Longo Borghini, un tricolore che vale di più

di Giorgia Monguzzi

A Scarperia San Pie­ro picchia un so­le caldissimo e nella zona dietro il palco ci si af­fretta per le ultime fasi delle premiazioni. Elisa Longo Borghini veste un tricolore scintillante, ha appena vinto il titolo di campionessa italiana per la quinta volta, la seconda consecutiva e quella maglia è diventata ormai la divisa di una supereroina. Scovare l’ombra è praticamente impossibile e mentre ospiti ed autorità si affannano per le foto di rito troviamo l’unico punto in cui non siamo d’intralcio e si può evitare lo scioglimento causa alte temperature. Elisa si siede sui gradini che portano al palco, noi siamo ai suoi piedi quasi adoranti davanti a quella che è a tutti gli effetti la regina del ciclismo italiano.
«Per prima cosa vorrei ringraziare i nu­merosi giornalisti qui presenti che sono accorsi in questa sala stampa» dice subito Elisa facendoci scoppiare in una grande risata. La sala stampa non esiste e i giornalisti nemmeno, la corsa è stata snobbata da molti media, ma per fortuna non dal pubblico. Poco distante la folla urla a gran voce il no­me della campionessa italiana e fa partire una serie di applausi e grida di giubilo, l’atleta ossolana saluta tutti con un sorriso provando a nascondere un’emozione che si fa sempre più forte.
Se spesso si dice che con la vittoria i campioni ci facciano l’abitudine, Elisa Longo Borghini è proprio l’esatto op­posto, perché ogni suo successo è co­struito pezzo per pezzo, spesso facendo i conti con la sfortuna.
I 130 km del­la rassegna tricolore da Bagno a Ripoli a Scarperia erano difficili da interpretare, soprattutto i 54 finali pieni zeppi di strappi che prevedevano tre volte il passaggio sotto il traguardo. Al mattino, durante le operazioni preliminari, avevamo provato a girare tra le formazioni più attrezzate alla ricerca di una visione tattica e tutti ci avevano risposto alla stesso modo: non bisogna farsi sorprendere, occorre anticipare gli attacchi, potrebbe vincere chiunque abbia coraggio. Elisa di co­rag­gio ne ha avuto eccome e a circa 26 km dal traguardo ha piazzato un attacco perfettamente orchestrato con le sue compagne di squadra.
«L’attacco è stato assolutamente preparato anche se devo dire che alla partenza avevamo anche un altro piano, c’era l’incognita Elisa Balsamo che era però alla prima corsa dopo l’infortunio:  durante la gara ci siamo parlate e lei mi ha detto che dovevo assolutamente pro­vare ad attaccare. Gaia Realini e Ilaria Sanguineti hanno fatto una lead out galattica e io non ho fatto altro che sparare il mio colpo e provare ad arrivare fino alla fine. Ammetto che non è stato semplice, c’erano diversi tratti controvento, ma sapevo che, se sugli strappetti avessi mantenuto dei watt costanti, non mi avrebbero più ripresa. Ho fatto una specie di seconda cronometro, il vantaggio si è stabilizzato intorno ai 40 secondi e così mi sono tranquillizzata. È stato tutto perfetto» ha spiegato Elisa. In corsa c’erano solo quattro atlete della Lidl Trek ma sembravano uno squadrone sempre presente, capace di avere sotto controllo ogni momento della corsa. Della piccola corazzata faceva parte anche Elisa Balsamo al suo ritorno in strada dopo il terribile incidente nella prima tappa alla Vuelta a Burgos di inizio maggio: la ex campionessa del mondo è arrivata in sesta po­sizione con l’emozione e la consapevolezza di essere tornata in gioco. Subito dopo il traguardo ha cercato “l’altra Elisa”, si sono scambiate uno sguardo di intesa e si sono sciolte in un abbraccio: ce l’avevano fatta.
