CONTADOR. «Lavoro per far crescere il ciclismo»

PROFESSIONISTI | 01/11/2015 | 07:25
Il mese scorso Alberto Contador è tornato a Milano, la città che quest’anno l’ha incoronato re del Giro d’Italia. L'occasione l'ha offerta l’evento rhxdue Fundaciòn Contador, appuntamento amatoriale d’eccellenza in Valtellina e Valle Camonica, e la Rh+ Polartec Fundaciòn Contador, team Under 23 in cui nel 2016 correrà an­che un giovane italiano, Daniele Can­toni.
Non ci siamo voluti perdere la ghiotta occasione per fare due chiacchiere con il campionissimo spagnolo che in carriera ha collezionato ben 9 grandi corse a tappe di tre settimane tra Giro d’Ita­lia, Tour de France e Vuelta a España. Il fuoriclasse di Pinto, come sempre disponibilissimo, nonostante un po’ di febbre, ci ha raccontato dei suoi programmi a breve e lungo termine.

«Ringrazio la Valtellina perché ospita la rhxdue e Rh+ e Polartec per il supporto a questa squadra che ha grandi margini di crescita. Quando partimmo con questa avventura la nostra idea era di formare corridori, oggi abbiamo un buon team di giovani che deve crescere ancora molto ma in futuro sono certo potremo arrivare al massimo livello nel mondo del ciclismo. Scegliamo i corridori tramite un campus, che quest’anno si è tenuto dal 20 settembre a Sara­gozza. Non selezioniamo i ragazzi solo per meriti sportivi ma anche per i loro valori, per come se la cavano con lo studio, per come vivono in gruppo. Ci stiamo aprendo a nuove nazionalità. Vor­remmo arrivare al World Tour, quindi dobbiamo svolgere un percorso che voglio sia professionale al cento per cen­to in tutto. Ci vorrà del tempo, ser­ve il supporto economico di un grande sponsor, io per un altro anno ancora correrò ai massimi livelli poi mi piacerebbe lavorare ancor più con mio fratello Fran per farci trovare pronti».

Quest’anno hai dovuto scalare per ben due volte il Mortirolo…
«In occasione della rhxdue ho potuto godermi molto di più quella salita du­rissima, essendo più rilassato che in gara ho potuto apprezzare ancora una volta il magnifico panorama. Del Giro ricordo perfettamente il momento in cui ho bucato in discesa e ho pensato con sangue freddo che dovevo rientrare nel falsopiano che precede la salita, poi una volta arrivati ai piedi del “mo­stro” dovevo procedere regolare e re­cuperare il più possibile. Aru e Landa, due giovani davvero promettenti, mi hanno fatto penare ma alla fine l’ho spuntata. Di sicuro è una tappa che non dimenticherò mai e credo nemmeno i tifosi».

Come vedi il tuo futuro?
«Finché sarò in sella voglio dare il cen­to per cento sulla bici. Fino all’ultimo giorno del Tour de France ho vissuto ogni minuto per il ciclismo, l’accoppiata Giro-Tour è stata impegnativa. Ho sofferto un po’ a vedere la Vuelta in tv perché mi sono ritrovato spesso a domandarmi: cosa farei se fossi lì? Ma abbiamo visto come chi ha partecipato al Tour ha pagato gli sforzi delle tre settimane. Per il programma 2016 ho un’unica garanzia al momento: mi preparerò al cento per cento per rivincere il Tour. In seconda battuta, vorrei farmi trovare pronto per i giochi olimpici di Rio vi­sto che il percorso è duro. Vorrei far parte della squadra spagnola e giocare le mie chance. Poi? Nel 2017 non do­vrei più difendere i colori della Tinkoff Saxo e di nessun altro team professionistico, a meno che la stagione vada proprio storta per un infortunio... Vo­glio concludere alla grande la mia carriera, se non fosse così tirerei avanti un altro anno. Dopo di ché vorrei dedicarmi a tempo pieno alla Fon­dazione, non mi immagino direttore sportivo, ma con un ruolo di manager e testimonial per farla arrivare il più in alto possibile».

Tu sei un corridore molto istintivo, che però da sempre si affida alla tecnologia…
«Ho una motivazione speciale, lo ripeto: far crescere il ciclismo. Ad alto livello lo si può fare migliorando i piccoli dettagli. La Vuelta, se non fosse stato per l’attacco da lontano di Aru nella penultima tappa, si stava decidendo per pochi secondi, vantaggi minimi quanto preziosi che puoi ricevere dai materiali e dall’aereodinamica dei prodotti che usi. Sono felice che Rh+ e Po­lartec ab­biamo sposato il nostro progetto: rin­grazio in particolare Giovanni Cagnoli, presidente rh+ e Marzio De Martin, ge­neral manager rh+ oltre a Ga­ry Smith, CEO di Polartec».

Non solo bici: la tua Fundacion supporta anche cause importanti come la lotta all’ictus celebrale e Bicis para la vida.

«Nel 2004 sono stato colpito da ictus celebrale e ho rischiato di morire. Quest’episodio ha cambiato la mia vita e il mio modo di vederla: da allora il mio obiettivo è usare la mia popolarità per far conoscere questa malattia, che purtroppo ha una mortalità incredibilmente alta e per la quale la prevenzione è fondamentale. Le persone devono conoscere i sintomi per prevenire il pro­blema prima di esserne colpiti. Ol­tre a questo tema vogliamo diffondere l’uso della bici in quanto salutare, an­che in Paesi in cui non tutti possono permettersene una. Pedalare fa bene, a chiunque e a qualsiasi livello».

Giulia De Maio, da tuttoBICI di ottobre

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