive ormai da anni a Ro­se­to degli Abruzzi, quest’anno oltre al titolo tricolore è stata protagonista indiscussa della stagione tanto da firmare una splendida doppietta nel­l’Oscar tuttoBICI Gran Premio Alé precedendo nettamente Soraya Pala­din, Elisa Longo Borghini ed Elisa Balsamo.


Con la danese Virtu Cycling ha conquistato 11 vittorie tra cui il Giro delle Fian­dre, il titolo nazionale a Notaresco sulle strade di casa, il Gp Beghelli e le prove di World Tour Postnord Var­garda e Ronde van Drenthe. Dalle ma­ni della sua presidentessa Alessia Pic­colo ha ricevuto il premio che la nostra testata mette in palio ogni anno e l’augurio di un futuro ancora ricco di soddisfazioni. La “mamma volante” ha chiuso il 2019 al quarto posto della classifica mondiale e sta già pedalando in vista dell’anno olimpico con l’obiettivo di migliorarsi e sorprendersi ancora. In casa c’è ancora spazio da occupare con altri premi...


Dai un voto alla tua stagione.
«8.5 - 9, mi voglio bene (sorride, ndr). La Ronde e l’Italiano sono stati i due fiori all’occhiello di una buona annata, due gare di punta dal significato pro­fondamente diverso. Alla prima arrivavo da una serie di gare in cui ero andata bene, la seconda invece ha rappresentato un sospiro di sollievo dopo un periodo di stop forzato a causa di problemi al ginocchio. Guardandomi attorno posso dirmi felice, in salotto vedo il trofeo delle Fiandre, vicino alla tv sfoggio orgogliosa gli Oscar tutto­BICI e sul comodino ci sono le foto dei pianti che mi sono fatta all’arrivo dell’europeo di Glasgow 2018 e al mondiale di Stoc­carda 2007. Guardarle pri­ma di andare a dormire mi motiva a continuare a fare sacrifici per riprovare emozioni del genere».

Un anno fa alla Notte degli Oscar sei mancata perché ti eri operata alle tonsille, questa volta come hai vissuto la serata di gala?
«Sono veramente felice di aver ricevuto questo riconoscimento che conosco bene, avendolo già vinto un paio di volte da allieva e junior. È una delle premiazioni più affascinanti ed emozionanti perché riunisce ragazzi e ragazze di tutte le categorie. Da bambina era un’occasione speciale perché a quell’età hai poche opportunità di essere sotto i riflettori, è stupendo perché ti senti valorizzata e vieni celebrata insieme ai campioni affermati, ora ha un valore diverso ma altrettanto importante. Lo vivo come il coronamento di una stagione da ricordare e un orgoglio personale, se me lo sono aggiudicata significa che ho fatto qualcosa di bello per l’Italia e posso andarne fiera».

Dopo i festeggiamenti è già ora di pensare ai prossimi obiettivi.
«Sì, bisogna guardare avanti. Dopo una settimana di vacanza in Madagascar, nella quale mi sono goduta il caldo e mi sono ricaricata di vitamina D, ho effettuato un periodo di recupero attivo, caratterizzato da lunghe camminate e uscite in Mtb. Il fuoristrada è la mia seconda passione, da piccola mi era venuta anche voglia di fare delle gare in mtb ma poi ho avuto due incidenti e da allora ho prediletto la strada. La preparazione in vista del 2020 sarà mirata alle Classiche, poi per il resto della stagione i programmi dipenderanno dalla convocazione olimpica, nella quale spe­ro. L’Olimpiade è la corsa dei sogni, quella che mi manca. Quella di Pe­chi­no nel 2008 era svanita a cinque giorni dalla partenza, quando la valigia era già pronta (fu sospesa per due anni in se­guito alla positività a un controllo antidoping avvenuto durante i campionati europei a Verbania, ndr). Quella di Londra nel 2012 era irraggiungibile. Una volta tornata dalla maternità c’era quella di Rio in cui sperare. Una sfida con me stessa. Quella di Tokyo 2020 non è così lontana, ma per scaramanzia non vo­glio dire di più».

Torni a correre con la Alé BTC Ljubljiana.
«Sì, torno a casa mia. Con il cuore non l’ho mai lasciata, sono stata cinque an­ni in questa squadra, conosco tutto e tutti, questo mi dà tranquillità in vista di un anno importante. Non ci manca nulla, abbiamo diversi elementi di livello, siamo una delle otto squadre World Tour, il che è un onore e un onere, dobbiamo mentalizzarci ad essere sempre più professionali. Voglio far bene nella prima parte di stagione, ho compagne che mi possono supportare nella campagna del nord, io ricambierò il favore nelle gare più adatte a loro».

Il ciclismo femminile sta crescendo, ma ha ancora molti limiti. Un esempio è la chiusura del Team Virtu.
«Dici bene. Per me è stata una grossa delusione. Eravamo l’ottava squadra al mondo ed è finito tutto dall’oggi al domani. Abbiamo iniziato l’anno da penultime, alla fine delle classiche ci siamo ritrovate in testa, nemmeno nei so­gni ci si poteva aspettare tanto, ma contro le scelte dei dirigenti non abbiamo potuto fare nulla. Ho ricevuto il massimo dalle compagne, da Bjarne Riis e da tutti i componenti della squadra. Non so cosa sia mancato a questa avventura per andare avanti, sicuramente ha inciso che Bjarne voleva tornare in campo maschile, ma so che ci ha lasciate a malincuore. Il movimento femminile sta cambiando, ma ha bisogno ancora di tanto tempo. Da quando ho iniziato a correre io sono cambiate tante cose, ma altrettante avrebbero potute migliorare. Ho l’impressione che vada tutto al rallentatore ma spero che, almeno quando io sarò in pensione, di poter finalmente vedere le gare femminili in tv, affiancate per davvero a quelle maschili».

In Italia però si sta muovendo qualcosa per lo sport in rosa.
«Recentemente il governo ha stanziato un milione di euro per il sostegno alla maternità delle atlete, iniziative di questo tipo proiettano lo sport in una nuo­va dimensione, diventa un lavoro vero e proprio. Io ho la fortuna di poter contare sul Gruppo Sportivo Fiamme Azzurre, che è fondamentale per la mia carriera e lo è stato quando cinque anni fa è nata Clarissa, ma questo fon­do è un passo eccezionale per chi non si trova nella mia stessa situazione. Avere un figlio è la vittoria che auguro a tutte le mie colleghe che lo desiderano».

Per quanto ancora correrai?
«Dopo questo biennale, se firmerò altri contratti saranno annuali, non di più. Sicuramente disputerò ancora due anni ad alto livello, poi vediamo... Voglio smettere da vincente e allo stesso tem­po desidero allargare la famiglia. Mio marito Roberto (De Patre, cinque anni da professionista, oggi attivo nell’azienda di famiglia, la Ferrotal, che si occupa di smaltimento di metalli, ndr) è più felice di me per quanto sto ottenendo con la bici, ma anche lui inizia ad essere un po’ stanco della mia vita di atleta. Abbiamo in mente di mettere al mondo un altro bambino, scherzando mi dice che finché non mi vedrà andare al lavoro in divisa non se ne parla, “se no mi freghi di nuovo” dice. Dico divisa perché quando appenderò la bici al chiodo, andrò a lavorare al carcere di Teramo e sarò orgogliosa di farlo. Da bambina sognavo di svolgere un lavoro in divisa, mi sono ritrovata a farlo e ne sono felice».

da tuttoBICI di dicembre

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