
Dopo due vittorie di tappa al Tour de France, Matteo Trentin imprime la sua firma anche al Giro d’Italia e racconta così il suo successo tagliato il traguardo di Pinerolo: «Sono molto felice di questa vittoria costruita con la squadra fin dal mattino. Ci siamo inseriti in due in fuga, un quasi velocista come me e un quasi scalatore come Brambilla. Prima della salita finale Navardauskas ha fatto gran guardia nella fuga e non sono riuscito a fare la differenza così ho proseguito del mio passo mentre Gianluca aveva il compito di controllare Moser, che quando la strada saliva era il più pimpante insieme a lui. Sugli strappi io avevo l’acido lattico che mi usciva dai pochi capelli che mi sono rimasti, ma ho stretto i denti. Ho fatto la discesa a tutta, quando con Modolo sono rientrato sulle ruote di Rovny e Arndt non ho collaborato e quando ho visto che eravamo vicini ai due di testa ci ho provato, sapendo che Gianluca non avrebbe dato cambi a Moreno. Ai 300 mt ho capito che ce l’avrei potuta fare. Che bello!».
Dopo le impressioni a caldo, il vincitore di oggi si è concesso alle domande in occasione della tradizionale conferenza stampa. Ecco le sue esternazioni.
Quando hai capito che potevi vincere? Cosa hai detto a Moser alla fine?
«Moreno non l’ho più visto dopo il finale. Per quanto riguarda la corsa, io ci ho creduto davvero ai -300 metri perché loro non partivano e sono così riuscito a rientrare. Non sono stato con loro nemmeno un metro, ho tirato dritto perché si poteva fare ed è stato un bene riuscire a vedere l’arrivo da lontano, mi ha aiutato molto».
Sull’ultimo strappo avevi sperato di poterli prendere o davvero solo alla fine?
«È stato difficile, perché sembra facile dire adesso scatto e li prendo, ma stiamo parlando di due grandi corridori: Moreno si sta ritrovando finalmente dopo tante grandi vittorie e Gianluca è tutta stagione che va forte. Di sicuro il fatto che Brambilla fosse un mio compagno di squadra è stato vantaggio. Il mio primo obiettivo è stato quello di “sopravvivere” alla salita di Pramartino, sono stato bravo a passarlo senza troppo svantaggio, circa 40 secondi e in discesa ho tirato io e ho chiuso su Ardnt e Rovny. Poi toccava a loro tirare se volevano giocarsi la vittoria, io non dovevo fare niente perché avevo un compagno in fuga che poteva vincere. Così sono stato a ruota, poi sullo strappo in pavé mi sono accorto che non potevano aumentare il passo, o comunque più forte del mio, per chiudere così ho attaccato io e ho scollinato con circa 10 secondi. Ho sentito per radio che hanno detto a Brambilla di non tirare visto che c’ero io subito dietro. Moreno credo si sia un po’ innervosito e penso che non mi abbia nemmeno visto, perché quando sono arrivato io ho tirato dritto e Moser sarà stato piuttosto sorpreso».
Come ti senti per domani?
«Male (ride NDR)! Bisogna cercare di sopravvivere così come dopo domani, è troppo dura per me».
Hai vinto la Parigi Tours e due tappe al Tour de France, sei uno dei nostri corridori migliori per le grandi classiche. Qual è la corsa che sogni di vincere?
«Se parliamo di sogni, di certo dico il Giro delle Fiandre o la Parigi-Roubaix. Quest’anno alla Sanremo sono entrato in tutte le azioni buone nonostante un po’ sfortuna, poi c’è stata la caduta di Gaviria, ma sono riuscito a portare a casa il decimo posto e a “salvare la baracca”. Ma oltre alla Sanremo non sono mai stato nel gruppo che contava e sento che ho ancora tanto da lavorare e crescere per stare con quelli che sono davanti adesso che, esclusi naturalmente Cancellara e Boonen, sono lì da 4-5 anni. Bisogna entrare in questo piccolo club e devo lavorare ancora».
In cosa senti che devi affinarti? Magari vorresti una squadra per te o è solo una mancanza di esperienza?
«Sono tanti aspetti. Quest’anno ho effettuato uno stage in altura 20 giorni prima della Tirreno-Adriatico ed ero sempre li nei momenti clou, ma quando la corsa esplodeva mi mancava qualcosa. Sono stato un buon juniores ma da dilettante mi ci è voluto un po’ per ingranare e da pro è stato ancora più difficile, perché trovi gente con un bagaglio di esperienza che tu non hai, a parte Sagan che ha fatto un “macello” sin da subito. Prendete ad esempio Greg Van Avermaet: ci ha messo un po’ ma ora è sempre li. Credo che avrò bisogno di più lavoro e esperienza, ma ogni anno si aggiunge qualcosa. Tuttavia, la stagione delle classiche è breve hai poco margine di errore. Credo che mi sto avvicinando a una preparazione ideale, ma nel ciclismo di oggi anche se sei al 99,9% puoi non essere sufficiente, perché solo se sei al 100% puoi provare a vincere. Le corse di quest’anno si decidevano anche a 80 km dal traguardo e se la giocavano quelli che rimanevano pronti e davanti, secondo me è anche il bello di questo nuovo ciclismo».
Da Pinerolo, Diego Barbera
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