PREMIO TORRIANI. Baronchelli, Marchesi e Santini: le stelle

PROFESSIONISTI | 04/10/2015 | 00:29
Il sottofondo di pianoforte è l’accompagnamento di una suggestione, quella che fa rivivere le immagini del patron, Vincenzo Torriani. Sguardo fiero, gesti decisi, indicazioni chiare e mai un’esitazione. “Un carisma pazzesco”, sintetizza il vicedirettore de La Gazzetta, Pier Bergonzi, presentatore della serata. Il 18esimo Premio internazionale Vincenzo Torriani ha il nome, certo, ma anche il volto e la personalità dell’uomo che dal 1946 al 1992 del Giro d’Italia ne è stato l’organizzatore. «Un personaggio mitologico, poteva far qualsiasi cosa»,  continua Bergonzi. Sullo schermo passano le immagini di Torriani, sigaretta in bocca e una carovana da gestire, una corsa spesso anche da inventare. 


Bergamo ha voluto celebrare così la figura dell’uomo forte del Giro, mentre appena fuori dal Centro congressi Giovanni XXIII è tutto un viavai di preparativi, alla vigilia della partenza del 109mo Giro di Lombardia. Dalla città dei Mille a Como, sulle strade guarda un po’ proprio di Torriani. In platea ci sono i figli Gianni, Marco e Milly, ma c’è anche una buona fetta del ciclismo degli anni che il tempo non ha ingiallito, ma consegnato all’immortalità. Su tutti quel Felice Gimondi che martedì ha scalato il 73esimo compleanno. Ma anche Carmine Castellano e Mauro Vegni, Stefano Allocchio e Carla De Martino. Passano le immagini del “Divino”, Bruno Raschi, compositore di alcuni tra i più alti pezzi del ciclismo sulla Gazzetta. Muove le dita sulla tastiera anche il maestro Marco Rossi, ma la sua arte non sfocia in elzeviri su carta rosa. Il pianoforte evoca “Bellezza in bicicletta” di Giovanni D’Anzi, “Bartali” di Paolo Conte, poco dopo Dino Zandegù canta per Fabio Aru “sultano a Madrid”, prima di dirsi convinto che «a Torriani credo di essere stato simpatico».

Di tutto un po’, nella serata del Premio Torriani. Ma con il ciclismo protagonista. Passano Franca e Alessandro Cannavò, il “Signor Gavia”, Tarcisio Persegona. Ma anche Adelina Belloni, figlia del Tano che conquistò il Lombardia giusto un secolo fa, poi Sergio Meda, Mauro Colombo, Giuseppe Figini e tanti altri nomi che al pedale gli danno del tu. 
Non c’è don Antonio Mazzi, a cui era destinato il premio Cuore d’argento, fermato da qualche guaio fisico. Il riconoscimento lo ritira però il nipote, che per spiegare la valenza educativa della bicicletta per don Antonio prende in prestito proprio le sue parole: “A tanti ragazzi che in comunità vengono recuperati, dice sempre che quando sali su una bici con la testa rotta e il fondoschiena a posto, poi ci scenda con la testa a posto e il fondoschiena rotto”.

Di aforismi ne dispensa anche Gualtiero Marchesi, uno dei tre vincitori del Premio. Il cuoco dei cuochi, l’antichef, parte dalle su vittorie giovanili in bicicletta per pedalare verso le ricette più apprezzate al mondo. Del resto, una vita legata al ciclismo, ce l’ha avuta anche Pietro Santini, a sua volta destinatario del “Torriani”: 50 anni di lavoro di sartoria, iniziato per caso in un periodo di malattia, che l’ha portato a regalare il suo Maglificio alla storia di questo sport. Un po’ quel che è successo al Tista Baronchelli, il primo a salire sul palco delle premiazioni nel trittico di serata. Due Giri di Lombardia, 6 Giri dell’Appennino consecutivi, per un totale di 90 vittorie in carriera e due Giri d’Italia chiusi in seconda posizione. Quello del 1974, tra l’altro, a soli 12” dall’inarrivabile Eddy Merckx.


Stefano Arosio
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