Editoriale
TOCCATE MARTINI. Seguiamo le fasi calde del mondiale di Varese con quel monumento del ciclismo italiano che prende il nome di Alfredo Martini. Sul motorhome della Nazionale, Alfredo dispensa perle di saggezza. «Gli spagnoli ci corrono contro? Fanno il nostro gioco: ci renderanno ancora più squadra di quello che già siamo». Alfredo chiama sul cellulare Ballerini: «Franco, tranquillo, stiamo andando bene, siamo i più forti». All’arrivo mancano più di cinquanta chilometri, la rumba è da poco incominciata. «Bettini è uno spettacolo: che testa, che gambe, che cuore...». Alfredo si mangia gli azzurri con gli occhi. Parla fitto fitto con il segretario generale della Federciclismo Maria Cristina Gabriotti. Osvaldo Bettoni, l’uomo tuttofare, si coccola il presidente onorario: «Alfredo, vuoi un caffè?...». Martini ringrazia e seguita a prendere appunti e a confrontare i dati che ha meticolosamente registrato sulla sua agenda. «Come va Joaquin Rodriguez: è l’uomo ovunque. E questo Pfannberger? è bbono. Occhio a portarsi via Breschel che l’è veloce. E Grivko? Va forte Grivko. Ma Cunego è uno spettacolo, Rebellin uno spasso e Ballan è un piacere vederlo...». Per dirla con un linguaggio da ultras, Martini gode. Gode a vedere gli azzurri coesi e compatti. Poi Bettini parlotta con Valverde… «O’ bischero, ti ha tirato una bella rete il Paolino. Ne abbiamo tre davanti e ora ce la giochiamo serenamente. Via con Alessandro e se non ci va bene con lui, via con Davide. E se proprio non abbiamo fortuna, vedrete che ci si porta a casa la maglia lo stesso con Damiano. Ci siamo, siamo pimpanti». Parte Ballan. Boato di Varese. «Via così Alessandro, questo è lo scatto di chi sa dove vuole arrivare. Se lo riprendono? Ma con quella forza e il calore della gente, e come pedalare tra le nuvole…». Toccate Martini. Porta bbono.

TOCCATE PAT McQUAID. Non solo ci sono corridori professionisti che vincono i mondiali Under 23, ma ci sono anche corridori professionisti trovati positivi e mai giudicati che vincono la maglia degli Under 23. E’ il caso di Fabio Duarte, che con uno scatto felino ha anticipato di quel tanto che bastava il nostro Simone Ponzi. Duarte è risultato positivo al testosterone alla Clasica de Girardot prima del Giro della Colombia nel luglio dello scorso anno. Duarte si è difeso dicendo che i suoi valori sono naturali, mentre la federazione colombiana ha ribattuto assicurando che si sarebbe pronunciata prima dello scorso mese di luglio, cosa che non è ancora avvenuta. L’Uci - sempre solerte e attenta - ha detto di non essere a conoscenza del «caso Duarte». Il massimo organismo mondiale del ciclismo ha fatto però anche di più e di meglio: l’ha selezionato per guidare la squadra mista al Tour de l’Avenir dopo che Duarte aveva vestito in Europa la maglia della francese Vc La Pomme-Marsiglia con cui ha partecipato fra l’altro al Giro della Valle d’Aosta. «Dobbiamo verificare», ha detto Anne Gripper, responsabile del settore antidoping dell’Uci. «Riapriremo il suo caso», ha detto Mario Zorzoli, responsabile commissione medica a Cyclingnews. Toccate Pat Mc Quaid: sta dormendo.

NON TOCCATE BALLERINI. Volevano impacchettarlo già a Lisbona, prima sfida iridata vinta da Oscar Freire al suo secondo acuto iridato. Bettini secondo per un niente, la nazionale che non fa la nazionale e si comporta come la Spagna di Varese. Lanfranchi che va via e non si sa dove. Bartoli che fa la sua volata. Bettini anche. Dirà al termine di quella sua prima esperienza il giovane CT: «Non ripeterò più un errore simile...». Volevano re-impacchettarlo a Hamilton e se è per questo anche a Madrid. Lo salvò la diplomazia di Alcide Cerato, conosciuto per non essere affatto diplomatico ma in quell’occasione si fece ascoltare. Di Rocco, da poco presidente con al suo fianco il consigliere tecnico Silvio Martinello, ascoltò Cerato e Ballerini (l’unica cosa giusta fatta da Ceruti) rimase al proprio posto. I risultati parlano per lui. E lui lascia che parlino i risultati. E quelli che avrebbero voluto impacchettarlo tacciono, masticano amaro, ripetono appena possono che con certi corridori vincerebbe chiunque. Appunto. Basta e avanza Ballerini. È solo fortuna? È già una dote. Non toccate Ballerini. Anzi no, toccatelo.

TOCCA A LORO. I mondiali di Varese? Un successo. A livello d’immagine crediamo proprio di sì. A livello di conti, un po’ meno. Tre anni di lavoro, tre anni di progetti sogni e ambizioni, tre anni di aspre e dure battaglie politiche, perché i soldi sono arrivati e dovrebbero arrivare anche da lì. Generoso e appassionato come sempre, Giorgio Squinzi, il signor Mapei, che ha aderito fin da subito al progetto Varese 2008 e lo stesso farà per Mendrisio e ora cercherà di dare una mano ad Amedeo Colombo, il presidente di questi Mondiali che ha organizzato qualcosa di unico e forse irripetibile. Stadio, tribune, presentazione da sogno, per l’immagine di un ciclismo che alla propria immagine ci ha sempre tenuto poco. I ragazzi di Franco Ballerini, poi, hanno fatto il resto, correndo una gara esemplare, annichilendo gli avversari. Numeri di alta classe. E dopo i numeri: rigorosamente in rosso. Ci penseranno Colombo e Squinzi, dicono sempre i bene informati. Loro abbozzano, sorridono: hanno passione. Tocca a loro l’ultimo affondo. Per non andare a fondo.

Pier Augusto Stagi
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