LEGGO E RILEGGO. Dal Corriere dello Sport del 17 gennaio: «Filippo Volandri è stato squalificato giovedì per doping (salbutamolo, sostanza contenuta in prodotti antiasmatici). Una condanna di tre mesi che scadrà il 14 aprile prossimo». Prosegue la sua disamina Dario Torromeo: «Detta così, la vicenda sembra semplice. Si tratta invece di un vero e proprio giallo. Questo è quello che emerge dalla lettura della sentenza del Tribunale dell’Itf ». Qualche passo dopo: «Nella sentenza infine viene sottolineato come il formulario medico, in cui si chiede l’eccezione per uso terapeutico, si presti a diverse interpretazioni. Volandri, asmatico sin da bambino, da anni presenta regolare richiesta per l’uso di adeguati medicinali. Il problema è sorto sulla quantità consentita. Nelle urine di Filippo sono stati trovati 1.167 ng/ml nel primo campione, 1.192 ng/ml nella controanalisi, quando il massimo permesso è di 1.000 ng/ml». La conclusione è degna di nota: «Continua l’accanimento contro il tennis italiano. Cinque, i primi, ad essere squalificati per scommesse. Puntate ridicole, punizioni spropositate. Adesso una squalifica per un doping che, almeno a leggere la sentenza, non sembra neppure».
Vincenzo Martucci, su La Gazzetta dello Sport si limita a dare la notizia e accenna appena la vicenda Petacchi (positivo al salbutamolo per 1.352 ng/ml e squalificato per un anno dal Tas, dopo l’assoluzione da parte della Disciplinare) ma si esenta da commenti o difese d’ufficio. Ci pensa Paolo Rossi su La Repubblica: «Per l’Italia è un incubo che si ripete - scrive -, sembra quasi una persecuzione: un altro tennista azzurro squalificato, un altro urlo disperato… Stavolta tocca a Filippo Volandri, essere sospeso per tre mesi». E ancora: «Doping, dunque.
Ma non sportivo, perché non c’era dolo, nessuna intenzionalità… “La stessa Itf ha ammesso che Filippo non aveva preso quella sostanza per avvantaggiarsene sotto il profilo sportivo” ha fatto sapere Stefano Sammarini, manager del giocatore, ma “solo per salvarsi la vita”».
Il giorno dopo, il 18 gennaio, sempre sulle colonne di Repubblica, scende in campo Lui, il numero uno dei giornalisti, nonché scrittore e autentico punto di riferimento mondiale per il tennis tutto: Gianni Clerici. «Maxima lex, maxima iniuria. Filippo Volandri è stato squalificato per tre mesi, e perché? Per doping, recano tutte le premiate agenzie, pronte come falchi sulla preda». Secondo capoverso. «Telefono al presunto dopato, chiedendogli di venire a vedermi al tennis, e mi sorprendo nel sentirmi rispondere “Non posso”»… Clerici lo incalza e lo tormenta di domande: «Ma cos’hai combinato? - domando - steroidi o ormoni della crescita? “Ventolin” risponde, facendomi venire in mente un sua antica allergia, addirittura maniacale, nei riguardi delle moquette e della polvere negli alberghi… “Un puff di troppo”», spiega il tennista al Vecchio Scriba, come il medesimo si definisce. La chiosa è semplicemente illuminante. «Il lettore sarà in grado di giudicare da sé. Rimane il fatto che un tennista che fu numero venticinque del mondo, capace di battere nel 2007, a Roma, un quasi imbattibile Federer, rischia di terminare anzitempo la sua carriera per una clamorosa ingiustizia». Voi lettori potete tirare serenamente le vostre conclusioni su come il caso Petacchi è stato trattato e su come poi è andato a finire. Io, da “giovine scriba” mi sono limitato a trascrivere fedelmente gli autorevoli commenti di autorevoli giornalisti che scrivono su autorevoli giornali e un’idea me la sono fatta. E voi?...
FAMIGLIA ADAMS. Per la rubrica «leggo e rileggo», vi sottopongo un altro argomento degno di nota. E’ un altro esempio di buon giornalismo un po’ strabico. Scrive il 17 gennaio scorso La Gazzetta dello Sport a pagina dieci. Sette righe sette. «Dopo le proteste del sindacato internazionale anche l’Aic protesta con la Wada per la reperibilità dei calciatori per i controlli antidoping fuori competizione. In Italia comunque già il garante ha dato parere favorevole e le norme sono in vigore da tempo». Lo stesso giorno su Il sole 24 Ore, Marco Bellinazzo è molto più preciso. «Alessandro Del Piero, Zlatan Ibrahimovic, Francesco Totti. Ma anche Federica Pellegrini, Filippo Magnini, Valentina Vezzali, il pugile Roberto Cammarelle, il marciatore Alex Schwazer e tutti gli altri medagliati olimpici di Pechino…». …«Dal 1° gennaio 2009, sono in vigore le “Norme sportive Antidoping” approvate dal Coni in applicazione del nuovo codice Wada, l’Agenzia mondiale antidoping». Del ciclismo che da anni aderisce al protocollo Adams nemmeno un accenno. Bellinazzo, nel suo articolo, spiega poi come si è arrivati a questo progetto e precisa: «Oggi l’Agenzia ritiene che la lotta al doping debba essere condotta soprattutto attraverso controlli mirati e fuori dalle competizioni», scrive. «Un atleta che fa parte dell’Rtp (Registrered Testing Pool) sarà tenuto, perciò, a comunicare ogni tre mesi le informazioni per la reperibilità». Il mondo dello sport scopre ciò che il ciclismo conosce da tempo. Lo scopre e lo copre. Sempre
dalle colonne de «Il Sole 24 Ore» veniamo anche a sapere che «il Coni per ora ha deciso di non aderire al sistema Adams». «C’è un’esigenza di tutela della privacy e di buon senso - spiega il direttore dell’Ufficio antidoping del Coni, l’ex schermidore olimpionico Marco Arpino - che non possiamo trascurare». Bene, non trascuriamo nulla, ma a questo punto che la nostra Federazione chieda al Coni di adoperarsi in seno all’Uci per bloccare il sistema Adams fin quando non sarà recepito da tutti gli sport. Lo sport è una grande famiglia? Bene, il ciclismo non è la «famiglia Adams».
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