PROFESSIONISTI | 22/09/2016 | 18:45 Peccioli, Coppa Sabatini. Primo, Andrea Pasqualon. Primo, se non ci fosse stato Sonny Colbrelli. Primo, ma dei battuti.
Troppo bello per fare il corridore, avrebbe detto Gino Bartali. Ma del corridore, e lo avrebbe ammesso anche Ginettaccio, Pasqualon ha il cognome antico e aerodinamico. E una bella storia da raccontare. Questa: da dilettante, caricava la bici sull’Ape, scendeva da Enego (uno dei sette comuni dell’Altopiano di Asiago) a Primolano (il paese delle Scale, dove Coppi cadde e si fratturò il bacino), poi si allenava da solo, tre quattro cinque ore per le valli fino alla pianura, infine tornava all’Ape, ricaricava la bici e andava a casa. Certe volte, sublimato dai sentimenti o esaltato dalla fatica, lasciava l’Ape sulla strada e riconquistava la porta di casa in bici.
Ventotto anni, occhi azzurri, capelli ricci, barba da cinema, sorriso da pubblicità, stavolta Pasqualon ha sfiorato, accarezzato, sussurrato alla vittoria: “Ultimo chilometro, alla ruota di Guarnieri, in quinta o sesta posizione. Poi ho dovuto fare due volate: la prima per chiudere un buco ai 400 metri, la seconda per cercare di rimontare Colbrelli partito lungo ai 300 sulla destra. Ma non avevo più energie per rilanciarmi. Adesso mi domando se avrei fatto meglio ad aspettare che a chiudere il buco ci pensasse qualcun altro. Ma certi finali sono misteriosi e affascinanti come una mano di poker: c’è chi bluffa, chi rilancia, chi passa, chi osa, e solo uno che sceglie la carta giusta al momento giusto”.
Stagista nel 2010, professionista dal 2011, un paio di vittorie, molti podi, quattro secondi posti più un giorno con la maglia gialla da leader al Giro dell’Austria nel 2016, Pasqualon è un corridore ancora da scoprire: “E mi sto scoprendo anch’io, giorno dopo giorno, corsa dopo corsa. Passista, passista veloce, velocista, non lo so. Uomo da corse di un giorno, tappe o classiche, non lo so. Sinceramente, non sapevo neanche di tenere su strappi e salitelle e poi giocarmela in volata. Dopo occasioni non concesse, non avute, non sfruttate, adesso mi piacerebbe avere finalmente la possibilità di correre in una grande squadra, anche se devo ringraziare la Roth, che ha creduto in me perfino quando, a volte, non credevo più neppure io”.
Nato sciatore (“Discesa. Mi piacciono più i brividi e la velocità della discesa, che la fatica e la lentezza del fondo”), convertito corridore (“Merito degli zii materni, dilettanti e appassionatissimi”), diplomato ragioniere (“E a volte sono anche troppo ragioniere in corsa, dovrei osare di più, azzardare qualche ‘pirazzata’”), Pasqualon ci riproverà alla Tre Valli Varesine: “Per scoprirmi ancora un po’”. E poi ha due sogni. Il primo, fra pochi giorni: “Disputare il Gran Piemonte con la maglia azzurra della Nazionale italiana”. Il secondo, fra pochi mesi: “Correre il Giro d’Italia. Un sogno a occhi chiusi e anche a occhi aperti. Un sogno così grande che mi riempie il cuore”.
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