LE STORIE DEL FIGIO. De Prà & De Rosso

STORIA | 21/11/2015 | 08:06
Il recente incontro di Pieve di Soligo, all’insegna dello slogan “Uno contro tutti” – protagonista Ivan Basso -, a casa della Euromobil degli appassionati fratelli Lucchetta organizzato da tuttoBICI in collaborazione con La Gazzetta dello Sport, ha radunato alla biblioteca della bella cittadina trevigiana l’abituale pubblico interessato e partecipe. Un pubblico che ha applaudito anche il trentino Gianni Moscon, vincitore dell’Oscar tuttoBICI 2015 e che il prossimo anno sarà professionista con Sky. Sia Basso, in anni più lontani, sia Moscon, al tempo presente, conoscono molto bene l’ambiente dato che entrambi hanno militato nella Zalf Euromobil Désirée Fior dove hanno affinato il mestiere e formato il carattere (e non solo per il ciclismo) prima del salto nel professionismo. Questa è in sostanza una costante della formazione dei fratelli Lucchetta e di Egidio Fior, sempre presente in forze nella circostanza che rappresenta un collegamento fra la stagione che è finita e quella che inizia.

Ogni anno è pure l’occasione d’incontrare, rincontrare o ricordare, in continuazione e sempre con piacere, altri attori, magari non protagonisti ma ottimi interpreti del ciclismo di varie epoche.
In questa chiave di lettura si propone la figura di Tommaso De Prà, nato a Mortara il 16 dicembre 1938, corridore professionista di valido spessore dal 1963 al 1971. Un lomellino per origine che ha gareggiato fra i dilettanti nella Carbi Vigevano e nella Novarese Groppi e trasferitosi quindi in Brianza una volta passato fra i professionisti. Il primo anno, nel 1963, esordisce con la San Pellegrino Sport diretta da Giuseppe Della Torre e Gino Bartali. E’ l’anno della lacerante diatriba per la maglia tricolore fra Marino Fontana della San Pellegrino, riconosciuto dalla Lega Ciclismo Professionistico e Bruno Mealli, della Cynar, riconosciuta invece dall’U.V.I., l’allora Federazione Ciclistica Italiana che raggiunse il culmine al via del Giro d’Italia da Napoli.
L’anno successivo è all’IBAC diretta da Pino Favero poi per tre anni nella “corazzata” Molteni e quindi, dal 1968 al 1971 – termine della carriera -, in un altro squadrone del calibro della Salvarani. Il biondo (allora…) De Prà era chiamato a dare il suo sostanzioso contributo alla squadra e ai vari campioni, di primaria levatura, schierati nelle due storiche formazioni. Era un fondista Tommaso De Prà che, in proprio, nelle non frequenti giornate di libertà, ha saputo cogliere affermazioni di spicco che si compendiano nella Coppa Agostoni del 1965, il successo nella tappa Bayonne-Pau del Tour de France 1966 dove indossò, anche se solo per un giorno, la maglia gialla, l’orgoglio della sua attività in bici. Nel 1967 è primo nella Viterbo-Terni della Tirreno-Adriatico e in una frazione del Giro della Svizzera. E’ due volte azzurro ai mondiali di Heerlen, in Olanda, nel 1967 e ad Imola nel 1968. Il palmarès è completato dal primo posto nella tappa Leida-Barcellona della Vuelta 1970.

Successi non numerosi ma di pregio, indicativi, abbinati con l’orgoglio d’avere corrisposto sempre alle attese che la squadra e i capitani riponevano nel suo, sovente, oscuro ma prezioso lavoro e che l’appassionato, rimpianto, giornalista Gino Sala ha tratteggiato in un bellissimo articolo sul suo quasi conterraneo nel n. 6 di tuttoBICI dell’anno 2004.
E’ sposato con la signora Rosalba di Biassono, centro brianzolo ad alta passione ciclistica, conosciuta quando viveva in Brianza per la sua attività di pedalatore e con la quale, oramai da trentacinque, si è trasferito a Pieve di Soligo per la sua attività professionale nel settore tessile. Si sente con Gianni Motta e ogni anno non mancava di seguire qualche tappa della corsa rosa in compagnia di un entusiasta appassionato di Solighetto, Ettore Floriani, scomparso il 9 novembre scorso, anch’egli una presenza che era abituale nell’annuale appuntamento di Pieve di Soligo.

