
Lo aveva visto fermarsi a una locanda. Bici, maglia, pantaloncini corti, forse un berrettino in testa. Nessun dubbio, era lui: Ottavio Bottecchia. Il primo vincitore italiano del Tour de France, anno 1924. Il primo vincitore assoluto di due Tour de France consecutivi, anni 1924 e 1925. Bottecchia appoggiò la bici al muro, entrò nella locanda, probabilmente riempì la borraccia, probabilmente chiese un panino, poi, ristorato, risalì in bici e continuò l’allenamento.
Per Antonio Ferro, detto Balutin, quella visione di Bottecchia nella locanda di via Marconi a Mortegliano fu folgorante. Se la sarebbe ricordata, scolpita nella memoria, e l’avrebbe tramandata in ricordi e racconti, forse ricamandola, certo rimpiangendola, Bottecchia era morto misteriosamente e il suo mito perpetuato e ingigantito, quasi fosse un eroe omerico.
E da quella testimonianza, come in una staffetta orale, ascoltata e a sua volta incorporata e fantasticata, Renato Bulfon cominciò a collezionare qualsiasi traccia, impronta, memoria di Bottecchia. Fino a trovare un alleato, lo scrittore ed editore Giacinto Bevilacqua, e comporre insieme un libro, “L’album di Ottavio Bottecchia” (Alba edizioni, 100 pagine, 15 euro, per informazioni e richieste renatobulfon51@gmail.com). Cartoline, fotografie, francobolli, strisce, vignette, pagine di giornali e quotidiani, articoli, telegrammi, autografi, lettere, figurine, statuti, copertine di fascicoli, biografie e graphic novel, manifesti di documentari. Tutto su di lui.
Sono storie, quelle di Bottecchia, di oltre un secolo fa. Del 1894 la nascita, a San Martino di Colle Umberto, nel Trevigiano, Veneto. Del 1924 la prima vittoria al Tour, già scritto, del 1925 la seconda. Del 1927 la morte, a Gemona, Friuli. Aveva 33 anni, come Cristo. Poco di lui si sapeva, molto di lui si è scritto, soprattutto recentemente, attirati dalle ricorrenze, attratti dai misteri che circondavano la sua vita e oscuravano la sua morte. Accantonate le ipotesi più fantasiose (caduto da solo o fatto cadere da un automobilista, assassinato da un contadino derubato o da un marito tradito…), oggi gli autori sembrano orientati a stabilire una motivazione politica: Bottecchia era un antifascista, e a quel tempo gli squadristi erano spietati. E, in caso di confessioni e denunce, c’era anche la paura di ritorsioni.
“L’album di Ottavio Bottecchia” è ricco di piccoli tesori: gemme postali, diamanti giornalistici, chicche illustrate. Uno per tutti: il telegramma, scritto a mano, che don Dante Nigris, parroco di Peonis, inviò a Aldo Fabbro, il presidente del Club Ciclistico Udinese, il 3 giugno 1927 alle 11.30. “Trovato ferito semiprivo sensi vittima incidente ciclistico su strada Cornino Trasaghis si informa codesta società che basandosi da carte trovate sia Bottecchia Ottavio corridore di Italia”.
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