Editoriale
RINGRAZIAMENTI. L’ex presidente dell’Uci Hein Verbruggen, l’ex direttore del Tour Jean Marie Leblanc, l’ex team manager della Credit Agricole Roger Legeay, il direttore generale di Varese 2008 Gabriele Sola, due funzionari dell’Uci, più un giornalista francese di Eurosport si sono incontrati il 28 novembre scorso a Parigi. All’appuntamento mancava solo il ct azzurro Franco Ballerini, invitato, ma impegnato alla serata di gala del nostro giornale. Una riunione informale per una commissione priva di forma, per dirsi cose formalmente importanti ma che per il momento sono restate tali prima di essere discusse in sede Uci. Un incontro tra buoni amici, per scambiarsi opinioni e idee. Sul tavolo il futuro della sfida iridata. Molte le proposte, la più concreta quella di istituire una cronosquadre per club da inserire all’inizio della settimana iridata dal 2012. Un modo come un altro per aprire una breccia, per vedere l’effetto che fa. Per indagare, verificare e soprattutto - vecchio pallino di Hein Verbruggen, il quale si ostina a restare nel ciclismo e non mantiene il sano proposito di andare a studiare solo la storia medioevale - indebolire ulteriormente le Federazioni nazionali: le squadre professionistiche le ha già scippate, ora porta via anche la Nazionale e soprattutto il terreno ideale sul quale le squadre nazionali potevano esprimersi: il mondiale appunto. In questo numero abbiamo fatto una sorta di giro di opinioni e consultazioni tra tutti i direttori sportivi in attività e i tre saggi del ciclismo italiano che in attività non ci sono più: Boifava, Ferretti e Stanga. L’argomento merita attenzione, non va sottovalutato, come tutte le questioni che riguardano il futuro del nostro sport e l’Uci, sempre più impegnata a racimolare spazi e quattrini, e sempre meno attenta a gestire da buon padre un movimento sempre più allo sbando. Il mondiale per club: che grande trovata. C’era la coppa del mondo, che valorizzava la squadra e il singolo e dopo nemmeno venti anni l’hanno gettata alle ortiche. Abbiamo un sospetto: non è che il vero obiettivo sia quello di distruggere il nostro beneamato sport? Se così fosse, i geni del marketing non stanno sbagliando una mossa. A loro i nostri più sentiti ringraziamenti.

GIUSTIZIA ED EQUITA’. Del caso Valverde ne parla Cristiano Gatti nel suo apposito spazio. In queste settimane i gradi della giustizia sportiva faranno i loro passi e anche quella ordinaria non starà certamente con le mani in mano. Poi tutti gli atti saranno inviati all’Uci, la quale sarà chiamata a fare chiarezza, a scegliere e a sbilanciarsi. Sia per Valverde, così come per Beltran e Schumacher, squalificati dalla giustizia francese e in attesa che la loro pena venga estesa a livello mondiale. Non sarà fatto? L’Uci dovrà risponderne al mondo intero, ma crediamo che tale errore non verrà commesso. Quindi, Valverde non ha scampo. Eppure non posso ancora dirmi soddisfatto. Il perché è presto detto: in tutta questa triste vicenda ancora una volta ne esce con le ossa rotte solo e soltanto il ciclismo. Non si capisce se la Procura della Repubblica di Roma, grazie al PM Paolo Ferraro, sia in possesso di altre sacche di altri sportivi. La speranza è che sia fatta una volta per tutte pulizia a 360°, ma temo invece che gli occhi saranno puntati solo sul ciclismo. Lo sapete perché? Perché ho il sospetto che le altre sacche siano state già distrutte o perlomeno contaminate, in modo da non essere più analizzate. Il calcio, il tennis, l’atletica, lo sport spagnolo soprattutto, l’ha forse fatta franca. Però c’è un però: due anni fa avevo auspicato e invocato un isolamento del ciclismo spagnolo da parte dell’Uci e delle squadre di ProTour (non si va più a correre in Spagna e con gli spagnoli fin quando non avranno fatto chiarezza), lo stesso spero possano farlo il CIO o la Wada. O si porta alla luce del sole tutto il marcio dell’Operacion Puerto o le loro ambizioni olimpiche (Madrid è in corsa per quelle del 2016 assieme a Rio de Janeiro, Chicago e Tokio) vengano riposte immediatamente nel cassetto. O si fa pulizia, oppure che sia il CIO a punire la facciatosta spagnola. Questo è quello che auspico e vorrei. Inoltre, essendo un inguaribile ottimista, vorrei anche che i regolamenti fossero quanto prima condivisi da tutti gli sport. Platini, Blatter non ne vogliono sapere? Il mondo del tennis idem come sopra? Il rugby, il tanto decantato rugby, disciplina animata da lealtà e terzi tempi ha deciso che per il «Sei Nazioni» non serve nemmeno l’esame del sangue? Che il ciclismo si fermi. Che Di Rocco e Pat McQuaid, nonché tutti i maggiori team del mondo dicano a chiare lettere: noi non ci prestiamo più a questo gioco. Mi sembra già di sentire le parole di Cristiano Gatti: «Pier ti sbagli, noi siamo il ciclismo, pieno di scandali e magagne: pensiamo prima a sistemare le cose in casa nostra». Avrai anche ragione caro Cristiano, ma avanti di questo passo, gli sport che di fatto eludono i controlli o fanno finta di niente, non avranno mai un problema. E sai cosa significa questo? Niente problemi niente scandali e se non hai scandali trovi gli sponsor. No caro Cristiano, questa faccenda è esattamente come quella di Valverde: è solo una questione di giustizia ed equità. Ognuno deve giustamente guardare in casa propria, ma non è tollerabile che solo casa nostra abbia addosso gli occhi di tutti, neanche fosse quella del «Grande Fratello».

Pier Augusto Stagi
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