Sarà la lunga estate calda di Davide Cassani, e per Davide Cassani non intendo un opinionista tv, ma il ct della nazionale. Stavolta doppio impegno: Olimpiadi e Mondiali. Avrà da divertirsi. Ma soprattutto avrà da lavorare. Di fino, molto di fino.
Il risvolto più singolare è l’opposta situazione in cui si verrà a trovare nei due appuntamenti. Forte e attrezzato per i Giochi, sgangherato e negletto nella corsa all’iride. In Brasile dovrà vestire i panni del favorito, o di uno dei favoriti. Due mesi dopo, sarà messo nell’angolo come un sinistrato. C’è poco da discutere, è questa la fotografia del nostro ciclismo, che si riflette inequivocabilmente sulle particolari situazioni delle gare.
Per le Olimpiadi è previsto un percorso durissimo, con un’Italia di cinque elementi. Sappiamo già tutti che il tracciato selettivo non può farci che bene, perché abbiamo in dotazione grandi fondisti: Nibali soprattutto, ma anche Aru. Poi c’è Ulissi, che presto o tardi dovrà finalmente mettere il naso alla finestra anche nelle grandi gare, togliendosi di dosso la livrea e la fama del signorotto di borgata, per diventare finalmente un campione totale. Questi nomi quotati non sono molti, sono pochi. Ma sono buoni, anzi buonissimi. Cassani potrà finalmente godersi l’ebbrezza, mai provata, di affrontare una corsa ad armi pari, con giuste credenziali, senza affidarsi soltanto a una grazia di San Gennaro. Tutto all’opposto invece per i Mondiali: percorso piatto, faccenda per velocisti, ne abbiamo un mezzo migliaio, ma nessuno all’altezza. Tanti e tutti scarsotti. Per Cassani, la sfida impossibile: è come chiedergli di vincere al Lotto senza comprare biglietti.
Sinceramente, preferirei essere il Cassani olimpico che il Cassani mondiale. Non è una scelta tanto scontata, proprio per niente. Il campionato del mondo, per come ci arriviamo, può essere la più risposante delle avventure: tutta la nazione sa che abbiamo sprinter della mutua, nessuno si sognerebbe mai di crocefiggere un ct per la sconfitta. Come si usa dire, tutto quello che arriva è grasso che cola. Un quinto posto di Nizzolo o di Modolo, tanto per dire, sarebbe un successo strepitoso. Per Cassani, zero responsabilità e nessun processo. Eppure.
Eppure non farei mai cambio: mi terrei stretta l’avventura olimpica. Con i suoi stress da pronostico, con i suoi rischi di processi postumi, con le tensioni tra i vari clan. Ma vuoi mettere il gusto di dare la caccia all’oro. In questo caso, non c’è bisogno di spremersi le meningi per inventare chissà quale teorema. Cassani deve vincere una sola sfida personale, la sua vera corsa: mettere d’accordo in qualche modo le due star della compagnia, che a livello contrattuale sono pure compagni di squadra, ma che nella pratica sono due mondi opposti. Il mondo Nibali e il mondo Aru.
Inutile nasconderselo: oltre le parole ipocrite di circostanza, il vero nodo sarà l’equilibrio tra i nostri due numeri uno. Se lo trovano, Cassani può mostrare i muscoli a tutto il pianeta olimpico. Se non lo trovano, Cassani farebbe bene a prenotarsi qualche seduta di psicanalisi, perché rischia di uscirne matto. Una fortuna comunque ce l’ha: le prove tecniche di convivenza non saranno a suo carico, ma della Astana, al Tour de France. Lì secondo me si giocherà anche buona parte delle Olimpiadi azzurre. Se Aru e Nibali, in rigoroso ordine alfabetico, riusciranno a lavorare di diplomazia e di cesello nei loro rapporti, i frutti potrebbe poi raccoglierli anche Cassani. Se invece in Francia la coppia scoppia, Cassani si ritroverà con i cocci in mano. Cinque cerchi spezzati.
Siccome in queste faccende la poesia conta zero, conviene andare molto sul realistico. Nibali e Aru sono caratterialmente incompatibili. Non si può chiedere all’uno e all’altro di firmare un matrimonio d’amore. Sarebbe folle, franerebbe subito. Meglio, molto meglio, puntare dritti sull’interesse spinto. C’è un solo modo per farli felici e contenti: Tour per Aru, Giochi per Nibali. Salvo sorprese e imprevisti. Ma almeno come punto di partenza, questo sembra l’unico passaggio praticabile: Aru potrà contare sulla fedeltà e la disponibilità di Nibali al Tour (opinione personale: è un equilibrio contro natura, perché un campione del livello di Nibali proprio non sta concettualmente nella veste del gregario, ma comunque), dopo il Tour le parti si invertono e Aru gioca per Nibali. A bocce ferme, è la quadratura del cerchio. La soluzione del rompicapo. Non vedo altre vie d’uscita. Cassani vada carico al tavolo degli accordi: dev’essere lui il bravo notaio che inventa il contratto perfetto.
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