STORIA | 29/11/2016 | 07:17 Non sono pochi i sacerdoti, di varie epoche, che hanno avuto – e hanno – uno stretto rapporto con le biciclette e con il ciclismo. E’ un rapporto diretto, passionale, per il ciclismo e la bicicletta praticati davvero, pedalando, faticando, con gioia nei margini di tempo strappati, talvolta “rubati”, al riposo e al poco tempo libero disponibile. E’ chiaro che i doveri legati al proprio stato hanno comunque e sempre la preminente precedenza. La “licenza a due ruote”, per le uscite lunghe (il “lungo”) dicono i corridori, sono da ricavare e costruire fra un impegno e l’altro.
Un esempio, anzi l’esempio indicativo di maggior spessore, è stato quello fornito da Padre Battista Mondin, nato a Monte di Malo, in provincia di Vicenza nel 1926 e scomparso a Parma nel 2015, alla bella età di 88 anni. Apparteneva alla Congregazione dei Missionari Saveriani ed è stato un filosofo e un teologo, dottore di Filosofia e Religione in importanti università internazionali e Decano presso la Pontificia Università Urbaniana di Roma. E’ stato presidente dell’Associazione Italiani Docenti di Filosofia. “La filosofia e la teologia sono state le sue passioni, al pari della bicicletta…. e proprio con la corsa a tappe delle sue opere….”. Il virgolettato non è nostro ma ripreso da esperti della materia. Era chiamato anche “padre Bartali” per la sua stretta amicizia con il grande Gino e per avere percorso con la bici da corsa, nella sua vita, più di cinquecentomila chilometri visitando tutti i principali santuari mariani d’Europa e nel mondo. E’ stato un costante riferimento per i molti amici che aveva soprattutto nell’EnalDace negli anni 1960, diventata poi Udace, che aveva contribuito a sostenere con gli intenti e i presupposti originari.
Resi i dovuti onori a padre Battista Mondin e alla sua affezione per la bicicletta, parliamo ora di un altro, fra i molti, preti che hanno quotidiana frequentazione con le due ruote. Don Federico Gumiero è un corregionale di padre Mondin essendo pure lui veneto, e ha la bicicletta nel DNA tanto che nel benvenuto dei suoi parrocchiani di Conscio, una frazione di Casale sul Sile, in provincia di Treviso, nel settembre del 2014, il saluto d’augurio dei parrocchiani si è incentrato su una metafora presa proprio dalle corse ciclistiche. E in un centro d’elezione della palla ovale non è davvero poco. L’età è poco oltre i quaranta essendo nato a Sandono, frazione di Massanzago, comune padovano al confine con le province di Venezia e Treviso, nel 1974. Terre piatte, senza rilievi altimetrici apprezzabili e le caratteristiche ciclistiche, a detta di amici pedalatori accreditati fra i quali Loris Antonelli e Angelo Morlin (sì, il Morlin factotum di RCS Sport), un po’ per auto-accreditamento invero, di qualifiche di tecnici, sono quelle attribuibili al passista, passista resistente comunque, per don Federico. Del resto, dopo l’ordinazione sacerdotale nel 2000, don Federico ha operato (e sempre pedalato) dapprima come cappellano a Silea, e poi, per oltre un decennio nel Seminario della diocesi di Treviso, nella segreteria del Vescovo, città ad alto, altissimo, tasso ciclistico dove ha trovato un terreno fertile per ambiente e passione a coltivare il suo grande interesse per le due ruote, senza, comunque e sempre, a detrimento dei doveri e degli obblighi che gli derivano dalla sua missione. E per esercitarla, sia a Treviso e poi a Conscio, nella parrocchia dove sorge lo storico santuario della Natività della Beata Vergine Maria risalente alla fine del 1500 e quindi anche nella parrocchia di Frescada, nel vicino comune di Preganziol in tempo più recente, don Federico balza in sella alla bicicletta, con qualsiasi condizione di tempo. Questo non per imitazione di don Camillo, non deve combattere con nessun Peppone, ma per praticità. Li considera un allenamento per le uscite da “corridore”, con la sua bicicletta da corsa, una Pinarello naturalmente e ovviamente, vista la zona.
Il 27 giugno scorso, con otto parrocchiani di Conscio fra i quali una rappresentante del gentil sesso, dopo la benedizione nella chiesa, ha compiuto un “pellegrinaggio giubilare” – in bicicletta (ci pare superfluo specificarlo), con arrivo il 3 luglio, in piazza San Pietro a Roma. Le tappe sono state a Lugo, Santo Stefano-La Verna, Assisi, Narni. E’ agevolmente rilevabile, scorrendo i nomi delle “tappe”, che non c’erano solamente motivazioni di pedale alle tappe scelte.
E’ una persona con tratto amabile, disponibile con tutti, e un sacerdote a pedali don Federico Gumiero che è sempre e comunque interessato anche all’attività ciclistica, in tutte le espressioni dell’articolato movimento. E, pur essendo definito “passista”, soffrendo ma non mollando mai, ha scalato anche le vette delle “montagne sacre”, del ciclismo italiano. Guarda sovente all’insù don Federico, piedi per terra o con gli scarpini agganciati ai pedali e sguardo al cielo.
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