MORI. «Dopo il Giro, c'è un sogno tricolore da esaudire»

PROFESSIONISTI | 06/06/2015 | 10:38
Cosa si fa al termine di una grande corsa a tappe? Ci si gode la famiglia, un po’ di meritato riposo e poi si riprende a pedalare. Che altro se no? A raccontarcelo è un corridore esperto come Manuele Mori, pedina importante della Lampre Merida, che ha fatto faville nella recente corsa rosa tra chilometri in fuga e un'esultanza indimenticabile per la vittoria dell'amico Ulissi.

Dove sei Manuele? 


«A casa, in Toscana, con Elisa e la nostra piccola Aurora, 3 mesi di amore e gioia. Tornato a casa dal Giro ho trascorso due giorni senza voler nemmeno vedere la bici, dopo di ché sono ripartito con calma insieme a Diego (Ulissi appunto, ndr), ci siamo fatti qualche "giratina", ieri due ore, oggi in programma una piccola distanza. È giusto che il fisico si riprenda pian pianino, soprattutto per chi come me non ha più l’età per sopportare questi ritmi (ride, ndr)». 


Resterà agli archivi la tua esultanza per la vittoria di Diego a Fiuggi. 

«Ci tenevo quasi più io di lui. Non pensavo mi avrebbero inquadrato, ho sentito dagli altoparlanti che aveva vinto e non ci credevo. Non sono riuscito a trattenere l’entusiasmo, ho vissuto con lui gioie e dolori, questo successo è stato liberatorio, ci voleva proprio. So i sacrifici che ha affrontato nei mesi passati, allenarsi senza sapere quando si può rientrare è difficile. Dopo 12 anni di professionismo, so che noi corridori scalpitiamo se non corriamo un mese, vedere lui tener duro per 9 è stata una dimostrazione di determinazione. Siamo andati ad allenarci in altura a luglio, in ritiro a gennaio a Gran Canarina, ancora prima di sapere l’esito della squalifica si è sempre allenato come un vero professionista».

Ti aspettavi avrebbe vinto così presto? 

«Non è facile rientrare dopo uno stop così lungo, ogni sera gli dicevo di avere pazienza e di non farsi troppe illusioni perché senza ritmo gara non si può pretendere di lottare con i migliori anche se sei un campione».

Dove ti vedremo a breve? 

«Il mio programma segue quello di Diego: riattaccheremo il numero sulla schiena al Giro di Slovenia, poi punteremo al Campionato Italiano e infine decideremo se presentarci al via della Vuelta oppure no. Per quanto mi riguarda ricerco un buon risultato personale, un podio o una vittoria che mi sfugge sempre. Con Diego cercheremo il colpo pieno in una tappa al Polonia o alla Vuelta. Che dire del Campionato Italiano? Ci pensiamo da tempo perché è disegnato su un percorso che si addice a Diego, gli piace, un anno ha fatto secondo e un altro anno primo alla Milano-Torino, ma c’è da tenere a mente che il 27 giugno al via ci saranno squadre superiori a noi in salita». 

Spiegati. 

«Noi, è vero, siamo andati fortissimo al Giro ma in squadra avevamo tanti stranieri e obiettivamente il blocco italiano è più forte nelle volate. Diego sul Superga dovrà vedersela contro l’Astana al gran completo e altre squadre che nel finale saranno senz’altro in superiorità numerica. Lui inoltre ha avuto un inizio di stagione molto faticoso, rientrando alle Ardenne e portando a termine un Giro davvero duro, speriamo arrivi al 100% all’appuntamento tricolore. Per vincere anche la maglia di Campione d’Italia deve fare un altro numero». 

Se Diego vince il tricolore cosa fai? 

«Lo abbraccio, come tutte le altre volte. La vittoria al Giro ha avuto un valore speciale, è stata una vittoria liberatoria, una rinascita».

Giulia De Maio

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