Gustiamoci il Giro ’99: è l’ultimo del millennio, una ricorrenza che ormai riguarda qualunque cosa accada in questo citatissimo anno e che francamente comincia anche un po’ a rompere, ma soprattutto potrebbe essere l’ultimo Giro rosa. Ma sì, circola questa voce: il presidente della federazione Ceruti vorrebbe ridurre l’eccessivo potere della Gazzetta, in quanto organizzatrice, e starebbe persino pensando di farsi un Giro tutto suo. Comunque la si legga, è una gran bella vicenda che si presta a qualche considerazione.
La prima che mi viene è sugli eccessi di potere. Ceruti non tollera più quelli della Gazzetta, ma non si mostra minimamente infastidito dai suoi. Da quando ha preso in mano la grande famiglia, ha sistematicamente spazzato via le voci di dissenso, lavorando alacremente per costruire una leadership di chiaro stampo individualista. Comunque, questi sono affari suoi e di chi glieli lascia fare. Sul Giro, invece, ciascuno di noi è autorizzato ad alzare la manina: perché è una creatura troppo cara e troppo importante per vederla impunemente squartata sul tavolo della bassa macelleria politica.
Magari non conta molto, ma in un ipotetico referendum voglio schierarmi totalemente dalla parte della Gazzetta. Il Giro l’ha inventato, l’ha cresciuto, l’ha accudito il giornale rosa: in un regime di democrazia e di libero mercato mi sembra il minimo che il proprietario del bene se lo goda. Cerchiamo di non prenderci in giro: se questa corsa, che è sicuramente perfettibile e modernizzabile, resta pur sempre la manifestazione più popolare dello sport italiano, il merito è di molti, ma soprattutto di chi la fa. Nella Gazzetta, in quanto giornale, è fatica spesso riconoscersi: per esempio quando il suo direttore Cannavò sfila su tutti i palchi a urlare la primogenitura e l’esclusiva nella lotta al doping, noi di qui e noi di là, salvo poi non provare alcun imbarazzo nel glorificare l’arrivo in Italia di Virenque, guarda caso alla corte di uno sponsor che versa parecchi soldi nelle casse sociali. Sia chiaro: Virenque non è un lebbroso. E non è neppure Merckx. A giudicare dai titoli, invece, la Gazzetta dimentica bellamente che comunque il francese ha qualche conto aperto, sottolineando invece la sua levatura di fuoriclasse. Due bugie in una volta sola.
Eppure, queste sono altre storie. Sul Giro, la Gazzetta va solo ringraziata. Per averlo cresciuto in salute nonostante, e non grazie, alle trovate geniali del Palazzo. Se fosse per Ceruti e per i suoi predecessori, visto che in fondo si fatica a distinguerne uno dall’altro, il Giro adesso sarebbe una bella salma. O comunque un bel ricordo. È un’opinione senza controprova. Ma me la tengo. Viva allora la gestione Gazzetta, con tutti i suoi limiti, piuttosto che la futuribile gestione parastatale. Ma facciano il piacere: già Ceruti, anziché esercitare bene il ruolo di presidente, che basterebbe, ha voluto uscire dal suo ufficio per inventarsi editore. La vicenda è nota: volendo trasformare in grande rivista Tuttociclismo, per le cui finalità di servizio alle società basterebbe un bel ciclostilato, ha speso montagne di soldi. E ovviamente la grande rivista non l’ha mai vista nessuno (fortunatamente in edicola ce ne sono almeno due, una è sicuramente questa). Figuriamoci se il frenetico presidente decidesse di inventarsi anche organizzatore: fatti i paragoni con l’esperimento editoriale, lancerebbe al massimo un bel Giro del condominio. È meglio non pensarci neppure. Che se lo tenga la Gazzetta, il suo Giro. E che ci guadagni pure dei soldi, se ne è capace: non c’è nulla di ripugnante, nella redditività di un’impresa. Quando le cose funzionano, è giusto che rendano. Caso mai sarebbe ora di coinvolgere nei guadagni anche gli attori ciclisti, che in fin dei conti hanno sempre recitato gratis. Ma questo è tutto un altro discorso.
Purtroppo mi rendo conto a questo punto di aver perso un caro amico. Meglio: di rompere idealmente con un valoroso collega che stimo e rispetto. Con Gino Sala, uno dei nostri grandi papà. Proprio lui, nell’ultimo numero di tuttoBICI (giornale pluralista e democratico, ha notato il presidente Ceruti?), ha tagliato i panni addosso alla Gazzetta e ha raccontato Ceruti come un mezzo San Francesco di Sales. Caro Gino, stavolta mi trovo sul fronte opposto in entrambe le questioni. Mi spiace, ma non posso farci nulla. Spero solo che la diversità di opinioni costituisca anche per te un motivo di rispetto, non di astio. In caso contrario, è stato bello.
Cristiano Gatti, bergamasco,
inviato de “Il Giornale”
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