Abbiamo visto tante volte Elisa Longo Borghini arrivare con le braccia al cie­lo, emozionarsi per la vittoria, ma la sua quinta volta al campionato italiano ha qualcosa di diverso. In tutti i 130 km di gara c’era un pensiero che le ronzava in testa, una voglia di rivalsa, il desiderio di dimostrare a tutti di essere l’atleta leale di sempre. Due giorni pri­ma, infatti, nella prova a cronometro si era vista soffiare il via il titolo da una decisione della giuria che l’aveva de­classata a causa di una ammiraglia  troppo vicina. Al di là della maglia tricolore svanita, al di là della penalizzazione, ad Elisa era rimasto addosso l’alone di aver barato in una competizione, una ferita che minuto dopo minuto la lacerava nel profondo. Alla partenza della gara in linea l’ossolana si era dimostrata sorridente come sempre, ma in gara quel pensiero lancinante l’ha portata fino alla vittoria e ad una vera liberazione. Tra i tanti abbracci e nelle lacrime c’era la consapevolezza di aver dimostrato ancora una volta di essere la più forte di tutte.
«Il giorno della cronometro ero molto triste, ma non per aver perso il titolo italiano quanto per l’idea che qualcuno avrebbe potuto pensare che volevo vincere un campionato nazionale o qualsiasi altra corsa con un sotterfugio. Que­sto non mi appartiene, a me piace vincere e perdere correttamente; ho ac­cettato il verdetto della giuria solo perché credo profondamente nel­la giustizia, ma ci sono ri­masta molto male. - ci ha con­fidato Elisa, ogni sua pa­rola sembrava essere come una li­berazione di cui aveva estremamente bisogno -: am­metto di aver provato an­che un sen­so di vergogna quando alla vigilia della prova su strada ho fatto la sgambata con la divisa del­la mia squadra. Poi mio ma­rito Jacopo (Mosca, ndr) mi ha fat­to comprendere che era tut­to nella mia testa e che dovevo far ca­pire al­le persone che si sbagliavano mentre la mia amica ed ex compagna di squadra Audrey Cor­don Ragot mi ha consigliato di correre con il cuore. Ho fatto una scommessa: se fos­si riuscita a vincere avrei fatto alla moto il segno di stare lontana e così è accaduto. Questa è per me la maglia tricolore del sollievo e della correttezza».
Mamma Guidina, poco distante dal­la sala stampa improvvisata, os­serva emozionata la maglia tricolore, nonostante ne abbia la casa tappezzata: non ci ha mai veramente fatto l’abitudine. Gui­di­na era accanto a noi a seguire le ultime fasi di gara, con gli occhi puntati sul nostro cellulare ad osservare l’incredibile azione di Elisa, tutti erano già fe­stanti mentre lei, scaramantica, aspettava la fine. «Le gare si vincono solo sul traguardo  e spesso non è nemmeno così» ci aveva detto giusto un attimo prima di vedere spuntare la figlia sola sul rettilineo di arrivo e lasciarsi finalmente andare all’esultanza. Poco più indietro c’è pa­pà Ferdinando, abile nell’essere defilato, ma tifosissimo di Elisa: è stata un’occasione unica vederlo ad un cor­sa, come ci ha poi spiegato la stessa campionessa, perché quel giorno doveva essere a casa a fare il fie­no, poi la pioggia che ha colpito l’Os­so­lano gli ha fatto scegliere... un’altra occupazione. Quando la piemontese parla della sua famiglia gli occhi le si illuminano, la dedica del titolo tricolore è tutta per il marito Jacopo e per i genitori, una squadra speciale che dopo la bruciatura della cronometro non le ha mai fatto mancare il suo appoggio. La vittoria del campionato italiano è la quinta di un’annata in cui è già arrivato il sigillo al Gi­ro delle Fiandre e alla Frec­cia del Brabante, ol­tre ad una serie di piazzamenti nelle classiche del nord e nei giri a tappe. La se­conda parte di stagione è iniziata al Tour de Suisse, quattro giorni di gara che sono stati fondamentali nel cammino di avvicinamento ai campionati italiani e agli im­pegni successivi. Nella corsa elvetica Eli­sa aveva conquistato due secondi posti di tappa ed era salita al terzo gradino del podio finale: proprio in quell’occasione ci aveva spiegato di aver ripreso gli allenamenti dopo una settimana di stacco dalla Vuelta focalizzandosi sull’endurance e di aver avuto sensazioni assolutamente positive sia a cronometro che in salita. Dopo la vittoria agli italiani la piemontese è ripartita subito verso il Rifugio Flora Alpina al Passo San Pellegrino dove con Pao­lo Slongo sta rifinendo la preparazione per il Giro e le Olimpiadi.
