IL PASTO IN RWANDA. Il vecchio e il bambino

STORIA | 18/11/2015 | 07:36
HUYE (RWANDA) Peter Woestenberg ha 41 anni e tre mesi, Yusuf Mohamed Elewa ne deve ancora compiere 19. Il più vecchio e il più giovane del Tour of Rwanda.
Peter è olandese di Sint Willebrord, Brabante del nord, la cittadina dov’era nato anche Wim van Est, il primo olandese ad avere indossato la maglia gialla al Tour de France (era il 1951, l’epoca di Bartali, Coppi e Magni). Yusuf è del Cairo.

Peter significa Pietro, Woestenberg potrebbe quasi voler dire la montagna occidentale. Yusuf significa giovane, Mohamed lodato e Elewa molto intelligente.

Peter ha avuto la prima bici a sei anni, la prima corsa l’ha fatta subito, anche se ufficialmente avrebbe potuto correre solo a sette anni, a 14 ha smesso, a 27 ha ricominciato e dalla bici non è più sceso e, come confida lui, “ho provato, ma non ci riesco”. Yusuf ha avuto la prima bici a quattro anni, ed era blu, e la prima bici da corsa a sei anni, e anche questa era blu, la prima corsa l’ha fatta a 10 anni, e l’ha finita, la prima vittoria è arrivata solo due anni fa, in una gara locale.

Peter si è laureato, è ingegnere meccanico, si allena la sera, d’estate sfruttando il sole che non vuole tramontare mai, le altre stagioni con le luci davanti e dietro. Yusuf studia all’università, primo anno di una facoltà simile alla nostra Scienza delle comunicazioni, e si allena tutti i giorni, studi permettendo.

Peter è un giramondo: Giro del Burkina Faso, Giro della Martinica, Giro di Cuba, Giro della Repubblica Dominicana, Giro di Sumatra, di solito si paga l’aereo ma il resto è gratis, corre per la Global Cycling, una specie di Barbarians del ciclismo, una supersquadra amatoriale che ospita corridori di altre formazioni per partecipare a gare dovunque ci sia da pedalare ed esplorare, sudare e imparare. Yusuf è un giracontinente: dal Marocco al Sud Africa, con escursioni in Turchia e Spagna, in mezzo il Giro del Congo, correva a Sharm-el-Sheik il giorno prima che esplodesse l’aereo russo.

Peter dice che per lui “la bici è tutto” e precisa “un piacere, una terapia, la libertà”. Yusuf dice che per lui “la bici è il lavoro” e si affretta ad aggiungere che “è anche un sogno, una passione e il modo migliore per viaggiare”.

Peter racconta che non si è mai dopato, “ho saltato gli anni pericolosi, quelli in cui si spera di diventare professionisti, e poi ero cieco, perché non vedevo, e ignorante, perché non sapevo, ed è stata la mia fortuna. Amo tutto quello che mi viene dal ciclismo. E quando soffro, tengo duro finché arrivo e posso dirmi di avercela fatta”. Yusuf racconta di essere musulmano, e di considerare “la bici come uno strumento di pace”.

Peter ammette che alcuni suoi amici gli dicono “sei un pazzo” e altri gli augurano “divertiti!”. Yusuf giura che il suo forte è il patriottismo, e il suo debole l’esperienza.
Ieri, seconda tappa del Tour of Rwanda, Peter Woestenberg è arrivato 58°, penultimo, a quasi mezz’ora dal primo. Yusuf Mohamad Elewa è arrivato quasi un quarto d’ora dopo Peter, fuori tempo massimo, e oggi non sarà al via.

Marco Pastonesi

PUNTATE PRECEDENTI

13 novembre - Una corsa speciale
14 novembre - La dolce vita di Mini
15 novembre - Mirko, il giudice
16 novembre - Poliumberto, ciclista col diabete
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