Editoriale
I SOLITI NOTI. È avvenuto al Giro di Sardegna, si è ripetuto anche al Trofeo Laigueglia e proseguirà così per tutta la stagione, statene pur certi: la commissione medica del Coni ha mandato i suoi ispettori a fare una decina di controlli a sorpresa ai soliti noti, a quei corridori di squadre Pro Tour che sono già sotto la lente d’ingrandimento dell’Uci e della Wada. Dal quantitativo di urina e sangue prelevato è chiaro che cercassero l’EPO e il CERA: costo dell’operazione, 7 mila euro a gara. Il 95% degli atleti presi in considerazione fanno parte di top team, il 5% di squadre Professional, di formazioni Continental nessun corridore e non si capisce bene il perché. Queste squadre di terza categoria, che non rispondono al passaporto biologico e a nessun altro meccanismo di prevenzione antidoping, dovrebbero invece essere guardate con maggiore attenzione e scrupolo proprio perché non rispondono a nessun protocollo. Non c’è logica anche nella nostra Federazione che dovrebbe fare molto di più e di meglio soprattutto in campo giovanile e per questo invitare il Coni a gestire con maggiore attenzione le proprie risorse per effettuare più controlli nelle categorie minori: è da lì che bisogna incominciare per estirpare sul nascere le cattive abitudini. Come si dice: soffocare il bimbo in culla, prima che ci si affezioni e lo si incominci ad amare. Invece si preferisce continuare a controllare chi è già abbondantemente controllato e proseguire ineffabili a far finta di nulla con chi davvero non fa alcunché. A questo punto sorge spontanea la solita domanda: chi controlla i controllori? Solita è anche la risposta: nessuno. Se chiedete al Coni il perché di questa scelta, risponderà che ha avuto indicazioni precise dalla Federciclismo. Se lo chiedete alla Federciclismo, vi risponderà che è il Coni che decide cosa fare e lo fa in piena autonomia. Abbiamo capito: che qualcuno controlli “quei due”, e già che ci sono - ogni tanto - controllino anche qualche formazione Continental.

p.s. Dopo due anni di insistenze, il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) ha ufficialmente riconosciuto il sistema ADAMS (Anti-Doping Administration and Management System, reperibilità degli atleti) e da oggi tutti i corridori chiamati a compilare l’Adams non sono più tenuti a mandare separatamente al Coni - via fax o via email - il modulo di reperibilità debitamente compilato. Varrà solo e soltanto quello voluto dalla Wada e adottato dall’Uci. Un piccolo passo verso l’uniformità dei regolamenti.

BANI NON LAGNARTI. Nessuno sconto, nessuna riduzione di pena. Neppure un piccolo riconoscimento della buona volontà e della collaborazione nelle indagini doping. Il Tribunale Nazionale Antidoping del Coni ha respinto l'istanza di sospensione fatta da Eugenio Bani, il corridore junior trovato positivo alla gonadotropina corionica (un ormone che stimola la produzione di testosterone, l’ormone della forza) ai campionati italiani di categoria nel giugno scorso. Il giovane atleta, dunque, dovrà scontare per intero i 21 mesi inflittigli nel primo giudizio. Molte le polemiche, soprattutto da parte dell’entourage del ragazzo, che si è detto scandalizzato. Schieratissimi dalla parte di Bani, patron Ivano Fanini e anche il collega di Repubblica Eugenio Capodacqua. Opinioni. La mia è semplice semplice. Il ragazzo ha sbagliato ed è giusto che paghi. E se è vero che si è realmente pentito, accetti serenamente qualsiasi responso. Il pentimento di convenienza non mi piace neanche un po’. Ma poi siamo davvero sicuri che due anni di squalifica siano tanti per un ragazzo di 19 anni? Se fosse per me istituirei una gradualità delle pene in base all’età del corridore. Più sei giovane, più stai fermo. Quindi, caro Bani, dai retta a me, ti è andata bene. E se sei davvero pentito di quanto hai fatto, fai in modo che noi lo si possa credere fino in fondo. Come? Magari cominciando a non lagnarti più.

COME DARGLI TORTO? Tappa di Rossano Veneto, anno del Signore 2005, i carabinieri dei Nas sequestrano alla Lotto di Robbie McEwen l’Antitrainer, strumento che simula l’allenamento in quota, vietato in Italia, perfettamente regolare però per Uci e Wada. Tappa al Monte Bondone, il Giro d’Italia edizione 2006, viene “disturbato” dallo scandalo Operacion Puerto che scoppia in Spagna. Arrestato il team manager della Liberty Seguros Manolo Saiz, molte voci e tante preoccupazioni cominciano a serpeggiare anche in seno alla carovana rosa. Anno 2007, il Giro incomincia in pieno scandalo Operacion Puerto e con la confessione del 7 di maggio di Ivan Basso. Durante la corsa rosa arrivano anche le ammissioni di colpa di Erik Zabel e Bjarne Riis. Viene riaperta l’inchiesta Oil for Drug (quella del dottor Santuccione): tra i sospettati Danilo Di Luca ed Eddy Mazzoleni. Finito il Giro, vengono trovati positivi Petacchi, Piepoli e Mayo. Per non farci mancare nulla, c’è anche la pipì degli angeli a tenere banco: esami troppo puliti che destano sospetto. Nel mirino Di Luca, Mazzoleni, Riccò e Simoni. Giro del 2008, poco dopo la corsa rosa, vengono trovati positivi al Cera Riccò (al Tour) e Sella (controllo a sorpresa fuori competizione), due dei grandi protagonisti della corsa rosa appena terminata: secondo il modenese, maglia verde il vicentino. Giro 2009, passano poche settimane e Di Luca viene trovato positivo al Cera. Aveva chiuso la corsa rosa al secondo posto. Ce n’è abbastanza per non scandalizzarsi di fronte alle parole pronunciate qualche giorno fa in una convention da Angelo Zomegnan, gran patron della corsa rosa dal 2005. «Al Giro 2010 ci saranno corridori in quarantena. In passato abbiamo concesso fiducia ad atleti che il tempo ci ha detto non essersi ravveduti. Questo ci insegna che chi viene al Giro deve superare un ragionevole periodo di tempo». Dopo tutto quello che è successo in questi ultimi cinque anni, come dargli torto?

Pier Augusto Stagi
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