IL RITO CHE NON C'È PIÙ

TUTTOBICI | 27/04/2015 | 07:47
Si è accorto qualcuno che molti giornali ospitavano sì, il 22 marzo scorso, il pezzo di presentazione della Mi­lano-Sanremo, il cosiddetto articolo della vigilia (improprio anche se così si dice sempre: in realtà è l’articolo che appare il giorno della cor­sa), ma che la firma, ormai ap­posta quasi sempre in testa all’articolo, del giornalista addetto ai la­vori era accompagnata dalla scritta “Milano” e non anche dalla dizione “dal nostro inviato”?

Per chi sa le cose interne dei giornali, la spiegazione è semplice: il giornalista ha visto datato sì il suo pezzo da Milano, località di partenza. Ma non è andato sul posto, anzi se non milanese non è andato manco a Milano. Già tanto che il giorno della gara sia andato a San­remo, così potendo datare, in re­gola anche sindacalmente, il suo pez­zo dalla località ligure insieme con la scritta “dal nostro inviato”, persino “dal nostro inviato speciale”. Altri addirittura rimangono in sede, in redazione, e “fanno” la cor­sa davanti al televisore: il loro pezzo sarà soltanto datato San­re­mo, senza altra specificazione. Tan­to la gente mica capisce. E c’è persino l’alibi: cosa si va a fare a Sanremo, il viaggio costa, l’auto che una volta il giornale teneva quasi esclusivamente per le corse ciclistiche non c’è più, i servizi au­tomobilistici ormai sono tutti dati dai giornali in appalto, e poi me­glio della televisione non c’è niente, e quanto alle interviste del do­pocorsa le senti appunto in video, e se pure li potessi intervistare tu sul posto, quei puzzapiedi dei corridori mica avrebbero cose speciali, diverse da dirti.

Ma non è questo il nocciolo sentimentale e magari un po’ etico di questo mio intervento. Il nocciolo è la punzonatura. Prima però devo ricordare che, in occasione proprio di una Milano-Sanremo, la te­levisione intervenne con una grossa innovazione, forse era addirittura la diretta in gara, e io scrissi un ne­retto sulla prima pagina del quo­tidiano sportivo torinese, col titolo “Mamma tivù dacci di più” (credo addirittura che quell’espressione “mamma tivù”, poi usa­ta da tanti, possa essere un mio co­pyright). Il grande collega buonanima Mario Fossati mi rimproverò: “Bisogna ignorare la televisione, sennò ci uccide tutti e uccide tutto il ciclismo”. Più o meno quello che uno storico caporedattore di un gran­de quotidiano politico aveva detto dei primi quiz mi­ke­bongiorneschi in televisione: “Igno­ria­moli sul giornale, così il fenomeno muore automaticamente”. Cercai di dire a Mario che tan­to non c’era niente da fare contro il “progresso” (virgolettato quanto si vuole), e allora tanto valeva che la televisione ci surrogasse del tut­to. Fatto, e non siamo che agli inizi di una rivoluzione tecnoepocale.

Voglio però dire, fuori da ogni considerazione passatista o modernista, da ogni valutazione del lavoro dei miei colleghi assai più giovani del pensionato che io sono, da ogni presenza o meno della dizione “dal nostro inviato”, che a me manca soprattutto la punzonatura, l’articolo della vigilia nato sul po­sto della punzonatura. Per la verità non so neppure se la punzonatura classica abbia ancora luogo, e non voglio saperlo. So che da po’ di tempo il posto della punzonatura veniva chiamato villaggio di partenza, intitolato agli sponsor. Esclu­do che possa esistere ancora l’aura magica e intanto bonaria di un tempo, il senso di vigilia di un qualcosa di speciale, il senso di una nostra militanza giornalistica sancito appunto dalla presenza. I corridori arrivavano sulle ammiraglie, da ogni ammiraglia ne uscivano dieci come da un’auto nei film di Ridolini, passavano dove noi giornalisti facevamo piccola siepe umana e amica, rilasciavano le loro dichiarazioni sempre eguali, frasi banali che però suonavano come poesie di famiglia, di quelle che si im­parano sin da bambini e si recitano nelle belle occasioni.

C’era uno speaker che diceva una battuta (preparata) per ogni cor­ridore almeno un pochino famoso, mentre l’atleta firmava il grande foglio di partenza, destinato a di­ventare cimelio. Una volta, anno 1967, un corridore balzano, bravo in volata, di grossa simpatica notorietà, Dino Zandegù, mi disse: “Do­mani vinco io, scrivilo pure”. Ri­deva ma lo presi sul serio, e Tuttosport uscì in prima pagina col titolo: “Oggi Zandegù / vince il Giro delle Fiandre”. Era appunto la punzonatura  di una corsa im­portantissima, di quelle che adesso vengono chiamate corse-monumento. Vinse Zandegù e io passai per veggente.

Ai giovani - che allora ascoltavano - lì al raduno della vigilia spiegavamo magari che il termine punzonatura sopravviveva da quando le prime biciclette erano appunto punzonate, con l’apposizione di un piombino, una sorta di sigillo che non si poteva togliere, acciocché non fossero cambiate in gara, operazione allora vietatissima. I giovani si interessavano o facevano finta di interessarsi alla spiegazione. Il termine era rimasto, è rimasto anche se non vuole dire più nul­la, pressappoco come adesso onestà, poesia, fatica, persino amore, forse anche giovani.
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COMMENTI
giusto
27 aprile 2015 09:35 geo
I giornalisti devono fare il giornale facendo appieno il loro lavoro, ma anche la televisione devo fare il suo lavoro: intendo dire che sono stufo di ore di gara in tv dove non succede niente, con degli Sgarbozza o Severini che potrebbero dedicarsi alla coltivazione delle lenticchie che nessuno sentirebbe la loro mancanza: desidero una televisione che vada dentro i bus degli atleti, dai meccanici, dai massaggiatori, nelle ammiraglie, non come fatto episodico (tanto per dire "l'abbiamo fatto"), ma come maggiore spiegazione di quello che succederà in gara. Una televisione che non si dedichi ai buffoni a margine della strada a cui della gara non importa nulla ma che desiderano mettersi in mostra con vestiti strani o messe in scena improprie (bene fa il tour de France che fa di tutto per inquadrarli e commentarli). Una televisione più sportivamente piccante, insidiosa nei suoi servizi. Con una televisione così anche i giornali avrebbero uno spazio più consono e proprio dove svolgere il loro lavoro che sarebbe maggiormente valorizzato.

giornalisti???
27 aprile 2015 13:55 viga
MA SAPETE CHE NELL'AMBIENTE BAZZICANO PSEUDO GIORNALISTI CHE HANNO SOLO DIPLOMA E POI COSA PRETENDIAMO .....PROVATE AD INFORMARVI ANZI LEGGETE CERTI ARTICOLI E VI ACCORGETE....

marchette
27 aprile 2015 18:20 nikko
ma il Sig. Sgarbozza quanto prende per promuovere le gare paesane, tra l'altro già disputate ? io pago il canone e penso che dovrei avere pari opportunità...
un'altro appunto: ma i telecronisti sanno che stanno commentando immagini?

Telecronisti
27 aprile 2015 18:53 Alfonso
Francamente rimpiango De Zan, colto, preparatissimo nulla a che vedere con Pancani che si sente un padreterno e assieme a Martinello è di una noia mortale. Guardatevi le telecronache del Fiandre di Bartoli ma anche la Sanremo persa da Argentin per mano di Kelly : quella è passione vera.

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