POLITICA | 30/11/2016 | 07:59 L'altro candidato alla poltrona di presidente del Comitato Regionale FCI della Lombardia è Cordiano Dagnoni. Ex corridore, grande appassionato di ciclismo e componente di una famiglia che da decenni e per decenni ha dato davvero tanto al ciclismo e oggi affermato imprenditore milanese, tutt’ora è vice-presidente vicario di una regione importante e strategica come è da sempre la Lombardia.
Prima volta che si candida: ma chi gliel’ha fatto fare? «Nel ciclismo ci sono nato, la mia famiglia nell'ambiente è conosciuta da prima che io nascessi. Ho sempre respirato aria di bicicletta. Abbiamo avuto una squadra per tanti anni, dai giovanissimi ai dilettanti di prima serie. Abbiamo vinto titoli mondiali e italiani su strada e pista. Per 47 anni abbiamo organizzato la Classica per dilettanti il Giro delle Tre Province. Il mio background professionale conta a parte un trascorso da atleta modesto (in ogni caso ha avuto l'onore di indossare anche la maglia della nazionale e di vincere una maglia tricolore dietro motori nell'82 tra i dilettanti, come allenatore derny 7 titoli italiani, due medaglie europee, una d'argento e una di bronzo, ndr) una buona esperienza dirigenziale. Sono entrato nel CR più di dieci anni fa come tecnico della pista all'epoca del presidente Casati. A seguire sono stato consigliere nel primo mandato di Resnati e con Bernardelli nell'ultimo quadriennio sono stato vicepresidente. Per le note vicende (sospensione di Bernardelli, ndr) mi sono ritrovato a fare il presidente facente funzioni per un anno e questa è stata l'esperienza che mi ha fatto maturare l'idea di candidarmi. Organizzandomi bene ho capito di poter far combaciare il mio lavoro con questo impegno, in più il mio approccio è stato gradito da tutti i collaboratori, queste due cose mi hanno spinto a ritenere che a 52 anni ho raggiunto la maturità per poter dare il mio contributo fattivo al movimento». Su quali punti si incentra il suo programma? «Per prima cosa vorremmo far combaciare l'attività giovanile con quella amatoriale. Mi spiego con un esempio pratico: chi organizza una gara amatoriale ci deve un euro a partecipante, noi potremmo decidere di eliminare questa tassa federale se l'organizzatore si impegna a utilizzare questa cifra per allestire una gara di esordienti o allievi. La stessa strategia è da adottare nel fuoristrada. A me personalmente piacerebbe sviluppare il settore bmx, che ritengo sia il miglior modo per avvicinare alla bicicletta il bambino, facendolo divertire in un ambiente sicuro e con gare brevi e senza stress. Laura Carnevale che gestisce la pista di Vigevano mi ha confermato che non c'è mai stato un bambino che ha provato la bmx e non è tornato. Per quanto riguarda i velodromi vorremmo lavorare per far tornare attivi i centri di Crema e Varese. Infine ci teniamo a togliere i vincoli regionali, ma questo è un argomento molto tecnico».
Come gestire il Vigorelli resta un tema caldo. «In passato abbiamo già assistito a esperienze di ristrutturazione fini a se stesse, la parte più difficile come già detto è la gestione. Serve tanta gente che collabora, il mio obiettivo è mettere attorno al tavolo tutte le componenti e fare in modo che ognuno si assuma le proprie responsabilità per creare un unico gruppo, una struttura che funzioni con compiti semplici e chiari, atti a sviluppare un centro d'eccellenza dello sport con al centro il ciclismo. Dobbiamo iniziare a farlo funzionare oltre che con attività collaterali, anche con varie iniziative, come un centro medico specializzato nello sport, o trasferendo al proprio interno il Museo del Ghisallo... Un mio sogno nel cassetto è ridare a Milano un Palazzo dello Sport all'altezza della sua storia, ho già avviato dei progetti al riguardo».
Cosa pensa del suo rivale? «Apprezzo l'onestà della persona, non ho niente da dire sull'uomo. Perché dovrei vincere questa gara? Perché rispetto a Bernardelli credo di avere, oggi come oggi, qualcosa in più da dire e da fare».
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