COLBRELLI, IL COBRA È PRONTO A MORDERE

PROFESSIONISTI | 30/03/2018 | 07:11
Nonno Cesarino sta facendo il gi­ro del mondo insieme al ni­pote Sonny. Da quando non può più incitarlo a bordo strada, ammira da una posizione privilegiata tutte le gare più importanti. In­sieme ad alcune immagini di santini, la sua foto è sempre nella tasca della ra­dio della maglia di Sonny. Che dopo aver disputato più volte la Milano-Sanremo, che resta la corsa dei sogni, l’anno scorso ha de­buttato al Tour de France e quest’anno ha iniziato il 2018 assistendo già a una bella vittoria.

«La sua foto ormai è un po’ consumata, e mi protegge» racconta teneramente Sonny Colbrelli, che ha cominciato la nuova stagione prendendosi di forza il successo sullo strappo della diga di Hatta Dam, traguardo della quarta tap­pa del Dubai Tour. Uno strappo secco di soli 200 metri, ma con pendenze al 17% che hanno portato tutti i big in gara a uno sforzo intensissimo. Il ventisettenne bresciano, lanciato da Vin­cen­zo Nibali, ha scelto i tempi alla perfezione: a 50 metri della conclusione ha “inghiottito” il fuggitivo Bran­don Mc­Nulty regalando così alla Bahrain Me­rida il primo successo del 2018, la sua 19esima personale gioia da professionista. Tre vittorie nel 2017, una favolosa tappa alla Parigi Nizza dove ha messo in fila gente come De­gen­kolb e De­ma­re, la Freccia del Bra­bante in Belgio e la Coppa Ber­nocchi a Legnano. Ma so­no le classiche monumento che stimolano il corridore di Ca­sto, alla sua settima stagione fra i professionisti. E pensare che all’inizio nessuno, a parte forse nonno Ce­sarino, pensava che sarebbe di­ventato un corridore.Perché Sonny era semplicemente un bambino cicciottello...

Ma ora ti sei messo a dieta.

«Eh sì, sono peso due chili in meno rispetto a 365 giorni fa. La dietologa Laura Mar­ti­nelli, new entry in squadra, mi sta dando una grande mano per man­giare bene e allo stesso tempo calare di peso. Grazie ai suoi consigli sono più asciutto e soprattutto ho imparato ad alimentarmi bene pri­ma e durante la gara, ad esempio con borracce di malto e gel. Le dritte che mi ha dato possono sembrare piccole cose, ma alla fi­ne dei conti fanno la differenza. In passato mi era capitato di ri­trovarmi in corsa sen­za forze, di pagare una crisi di fame o di avvertire bruciore di stomaco. Da dicembre mi ha “inquadrato”, mi ha tolto latticini, dolci e ri­dotto le porzioni. La cosa che mi man­ca di più? Un bel piattone di pasta co­me si deve. Bat­tute a parte, non mi pesa qualche ri­nuncia perché ne avverto i benefici».

Ti aspettavi di partire così forte?
«Quest’inverno mi sono preparato be­ne ma vincere è sempre difficile e tutt’altro che scontato. Aver alzato le braccia al cielo in una corsa a cui il team teneva particolarmente e con un cast di tutto rispetto mi ha sorpreso e reso felice. Mi sono allenato al meglio, dal 2 di gennaio sono stato a Tenerife con alcuni compagni, poi a Calpe con la squadra, quindi in Bahrain per la presentazione del team e a Dubai per  correre. Per essere all’inizio dell’anno sono stato già via parecchio. Qualche giorno a casa a Salò con Adelina e i no­stri cani, Iago e Mia, ci voleva proprio».

Possiamo dire che sei nato velocista, ti sei trasformato in finisseur e ora sei tornato velocista?
«Sì. Nelle due stagioni precedenti ave­vo un po’ trascurato i volatoni. Dopo una caduta in Cina al secondo anno mi era rimasta dentro la paura. Preferivo puntare su arrivi a ranghi ristretti, invece quando sono passato dalla Bardiani alla Bahrain Merida i miei compagni fin dalla prima gara mi hanno spronato a ributtarmi nella mi­schia. Sono bravi a pilotarmi, a te­nermi fuori dai casini fi­no al momento chiave. Mi fanno sentire importante, mi trattano da leader. Dal primo giorno mi sono subito trovato a mio agio, non potrei chiedere di meglio».