Alla corsa rosa si presenterà come ha sempre fatto, con la serenità e la sicurezza di essersi allenata nel migliore dei modi: «Sono molto soddisfatta del­la mia stagione e credo di averla ripresa al meglio, mi sono allenata tanto e già in Svizzera ho avuto modo di capire di essere sulla strada giusta. Rispondo bene in salita e ho una buona tenuta: al Giro mi presento con la voglia di fare bene e di dare tutta me stessa. Ancora non so se punterò ad una tappa o alla generale, ma di una cosa sono sicura: darò il 110% e non mi arrenderò tanto facilmente, poi una volta arrivati in Abruzzo penseremo a tutto il resto» ci dice senza sbilanciarsi.
Intanto nei suoi pensieri, come è inevitabile, ci sono già le Olimpiadi. La prova su strada è fissata per il 4 agosto e la neo campionessa italiana sarà alla guida di una squadra azzurra che sicuramente vorrà dare battaglia su un percorso che molto ricorda quello dell’italiano. I chilometri da percorrere sono 158 con partenza ed arrivo a Parigi e con una serie di strappi, tra cui quello di Montmatre, che decideranno la gara; nelle due precedenti edizioni dei Gio­chi per Elisa è sempre arrivato il bronzo, ma ora l’obiettivo è quello di mi­gliorare con un metallo più prezioso. La strada prima della prova in linea di Parigi è lunga e non priva di difficoltà, c’è il Giro, c’è la preparazione da completare, ma soprattutto c’è una cronometro da correre con un solo posto a disposizione. Il nome dell’atleta designata avrebbe dovuto coincidere con quello della vincitrice del campionato italiano ma ora - con l’iniziale vittoria della Longo e la successiva decisione della giuria - tutto si fa più complicato. La palla è passata direttamente nelle mani di Marco Velo che è chiamato al­la fatidica scelta tra Longo Borghini e Guazzini. Quasi facciamo fatica a chiederle cosa rappresenterebbe per lei po­ter essere al via della prova a cronometro, abbiamo paura di riaprirle una ferita che ha appena richiuso con tanta fa­tica. Elisa però ci risponde con un sorriso.
«Ho lavorato molto sulla cronometro e agli italiani credo comunque di aver fat­to una buona prova su un percorso che non mi si addiceva. Tengo tantissimo ai Giochi Olimpici, ma purtroppo la scelta non dipende da me, sarebbe bello essere al via della prova contro il tempo anche per iniziare ad ambientarmi in vista della corsa in linea. Ci spero tanto, ma accetterò qualsiasi verdetto, dopo tutto le Olimpiadi sono sempre le Olimpiadi...».
Intanto a Scarperia tutte le premiazioni sono tutte finite e le autorità poco alla volta si sono defilate verso quello che resta del buffet. La neo campionessa italiana ci sorride con gli occhi carichi di emozione e poi si allontana verso la folla che urla a gran voce il suo nome. Tra il pubblico che l’abbraccia e le fa i complimenti brilla il suo tricolore che è pronto a fare il giro del mon­do. È una maglia magica che questa volta sembra ancora più speciale, è la maglia della rivalsa, della lealtà e della correttezza, è la maglia dell’amore sconfinato per il ciclismo.

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