UN GIRO BELLINO

di Cristiano Gatti

Che noia il Giro con Pogacar, che noia il Tour con Pogacar, che noia le classiche con Pogacar: meno male, stavolta Pogacar si è levato dalle scatole e possiamo finalmente divertirci. Torna il Giro da sogno, equilibrato e combattuto, aperto a qualsiasi soluzione, magari deciso sul filo dei secondi, meglio ancora sui secondi degli abbuoni, meglio ancora nell'ultimo chilometro dell'ultima tappa (e prima, tutti ad aspettare la terza settimana, quando finalmente si potrà dire inutile aspettarsi grandi attacchi, ormai le energie sono quelle che sono).

Chiaramente liberarsi di Pogacar non si è rivelato facile: lui, ma anche Vingegaard ed Evenepoel, tutti e tre hanno fatto la fila fuori dalla porta, hanno pressato i vertici rosa in tutti i modi, hanno chiesto in ginocchio di venire. Ma stavolta i Cairo-men si sono dimostrati irremovibili: basta noia, l'obiettivo è rimettere in piedi un grande Giro, fuori dai piedi questi fenomeni che uccidono lo spettacolo. E basta con le false dicerie secondo le quali sarebbero i fenomeni a girare alla larga: Cairo lo conoscono tutti, se fosse servito non avrebbe fatto problemi di prezzo, avrebbe detto a Pogacar e agli altri due scrivete voi la cifra e ci vediamo al Giro, ma chiaramente non era questa la strategia, stavolta quel trio non sarebbe entrato in Italia neanche avesse pagato di tasca propria.

E allora fine delle chiacchiere, occhio al menu (intanto ci siamo già giocati Landa, come potessimo scialare in fatto di nomi). Roglic contro Ayuso, uno su con l'età che va per i 36 contro uno giù con l'età che va per i 23, poi le agognate resurrezioni dei Lazzari di quest'ultima era, Bernal e Carapaz, e poi ancora il sogno azzurro legato a Ciccone e Tiberi, hai visto mai che senza soffocanti fenomeni tra i piedi i primi dei secondi siano nostri. Giudizio complessivo: non può essere un Giro bellissimo, se il capo dell'ambaradan mi presta il cognome lo definirei un Giro Bellino.

Diciamolo seriamente: sotto sotto, è strisciante la sensazione che il grande ciclismo mondiale sia un'altra cosa, sia da un'altra parte, mentre qui giriamo nella periferia, nei sobborghi, dove si fa un altro sport. Ma comunque: è il Giro d'Italia. Lo seguiremo, lo ameremo, ce lo godremo. Sempre, a prescindere, per definizione. Chi ama il Giro, lo ama immancabilmente, a occhi chiusi.

Certo, l'amore è cieco, ma è soprattutto chi ama davvero il Giro che non può non vedere. O nascondersi la verità. O raccontarsene una farlocca. Non può essere l'inondazione di superlativi del marketing a coprire come foglia di fico la realtà. Come direbbero alla Protezione civile, è livello di allerta rosso. Col passare degli anni, sempre più preoccupante. I grandi campioni e le grandi squadre, ma in fondo anche quelli mezzani, non hanno più voglia di venirci. Ci vengono per forza, per regolamento, per dovere d'ufficio. Così è. Ma così non si può più accettare. Il Giro è il Giro, un patrimonio nazionale, bisogna scegliere: si può ballare sul Titanic, facendo finta di non avere l'acqua alle caviglie, oppure si può tentare di tappare la falla, prima che sia troppo tardi.

Tra tutte le idee venute fuori negli ultimi tempi, più che la modifica dei calendari, la più efficace mi sembra quella di lavorare sull'Uci perchè introduca la regola di due grandi Giri per i primi venti (o dieci) delle classifiche mondiali, ovviamente non sempre gli stessi due. Visto che non ci vengono per amore, bisogna farli venire per forza. A rotazione, avremo sempre qualche nome serio.

Bisogna saperlo, la consapevolezza evita facili illusioni: non è una battaglia semplice. I poteri istituzionali sono sempre meno pubblici e sempre più privati, concentrati nelle mani (e nelle casse) dei francesi di Aso. Certo non si può contare sulla loro collaborazione: loro non hanno alcun interesse a risollevare il Giro, a dirla tutta sono i primi a volerlo sempre più declassato, svuotato, impoverito. E' una tecnica collaudata: quando sarà al limite, si porterà via con un piatto di fagioli. Dopo, solo dopo, si riparlerà eventualmente di rilancio.

Situazione complicatissima. Ma la cosa peggiore è gridare viva il Giro e far finta di niente. Prima ci diciamo la verità, prima ci mettiamo al lavoro. Nell'attesa, godiamoci lo show 2025. Questi che hanno accettato di correrlo non hanno alcuna colpa e meritano tutta la passione. E comunque: Giro bellissimo o Giro Bellino, è sempre il Natale di Maggio.



 

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