Il mondo dello sport è il mondo del ciclismo, per noi. Ed è, per proprietà transitiva, l’atavico ancestrale recinto della Gazzetta. E quello che sta accadendo, cadenze mensili, sollecitazioni settimanali, non l’obbligo formale della giornalierità - tanto non è possibile trovare un quotidiano che abbia in Italia la sensibilità di porre attenzione alla mater Gazzetta, tutti proni a cambiare maglia -, alla Gazzetta, non sta affatto in cielo, e sta con somma difficoltà in terra.
E in uno spazio dedicato, et pour cause, al ciclismo, ci sta molto bene, chiederci dove stia andando il mondo (dello sport?), se nella Gazzetta il prossimo progetto, ampiamente censurato, è quello di attivare, a fronte di tagli giornalistici e chiusure di redazioni locali, a fronte di una mannaia improvvida su lavoratori e famiglie, il sito di scommesse GazzaBet.
Un Bet, centromediano, non era sgarbato nella memoria, ma una Gazzetta proclive per una intellighenzia al di sotto dei media, a privilegiare il mondo delle scommesse, dopo aver con tenacia perseguito il letame di questo stesso ambito e informato doviziosamente delle sanzioni per il biondo Jean François Gillet, in totale sincerità è volgarmente offensiva. Per chi ci lavora, per chi ci scrive, per chi ci ha scritto, per i lettori.
Noi, se il mondo dello sport è la Gazzetta, e lo sport è il ciclismo, ricordiamo a chi di dovere e di diritto che l’unica scommessa, l’unico concorso a premi che la “rosea” abbia inaugurato è stato, trenta anni fa, anzi quasi quaranta, il “Chi vincerà la Milano-Sanremo?”. Dove, molto lealmente, e senza il fumo perverso dei nullafacenti della Sala Giochi, bisognava indovinare, o provare a farlo, i primi cinque dell’ordine di arrivo della corsa. Ed il tempo di gara, o giù di lì.
Chi vincerà la Milano-Sanremo? con la macchia stratosferica di Marc Gomez, nel 1982. Ed i successi singolari, premianti, di Jan Raas (’77), Pierino Gavazzi (’80) ed Hennie Kuiper (’85). E senza puntare soldi, solo riempiendo rettangoli di quotidiano, in alto a destra, seconda pagina.
Con i soldi degli altri, non è esemplare vivere la vita. Tantomeno quella dello sport. Oggi, dove la scommessa è solo a fine di lucro e di rimozione della fatica, dedichiamo questa pagina - se il Direttore ce lo consente - a chi ha voluto bene allo sport, al ciclismo e alla Gazzetta. Non a quella apostata, che, apocrifa, in un giorno di gennaio di sciopero bianco dei giornalisti ha tollerato come unica firma, poniamo, lì dove Bergonzi, lì dove Condò, lì dove Pastonesi, in prima pagina quella di Gene Gnocchi, un ironista superfluo e molesto. Fuori da Zelig. Per un concetto antisportivo dello sport. Da denunciare ai garanti del passato e del futuro. Per una speranza non vana della Gazzetta, e del nostro ciclismo pure.
Gian Paolo Porreca,
napoletano,
docente universitario
di chirurgia cardio-vascolare,
editorialista de “Il Mattino”
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