
La storia siamo noi, nessuno si senta offeso, ma questa storia ci ferisce. Un po’ di storia il ciclismo italiano l’ha scritta e la sta scrivendo, malgrado tutto, anche se c’è chi fa finta di non accorgersene. Calendari bizzarri, al limite dell’umano, fatti di quantità a discapito della qualità, ma questo poco importa.
Importante è raccogliere fondi e finanze, fare fatturato e muovere le casse, piuttosto che pensare al movimento. Calendari assassini, che uccidono corse, nel silenzio generale. Prendente solo quello che verrà, tra pochi giorni, senza soffermarci su quanto accaduto, su quanto è già successo in questi mesi. Dal 1° al 5 ottobre i Campionati Europei, con tracciati duri e selettivi, adatti a corridori come Pogacar e Vingegaard tanto per dare un’idea, difatti lo sloveno e il danese saranno là e non dove alcuni organizzatori avrebbero voluto che fossero.
Un campionato europeo nei giorni del Giro dell’Emilia (4 ottobre), della Coppa Agostoni (5 ottobre) e della Tre Valli Varesine (7 ottobre). Corse di valore, che negli ultimi anni sono state rilanciate come si deve, con partecipazione di livello assoluto: niente, vinca il migliore, tra gli organizzatori e gli altri che si arrangino. Non c’è rispetto, ma solo competizione, sovrapposizione e selezione: tumulazione. Amen.
La colpa? Di tutti, dall’Uci che non tiene conto della storia, alla nostra Federciclismo, che fatica a far sentire la propria voce, ma anche della nuova Lega che non è da meno, perché fino a prova contraria gli organizzatori sono suoi associati e certe cose dovrebbero sollevarle in tempo e per tempo, fin che si può.
Niente, siamo arrivati ai calendari massivi, a corse che si accavallano (anche sei/sette in un giorno), ma non siamo a cavallo e, ne siamo certi, la burocrazia che gioca sul proprio tavolo da gioco, saprà trovare i giusti i cavilli per giustificare tutto.
La storia siamo noi, cantava il principe, nessuno si senta escluso. Nessuno.