Renato Di Rocco: «L'Uci sta sbagliando, troppe difformità»

| 06/09/2007 | 00:00
«La dichiarazione che l'Uci ha fatto firmare prima del Tour è, secondo me, un certificato dell'ipocrisia. Un corridore che prende un rischio lo prende a prescindere da quello che firma, a prescindere della sanzione. Fra l'altro, sono regole che un atleta sottoscrive nel momento dell'iscrizione della Federazione». A parlare,intervistato dall'agenzia Dire, è Renato di Rocco. Il presidente della Federazione ciclistica italiana torna a parlare degli attriti con l'Unione ciclistica internazionale, prendendo a esempio la poca decisione della federazione mondiale nei confronti del tedesco Erik Zabel e dello spagnolo Alejandro Valverde. «Non capisco questa deviazione - spiega il presidente -. Le regole esistono e noi lo abbiamo dimostrato squalificando i corridori che sono incappati negli errori. Non capisco perche' si vogliano creare altre documentazioni e della demagogia, perdendo poi di vista l'obiettivo principale, per cui spero che la situazione di Zabel venga risolta presto. La dimostrazione della poca incisività dell'Uci è anche il caso Valverde: due anni fa allontanarono Basso dal Tour per il codice etico, oggi sembra che il codice etico sia sparito. A me risulta che sia ancora vigente». - A proposito di Ivan Basso, lo sente? «Non spesso, ma so che si sta allenando bene, ha tanta grinta e un grande carattere ed ogni tanto fa qualche corsa minore». - Qualche tempo fa lei ha detto che Dick Pound (Wada) e Pat McQuaid (Uci) 'invece di mostrarsi al di sopra delle parti seguono logiche di protagonismo personalé... «Lo confermo - prosegue Di Rocco - perché si parla troppo. Per il doping, il danno maggiore lo ha fatto la Federazione mondiale che ha parlato dell'argomento per un anno e mezzo senza evidenziare le ricerche e l'avanzamento delle tecniche di controllo. Anziché esaltare il metodo di lavoro ha voluto solo la condanna degli atleti e questo lo ha ripagato in termini di immagine e di disaffezione degli sponsor». - A proposito di doping, lei qualche tempo fa aveva chiesto più controlli sulle categorie minori, ora la Iaaf, la Federazione internazionale di atletica leggera, sta andando verso i quattro anni alla prima infrazione. «Credo che sia troppo - commenta -. Sarebbe come dare l'ergastolo all'atleta al primo errore. Poi, ci sono sostanze e sostanze: dovremmo valutare le differenze». - Dalle pratiche illecite al ProTour... «Credo che non ci sia il numero di atleti sufficienti per concedere più di quindici o sedici licenze - afferma -. E poi terrei le Professional. Fra l'altro, io ho già detto che quest'anno non registreremo formazioni Continental, che sono solo raccolte di corridori senza stipendio e poco seguiti. I controlli sulle categorie minori li stiamo facendo, siamo all'avanguardia per quel che riguarda gli strumenti di analisi, che vengono fatte quasi in tempo reale». - Qualche tempo fa i giornali hanno parlato di ragazzi che vengono indotti ad usare in gara delle sostanze proibite, come le tavolette di caffeina. «Sono i modelli di oggi che portano all'eccessiva competizione - continua Di Rocco -. Punire anche le squadre? Noi abbiamo radiato un direttore sportivo con l'aiuto di un giovane corridore: è stato un segnale forte e speriamo di riuscire a darne altri. Il doping è stato un sistema di squadra negli anni scorsi, cosi' come ha rivelato Erik Zabel». Dai corridori stranieri agli italiani. Anche Danilo Di Luca e Alessandro Petacchi sono stati implicati in fatti di doping. «Per quanto riguarda Di Luca e la Oil for drug - spiega Di Rocco - è successo che lui già a sette anni frequentasse Santuccione, perche' lo aveva come medico di famiglia e non credo che all'epoca gia' pensasse a pratiche dopanti. Il Di Luca-bis? Abbiamo sempre professato una politica di prove certe, non di sospetti e dubbi. Quello di Petacchi, invece, non e' un caso di doping, e' un caso di prodotti che servono per determinate terapie. Condivido il lavoro della Procura, che deve accertare fino in fondo i fatti (ricorso al Tas, ndr), anche se onestamente credo che questo sia piu' un caso scientifico che un caso giuridico. C'e' difformita' di reazione ad una sostanza per ogni fisico e conosciamo tutti la situazione in cui e' stata rilevata la positivita': Petacchi il giorno prima aveva affrontato una dura tappa di montagna e si sa che lui soffre le salite. Il giorno dopo facevamo fatica a respirare noi che eravamo a Pinerolo, immaginate i corridori. Quello suo e' un caso atipico. C'e' da sottolineare che, quando c'e' un caso italiano, lo individuano e il procedimento va avanti, mentre il caso Piepoli, che e' tesserato per il Principato di Monaco, e' rimasto in piedi solo perche' la Federazione mondiale pensava che fosse italiano, poi si e' scoperto che lui correva 'per Montecarlo' ed e' stato assolto. Per Bernucci accadra' la stessa cosa. Al Giro d'Italia i casi sono stati tre: con Piepoli e Petacchi c'era Mayo, che e' stato immediatamente scagionato dalla federazione mondiale. Chiediamo regole uniformi ed i gruppi sportivi ci stanno arrivando». - La Procura antidoping del Coni lavora, e bene: c'e' un sentimento di accerchiamento nei confronti del ciclismo, viste le continue positivita' rilevate? «Nell'immaginario collettivo c'e' questa visione e i corridori ne risentono molto- spiega- Ricordo che gli unici atleti puniti con un procedimento disciplinare sono stati quelli italiani. Nemmeno Ullrich ha subito una sanzione, e' stato solo sospeso dalla sua squadra. La Germania parla tanto della lotta al doping, ma alla fine non e' stato punito nessuno. Oggi c'e' la Francia che lavora bene, ma anche li' ci si accorge del doping un mese prima del Tour o durante il Tour. Non parlando durante l'anno, perche' hanno un pacchetto di gare importanti quanto quello della Rcs. Ormai siamo un po' tutti costretti a lavorare nella stessa direzione». Anche per questo il 17 settembre Di Rocco sara' a Granada, nel giorno di riposo della Vuelta di Spagna, per incontrare i rappresentanti delle Federazioni di Austria, Belgio, Francia, Gran Bretagna, Lussemburgo e Spagna che gia' si sono incontrati in Italia lo scorso 23 agosto.
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