Beati noi, a scrivere su un mensile e a poter fare gli auguri non per un retorico Natale di metafisica buona utopia, almeno per un Nuovo Anno di reali migliori intenzioni! Beati noi, nel gesto fatidico del chiudere quel libro ’98 che si raccoglie intorno alla smisurata gioia di Pantani e alla esecuzione spietata di Bartoli e al fiero sorvolare le pietre di Ballerini. Beati noi, nell’atto di rassegnare al passato - che è di per sè certezza di futuro - la storia emblematica di Armstrong e del suo inverso procedere dalla polvere alla luce o quella più umile, che pure vi raccomandiamo, di Ludo Dierckxens, il verniciatore della «Daf», uomo forte ritualmente rapato ma con un sorriso tanto chiaro, che si è scoperto ciclista in fondo per pura fantasia a trent’anni e che oggi - che di anni ne ha quattro in più - invece di ritirarsi come di norma i suoi coetanei in bici, pensa al ’99...
Beati noi, che il Natale della pace fittizia possiamo scavalcarcelo e direttamente mirare alla stagione ventura. Già, il senso positivo della vita...
Non parole, dunque, ma fatti e bene, ci aspettiamo un anno che insegni l’umiltà a Richard Virenque, certo, ma parallelamente ai giudici francesi: chi è senza peccato scagli la prima pietra verso il ’99, ma non sappiamo in tutta sincerità chi abbia tenuto un atteggiamento più cocciutamente mediatique, fra il grimpeur francese che ha continuato a fare «non non non» come la bambolina di Michel Polnareff o i giudici francesi Patrick Keil e Odile Madrolle, con il loro ostinato esercizio della detenzione...
Notti a sorpresa inutili, quelle che continuano a proporci fra TVM e Casino ed ONCE e ulteriori audizioni, nel diluirsi naturale della storia del doping al Tour scorso, in assenza di una credibile impalcatura istruttoria che consenta di definire situazioni di «doping» di squadra, come invece drammaticamente acclarato nella Festina.
Beati noi, che ci illudiamo per l’anno venturo di un’attenzione al doping che nasca dal di dentro del movimento sportivo, come pubblicamente auspicato ad esempio in due convegni sul tema ai quali abbiamo preso parte, quello dell’Associazione Italiana dei Medici del Ciclismo, diretto da Massimo Besnati e quello del Centro Sportivo Italiano, gestito da monsignor Mazza e da Donato Mosella.
Beati noi, dunque, che intuiamo ben oltre le proposizioni di intenti degli addetti ai lavori la consapevolezza che l’anno ciclistico che verrà - il ’99 - non sarà uguale ai precedenti come quello ieratico della canzone di Dalla. E non dovrà, nè potrà esserlo!
Leggi rigorose, ruoli precisi di medici manager atleti, esclusione tassativa di rapporti trasversali con «preparatori» o frequentatori del tempio, coraggio della denuncia, nella certezza che l’ascolto stavolta non sarà più solo quello dei «media» o della imbelle giustizia sportiva, ma quello unanime delle leggi di stato.
Beati noi, in ogni caso, che ci auguriamo sportivamente che tutto quanto si va facendo e promulgando possa funzionare solo da deterrente!
Beati noi, che non siamo quelli del calcio, e di Fazio e Brosio ed Abete natalizio possiamo farne a meno, e non dei controlli ematici che PER PRIMI abbiamo introdotto. E che di fronte ad un mondo-calcio che sembra aspirare all’autarchia dell’automobilismo, nello sport olimpico secondo il CIO, costi e regole incluse, miriamo a restarci.
Beati noi, che abbiamo davanti un anno che sarà l’anno «1», non l’anno «0». Ed una stretta di mano parziale, consentitecelo, a Cees Priem, il direttore sportivo della TVM che è finalmente rientrato in Olanda dopo quattro mesi di controllo giudiziario in Francia.
Lo aspettava, certo, in una famiglia di ciclismo esclusivo, ne abbiamo a cuore le fotografie, il cognato Bal e particolarmente l’altro cognato Raas, che si era con veemenza battuto su Wieler revue, per chiederne la liberazione, ai sensi dei diritti civili: quasi garante...
Quel Jan Raas cui spetta sempre, per distacco, il titolo di più intransigente ed onorevole dei direttori sportivi: non fu infatti lui, sei anni fa, a licenziare e denunciare un suo atleta - Ludo De Keulenaer - per averlo sorpreso a frodare al controllo anti-doping?
Beati noi, a ricordare queste vicende di strada che ci aiutano a credere almeno alla invulnerabile lezione della memoria.
Beati, o bugiardi noi?
Gian Paolo Porreca, napoletano, docente universitario
di chirurgia cardio-vascolare, editorialista de “Il Mattino”
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