STORIA | 07/03/2016 | 11:47 E' una gran bella storia, nel nome del padre, come ogni memoria di sport e massimamente di ciclismo, che si rispetti, la storia che ha evocato l'altra sera Maurizio Sarri, dopo la vittoria del Napoli sul Chievo. Quel suo Napoli, per una sera nuovamente, in quella corsa a tappe hors categorie che è il campionato di calcio, alla pari con la Juve. Avversari duellanti.
E in scia alla memoria di un padre onorato che si chiamava Amerigo, ed era un passista - scalatore discreto, primi anni '50, a Figline Valdarno e su quelle rive del fiume animate da rivalità ciclistiche prima che calcistiche, Maurizio Sarri si è lanciato in un intrigante parallelo ciclo - calcistico, sorvolando i luoghi comuni del tempo e dei modi metropolitani. Da appassionato, ragazzino di paese, lui del '59, del ciclismo migliore.
Dagli anni '70, e guai a chi non li ha vissuti, ragazzi e followers di oggi, del ciclismo, quelli di Eddy Merckx, il campionissimo belga soprannominato 'il Cannibale', e dei suoi avversari al Tour Bernard Thevenet e Luis Ocaña, sino a planare sulla vetrina incandescendente del campionato di calcio corrente, iconizzato nei simboli della Juventus stravincente, alla ricerca di un quinto scudetto consecutivo, e di un Napoli coraggioso ed orgoglioso, niente affatto umile, suo principe antagonista.
Maurizio Sarri è nato il 10 gennaio, giusto come quel francese Thevenet, divisa bianca a scacchi neri della 'Peugeot', passista-scalatore - proprio come ricordava di quel suo papà Amerigo che in maglia 'Olmo' si aggiudicava la Coppa Loro Ciuffenna, sui bordi dell'Arno -, vincitore dei Tour '75 e '77 che avrebbe ratificato il declino del campione belga, trionfatore in 5 Tour prima di allora... E forse proprio in Thevenet, Capricorno come lui, Sarri riscopriva un simbolo inedito, quell'indomito ciclista in lingua francese, quello che a Pra Loup nel luglio '75 aveva gettato dal piedistallo il mitico Merckx...
Ma se Merckx è la Juve, plurivittoriosa, tante 'Sanremo', sette che neppure una mano ci bastava, cinque 'Giri', cinque 'Tour', e vi risparmiano le classiche ed i mondiali ed il record dell'ora, quel Merckx che era come i Beatles, e Buffon Barzagli Chiellini i suoi pretoriani Van Schil (caro perduto amico) Vandenbossche De Schoenmaker, la Juve da trovare alla buon'ora in fallo su un tornante o un corner, il Napoli rassomiglia forse di più, per il suo eroismo letterario, quel cuore oltre l'ostacolo, a Luis Ocaña.
E ce lo descrive, con garbo e passione, Vittorio Adorni, che di Eddy Merckx fu alter-ego e guida saggia, il Virgilio di un Dante all'esordio nel Viaggio. 'Sai, Thevenet era un diesel, il Napoli mi ricorda invece molto più Ocaña, è spagnolo dentro se non sudamericano come era lui, Luis, e di accensioni straordinarie come fu Luis in quel Tour del '73, quello che vinse alla grande, e come era stato prima ancora, nella edizione del '71, quella che lo vedeva in maglia gialla, prima della rovinosa caduta nella discesa del Col du Mente ed il ritiro...'.
Un Napoli, ditelo a Callejon ed a Reina, alla Ocaña, propone con un sorriso Vittorio Adorni, da un ciclismo sempre vivo e da un calcio lontano, 'io abito il calcio della serie D, con il mio Parma, e perciò mi piace Sarri, vedi, perchè è uno che si rimbocca le maniche, è un provinciale senza trucco, la vita va pedalata in salita..'.
E sia allora, questa analogia ciclocalcistica, anche se Ocaña avrebbe avuto la vita breve di un don Chisciotte dal dolore infinito, ed i napoletani invero dubitano degli eroi negativi. Ma a riguardare bene i cieli immensi del ciclismo, 'sto Merckx tanto votato alla Juve poi mica lo era. Lui che il primo Giro, nel 1968, maglia FAEMA, dove eravamo noi, voi e Sarri?, proprio a Napoli lo avrebbe vinto. Domenica 12 giugno. A Napoli, anche se pioveva da Torino.
Gian Paolo Porreca, da ' Il Mattino', 7 marzo 2016
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