Domenica c'è il Fiandre, poi cosa prevede il tuo programma?
«Tutte le classiche ad eccezione della Paris-Roubaix perché la settimana dopo c’è l’Amstel Gold Race (nel 2016 fu 6°, ndr) in cui voglio far bene. Al mio fianco avrò Ko­ren, che nelle squadre in cui ha corso si è sempre dimostrato un uomo importante per il Nord, Bole e Bozic, che con la loro esperienza mi sapranno dare una grossa mano, e poi ci sarà Vin­cen­zo che sicuramente sarà una spalla preziosa alle classiche. Ambizioni per quest’anno? Cercare il massimo risultato, quello pieno possibilmente. Non è sem­plice ma ci credo, sognare non co­sta nulla. Ci tengo a far bene soprattutto nelle clas­siche, voglio centrare un podio importante. Se devo scegliere in quale corsa, rispondo che il Fiandre è il Fiandre, anche se il cuore dice Sanremo».

A darti coraggio ci saranno i tuoi tifosi.
«Sì, ormai si è formato un folto gruppo che alle corse si fa sentire e riconoscere. Fanno un bel baccano. La maggior parte arriva da Casto, il mio paese, sul­le montagne bresciane. Alla Milano-Sanremo un anno fa erano in settanta, capitanati dai miei genitori Fiore e Fe­derico e dalla mia fidanzata Adelina. Quando può non manca anche mio fratello Tomas con la fidanzata Vera. Al Tour erano soltanto sedici ma visto che si portavano dietro salami, pane, affettati vari, gli altri tifosi se li compravano così (ride, ndr). Sono superorganizzati, anche quando sono in dieci hanno due bandiere a testa così sembrano il doppio. E poi magliette, cappellini, tutto. Li ringrazio per il sostegno».

Cosa non può mai mancare nella valigia quando vai alle corse?
«La macchinetta del caffè. In giro per il mondo altrimenti ne sentirei troppo la mancanza».

Continui a fare dietro moto con papà?
«Sì. L’ho istruito bene a tenere i wattaggi giusti e a non strappare. Piano piano sta diventando un buon pilota. Capita che litighiamo: lui vorrebbe sempre andare forte, dare gas. Ma mica bisogna spaccarsi le gambe ogni giorno. Lui non ha mai corso in bici, non sa neanche com’è fatta una ruota, ma vuole sempre avere ragione lui. È il mio secondo team manager».

In cosa devi ancora migliorare?

«Più di testa che di fisico. Devo credere nelle mie potenzialità, che mi possono far arrivare dove voglio. Per carattere sono uno che si abbatte facilmente, se va male un appuntamento, al secondo parto già un po’ sconfitto, e questo non è accettabile. Devo guardare sempre avanti, tenere duro, se ti impegni alla fine tutto va per il meglio. In questo senso mi ha insegnato moltissimo il debutto al Tour de France di un anno fa. Mi ha lasciato la consapevolezza di quanto è importante non mollare, andare avanti anche quando le cose non vanno bene. Finire la Grande Bou­cle è stato come sopravvivere alla guerra, ti fortifica il corpo e la mente, per questo ho chiesto di tornare in Francia anche quest’anno».

Tornerai al Tour con capitan Nibali, che nelle prime corse dell’anno si è messo a tua disposizione.

«La classe del campione si vede anche in questo: coinvolge tutti ed è sempre il primo a fare “casino”, quando per esempio si cerca di stancare i velocisti puri. A Dubai una sera ci ha portato fuori tutti a cena, ha offerto lui, per fa­re gruppo. Alla mattina per ridere diceva: oggi la tattica la faccio io e facciamo saltare la corsa per aria. Il giorno che abbiamo vinto è andata proprio così. Da Vincenzo c’è sempre da imparare tanto, è una persona umile, un vero fuoriclasse. Fa un certo effetto avere al proprio servizio un vincitore della tripla corona e di tante altre corse prestigiose, ma i grandi campioni sono im­prevedibili. Ho capito che tipo di persona fosse alla prima corsa che abbiamo disputato insieme: i Mondiali di Ponferrada. Io ero un debuttante e si mise a mia disposizione. Spero davvero quest’anno riesca a far sue un paio di maglie a cui mira, se le merita».

La tua vittoria più bella finora?

«La seconda tappa della Parigi-Nizza dell’anno scorso. È stata la mia prima vittoria con la Bahrain Merida, la mia prima vittoria in una gara World Tour e l’ho conquistata con una volata lunga e bellissima. Mi sono messo dietro De­genkolb e Demare, che allora erano gli ultimi due vincitori della Milano-San­re­mo. Non avevo mai disputato una volata così lunga. Sono partito ai 320 metri e ho pensato di giocarmi il tutto per tutto, non è riuscito a saltarmi nessuno. Visto però che mi sto impegnando a guardare sempre avanti con fiducia, azzardo dicendo che la mia vittoria più bella sarà la prossima. Speriamo».
Nonno Cesarino sorride.

Giulia De Maio, da tuttoBICI di marzo
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COMMENTI
Speriamo....
30 marzo 2018 13:33 Pop78
Speriamo che Colbrelli faccia quel salto di qualità x essere competitivo nelle gare che contano. Comunque io di cobra ricordo solo Riccò

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