VIVIANI. «L'ho inseguita tanto, la dedico a Farronato»

PROFESSIONISTI | 10/05/2015 | 17:14
Elia Viviani ha tagliato il traguardo con un urlo di gioia e un dito lanciato verso il cielo: «Una vittoria che ho inseguito a lungo, lo sapete bene, e la voglio dedicare a Franco Farronato, il mio meccanico scomparso qualche settimana fa, l'uomo che mi ha insegnato i segreti della bici e a prendermi cura del mio mezzo. Già alla Tirreno-Adriatico volevo dedicargli la vittoria, poi la caduta ha rovinato tutti i miei piani. Ce l'ho fatta qui al Giro ed è il regalo migliore che posso fare a Franco, visto che mi spingeva a dare sempre il massimo».

Poi, dopo aver indossato la prima maglia rossa di questo Giro, Elia aggiunge: «Ieri la cronosquadre non è andata benissimo per noi della Sky e oggi ho approfittato del lavoro dei miei compagni di squadra il cui primo obiettivo era quello di tenere davanti Richie Porte. Siamo stati bravi a fare il nostro lavoro e alla fine in volata mi sono arrangiato prendendo la ruota di Hofland e saltandolo negli ultimi metri. Voi tutti sapete bene da quanto inseguivo questa vittoria, avete seguito i miei anni di crescita prima alla Liquigas e poi alla Cannondale, questa vittoria corona tutti i sacrifici che ho fatto in questi anni».

E sul futuro del Giro: «La squadra è stata chiara, sapevo di venire al Giro per lavorare per Richie e per il suo sogno rosa. Poi avrò il via libera in alcune giornate e cercherò di giocare ancora le mie carte».

Infine una curiosità: stamane il velocista veronese ha twittato gli auguri alla mamma: «Oggi tutti vogliamo portare i fiori alla nostra mamma». Elia ci è riuscito per la gioia di mamma Elena e della scatenata nonna Gina, presenti al via di questa tappa da sogno.

Siamo appena stati alla conferenza stampa e possiamo aggiungere altre dichiarazioni che Elia ha rilasciato alla stampa. C'è anche il file audio che potete trovare in fondo all'articolo, se volete ascoltarlo dalla viva voce.

Ci sono pochi corridori che come te abbinano un grande impegno sia in pista sia in strada.

«Sono sempre riuscito a farlo negli ultimi anni, anche se mi mancava la vittoria di valore. Questo successo è il più bello da quando sono professionista, ci ho speso più tempo di tutte le altre per arrivarci ma ci ho sempre creduto, non ho mai mollato. Ho sempre sostenuto che si possa fare pista e strada nel migliore dei modi. Lo ho dimostrato quest’anno con le medaglie di inizio stagione. Mi dispiace molto aver mancato la maglia iridata per un niente, ma non mi scoraggio e ci riproverò, così come ho fatto anche per la tappa al Giro».

Diventerai un uomo da Classiche?

«Voglio diventarlo. Ho dimostrato che posso vincere le tappe al Giro e spesso non ci sono riuscito solo per pochissimo, come è capitato anche alle Olimpiadi. Con il successo di oggi ho raggiunto un grande obiettivo del 2015 dato che non farò Tour e Vuelta. Per le Classiche sono dispiaciuto di non essere arrivato alla Sanremo come volevo perché la caduta alla Tirreno ha rovinato i miei piani, peraltro Sky aveva Swift come leader dopo l’ottimo posto dell’anno scorso, quando arrivò terzo. Qui al team ognuno ha obiettivi e ruoli ben chiari e puliti che vengono dichiarati a inizio anno. Swift era il designato e a me stava bene, ma se fossi uscito bene alla Tirreno avrei potuto dire la mia. La Gand Wevelgem potrebbe essere buono per me e il Fiandre, chissà, in futuro. Per vincere le Classiche devo migliorare in salita e non farmi staccare sugli strappi».


Sky che cosa ti ha dato di più?

