Ci stringiamo a noi, da queste parti, per il ciclismo del 2016. Ci stringiamo, al Sud ed in Campania, per non sentire freddo a gennaio, siamo davvero pochi da contarci - molto meno delle Sanremo di Merckx - sulle dita di una sola mano. Non ci ri-piangiamo addosso, come ad ogni Anno Nuovo da qualche anno si replica, per pudore e dignità. Ma del ciclismo al Sud, coniugato al presente o al futuro, vale ancora la pena estrema di dare cenno. Di vita. Quel Sud (pen/insulare) che regala i vincitori italiani che contano, Nibali ed Aru, e che pure ciclisticamente abita la Grande Bolla della latitanza: un ciclismo in contumacia.
Ci stringiamo a noi, per darci conforto reciproco, senza correre a corte, anche se al presidente amico Di Rocco un aiuto lo chiediamo sempre con affetto, e ci ritroviamo ancora con un anno in più... Ed un anno in meno, da dedicare alla vita ed al ciclismo.
Ci ritroviamo con Carmine Castellano, che mira nel suo cuore grande ad una Sorrento nel Giro del 2017, quello dei Cento Anni pedalati di fatto, e non dei 100 anni anagrafici della corsa.
Ci ritroviamo con il generoso Mimmo Tranchese, da Brusciano, che nel ciclismo femminile continua a credere, ed ancor più nel ciclismo “leale”.
E ci ritroviamo ancora e sempre, in questi giorni di più, con Paolo Serino, il promotore di un ciclismo a misura di uomo, che dalla provincia di Benevento - ci si pensi, neanche dal capoluogo, ma da un comune...-, da San Giorgio del Sannio, ha saputo onorare e scrivere il ciclismo, a prezzi di cuore, in una commovente maniera. Lui che a San Giorgio portò il Giro nel 1987, e che lo ha riportato nel 2015, e che però il “suo” ciclismo non lo ha vissuto soltanto come vertice, ma anche animando quella base di pratica dilettantistica, giovanile, territoriale, che ce lo rende ancora più encomiabile. Ed irripetibile.
Lui, Paolo Serino, che nel 2015 ha festeggiato con tante iniziative i 40 anni del VeloClub Sangiorgese, da lui fondato, e che fu ideatore e regista di quella «Coppa Papà Espedito» che per oltre un ventennio si qualificò come icona massima del ciclismo dilettantistico nel Sud.
Già, quel Paolo Serino senza uguali, che sulla soglia di una età avanzata, ci regala per il 2016 una sua attesa biografia. Che del ciclismo e del ciclismo del nostro Sud, vissuto in prima persona, ci è apparsa, ancora in bozza, come una commovente narrazione.
Quella narrazione, dal presente al passato, che è una storia di amore. E che non ha giammai, per Paolo Serino, come per Carmine Castellano e Mimmo Tranchese, una ultima pagina scritta. Come l’amore. Loro ci credono, almeno loro - uomini veri di sport vero -, che nascerà un futuro ancora, un’altra primavera, oltre la quarta di copertina della loro passione sacra per il ciclismo.
Gian Paolo Porreca,
napoletano,
docente universitario
di chirurgia cardio-vascolare,
editorialista de “Il Mattino”
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