Da un “razza Piave” d’acquisizione, anche se pienamente integrato nel territorio come Tommaso De Prà, passiamo a un originale “D.O.C.G.  di qualità” del Quartier del Piave come il suo quasi coetaneo, collega e amico Guido De Rosso. Il taciturno corridore veneto è nato a Farra di Soligo il 28 settembre 1940. Era un corridore coriaceo, forte sia sul passo, sia in salita ma penalizzato dalla mancanza di spunto veloce, un “diesel” di grande cilindrata e resistenza. Non sprecava, allora come ora, il fiato con le parole ma lo destina tutto ai fatti. Da dilettante vince nel 1960 il prestigioso Trofeo Piva di Col San Martino, frazione di Farra di Soligo, prova voluta dal dottor Renzo Zennaro, il farmacista di Farra di Soligo che è stato a lungo un appassionato dirigente della FCI veneta fino ad essere poi il vice presidente della FCI nazionale. Sempre da dilettante, con la squadra azzurra, s’impone nella classifica finale della prima edizione del prestigioso Tour de l’Avenir vincendo anche due tappe. Passa professionista nel 1962 con la maglia camoscio-blu della Molteni diretta da Giorgio Albani e vince il Giro di Romandia. L’anno successivo, il 1963, è primo nel Giro del Trentino, allora corsa in linea, in una tappa del Romandia e nel Giro del Ticino, mentre nel 1964 riveste la maglia tricolore di campione italiano su strada al termine delle tre prove in cui era articolato. Ha vinto anche il Matteotti, la Coppa Placci e la Milano-Vignola. Firma una replica nel 1965 con i successi al Trofeo Matteotti e alla Milano-Vignola. Nel 1966 s’impone nel Giro di Campania, a Col S. Martino, il circuito sotto casa, e il Giro d’Abruzzo. Nel 1967 passa alla Vittadello e vince il Giro di Campania.

Gli ultimi due anni di carriera li passa nell’armata Faema di sua maestà Eddy Merckx e altri campioni ma non ottiene successi. Per le sue caratteristiche di fondo e resistenza ha ottenuto piazzamenti di specifico valore nelle corse a tappe, anche nei grandi giri. E’ stato azzurro in tre edizioni dei mondiali, 1963-64-65.

Per il suo carattere oltremodo schivo e riservato Guido De Rosso, una volta terminata – ancor giovane – l’attività, ha sempre seguito il ciclismo da Farra di Soligo, nella sua terra, fra pregiati vigneti di Prosecco distesi sulle dolci colline, rifuggendo sovente anche le rimpatriate e gli “amarcord” dei suoi colleghi, mantenendo comunque il rapporto d’amicizia con Tommaso De Prà, suo collega dapprima e, poi, vicino di casa. Una settimana fa è mancata la moglie, Graziella, alla quale Guido De Rosso ha dedicato tutte le sue cure nell’ultimo periodo. A lui tutte le più affettuose condoglianze.

Il prefisso “De”, presente nei cognomi di De Prà e De Rosso, vogliamo interpretarlo come qualificativo specifico di nobiltà d’animo e di valore ciclistico con attitudine al sacrificio, alla fatica, alla resistenza, componenti ineliminabili della professione di corridore e di tutto quanto a questa si riferisce che i due “razza Piave” hanno bene interpretato nella loro carriera quasi parallela.

Giuseppe Figini
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