«Alla Liquigas Cannondale avevo trovato un terreno ideale per crescere gradualmente anno dopo anno, un po’ per volta con obiettivi sempre più importanti. L’ambiente è magnifico. Ho aiutato Sagan al Giro e al Tour completando uno step ulteriore nella mia carriera. Poi ho fatto la stagione della pista molto bene in inverno e così ho iniziato molto competitivo con Sky anche se ho vinto poco anche a causa di qualche errore. Però ho battuto Cavendish a Dubai e ho conquistato medaglie ai Mondiali su pista. Purtroppo sono arrivate le due cadute che mi hanno un po’ penalizzato. Abbiamo preferito ricostruire la condizione senza cercare la vittoria a tutti i costi. Al Romandia mi sono preparato al meglio sapendo che mi serviva una settimana con tanta fatica. Ho dovuto recuperare tutta la settimana dalla grande stanchezza, però questi sono i frutti. Insomma, Sky mi ha insegnato a selezionare per bene gli obiettivi, preparandoli con precisione, abbiamo aggiunto qualche lavoro specifico per le volate, senza tralasciare la resistenza in salita».

Quale caduta ti lasciato più segni nel fisico e nel morale?

«Quella della Tirreno è quella che mi ha lasciato più conseguenze, ma la seconda è stata quella che mi ha spaventato di più, pensavo di essermi rotto per la prima volta. Dopo essere caduto alla Tirreno ho proseguito per cercare di creare una buona base per le Classiche, invece la situazione è peggiorata e ho avuto un problema all’adduttore e ho rischiato di avere una pubalgia. Fino alla scorsa settimana ho avuto problemi».

Hai avuto problemi a ributtarti in volata con coraggio?

«Come ho sempre fatto, ho azzerato la paura e lo spavento, per potermi ributtare in volata. Non ho paura a gettarmi negli sprint».

Riguardo alla dedica a Farronato, ti fidi dei meccanici o preferisci fare da te?

«Sono stato più nella sua officina che con i miei amici a giocare a pallone, da ragazzino. Ancora oggi molte volte mi arrangio da solo a sistemare la bici, perché so dove mettere le mani, ma non controllo cosa fanno i meccanici senza fidarmi, preferisco farlo insieme a loro e creare un bel feeling con lo staff per sistemare la bici, dall’altezza della sella alla scelta delle ruote».

Vittoria frutto anche scelta del rapporto, magari scelto dopo i vari passaggi?

«Il rapporto lo sceglie la gamba, non so nemmeno quale avevo, forse il 12 dietro, perché lo aggiustavo man mano, se volevo spingere di più tiravo giù un dente. Sapevo che dovevo stare al coperto e aspettare per saltare di ruota in ruota. Quando sono passati Greipel con Hofland fortissimi mi sono un po’ spaventato, ma non ho provato a scalzare Hofland, mi sono accodato perché sapevo fosse una buona ruota dopo aver visto il suo successo nello Yorkshire, poi l’ho rimontato anche se non è stato facile».

Mamma e nonna erano presenti al traguardo, programmata la vittoria per la dedica?

«Non sono scaramantico, ma non programmo mai niente prima, soprattutto in un tappa del Giro d’Italia. Di sicuro era una motivazione in più (come ho scritto anche sui social) avere i miei famigliari e quelli della mia ragazza. Il pensiero che loro fossero dopo il traguardo ad aspettarmi e a tifarmi mi ha aiutato molto».

Oggi ha vinto il più scaltro e non il più forte?

«Oggi ci volevano le gambe per fare una volata così, ma la pista mi ha insegnato a essere più freddo, rischiando di perdere per vincere. Greipel ha fatto una grande volata, ma io e Hofland siamo stati più scaltri, scegliendo e saltando le ruote giuste».

Ti senti di lanciare un messaggio per il movimento su pista italiano?

«Sono le squadre che gestiscono i ragazzini che devono dare l’esempio perché non sono i piccoli ciclisti che decidono e fanno quel che vogliono, ma gli allenatori e devono continuare a lavorare per trasformarli in corridori completi. Perché il corridore che passa pro è quello completo e di valore. Io ho dimostrato che si può correre sia in pista sia in strada anche se non sei un fenomeno, perché i fenomeni sono altri, come Sagan. Quest’anno mi è capitato di allenarmi in pista con ragazzini che avevano prenotato la pista, per dare il buon esempio, ma sono le squadre che devono perseverare in questa direzione».

Ci pensi a Richmond?

«Certo, con Cassani abbiamo studiato il percorso nel ritiro pre-Tirreno. È l’obiettivo più importante della seconda parte del mio anno, non farò Vuelta, ma Polonia e Eneco Tour, ma vedremo come fare per prepararmi al meglio ed essere selezionato».

Diego Barbera

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