Devi solo tenere duro. Dormi pure nelle noiose giornate di pianura, in attesa di uno sprint che non arriva mai, e quando poi arriva gli italiani lo perdono (però, con il ritiro pure di Ewan e Demare, voglio vedere come Modolo e Nizzolo riescono a perdere ancora). Sopporta con pazienza e perseveranza le giornate di trasferimento, le salite finte, i tracciati sopravvalutati. Digerisci i troppi vincitori e le troppe maglie rosa di quarta serie. Se dopo tutto questo sei ancora lì, a guardare i ciclisti, puoi starne certo: in una grande corsa, prima o poi, arriva il giorno in cui ti senti di dire okey ragazzo mio, hai visto la tappa più bella del Giro.
Ma sì, lasciamoci prendere dall’entusiasmo. Senza se e senza ma. E siccome all’architetto rosa, Mauro Vegni, non le ho mai mandate a dire (per amore, solo per amore: del Giro, non del Vegni), stavolta voglio proprio levarmi il gusto di abbracciarlo (in senso buono) e di fargli i più smaccati complimenti. Sei passi dolomitici, guarniti da un meteo spettacolare (per questo aspetto specifico, ha un ottimo collaboratore), onorati finalmente da una battaglia cruenta e spietata, non sono altro che un capolavoro. Il capolavoro di Vegni. Lui, troppo tenero e troppo tiepido nelle prime due settimane, lui troppo rispettoso delle lagne di gruppo (vedi tappa della Tirreno annullata per neve, senza neve), lui sempre col braccino nel disegnare tapponi carogna, nel timore (reverenziale) che gli stranieri non vengano. Lui però oggi sul podio più alto, sopra persino a Chaves e a Krui (chi se la sente, se lo scriva da solo). E già che ci siamo. Questa storia dei big – veri e presunti – che snobbano il Giro per puntare tutti al Tour. Vuole il caso che questa storia abbia rotto i santissimi, perché davvero non esiste un buon motivo per una simile vergogna. Prova a vincere il Giro, se hai il fisico, prima di coltivare la velleità del Tour. Dimmi, campione dei miei meloni, meglio vincere un Giro o arrivare quinto al Tour?
In ogni caso, per dirla tutta, sarebbe ora che il Tour facesse un corposo bonifico al Giro, quale fornitore ufficiale di campioni. Se un giorno i Chaves e i Krui qualificheranno il Tour correndolo come nomi di prestigio, si sappia che questo prestigio l’hanno cercato, costruito, trovato proprio qui al Giro. E vogliamo parlare di Andy Schleck? Coraggio, uno sforzo di memoria: dove è sbocciato lo sconosciuto Schleck? Ancora: Quintana, dove è diventato compiutamente Quintana, il fenomeno Quintana?
Dico questo non certo per stupido sciovinismo, ma per restituire qualcosa all’amato Giro. Certo per i fanatici dei nomi noti e della mondanità vip non è il massimo essere il vivaio del Tour, ma personalmente trovo questo ruolo affascinante.
Con questa tappa d’autore, Vegni può ben dire d’aver affiancato al campione celebrato, Nibali, almeno un altro paio di campioni freschi di giornata, scodellati nella grande sala parto del Giro. E non dimenticherei nemmeno Dumoulin, già che ci siamo.
Grazie a tutto questo, bravo Vegni. Per un giorno almeno, dormi sonni tranquilli. Non c’è come spegnere la luce e immergersi in un pensiero stupendo: sì vecchio mio, hai fatto proprio un buon lavoro.
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