Ivano Fanini risponde con vigore a Francesco Moser
| 31/08/2006 | 00:00 Inseguito alle dichiarazioni fatte da Francesco Moser in merito alla «liberalizzazione nel mondo professionistico», ospitiamo volentieri il pensiero di Ivano Fanini, che per ragioni di puro rispetto, in alcuni punti siamo stati costretti a censurare. A tale proposito ricordiamo a quanti partecipano al libero dibattito di tuttoBICI, che ognuno è giusto che esprima il proprio pensiero, senza cadere nell'offesa.
Dopo aver ribattuto direttamente al TG 2 Sport sulla proposta dell’ex campione Francesco Moser di liberalizzare il doping, il patron di Amore & Vita – McDonald’s, Ivano Fanini, continua ad esprimere tutto il suo disappunto per un affermazione che anche se voleva essere soltanto una sorta di gioco o provocazione, ha lasciato indignati numerosi sportivi.
“Non si può tacere di fronte ad una dichiarazione così” - esclama il vulcanico presidente - “anche soltanto scherzare su un argomento delicato come il doping è semplicemente inaccettabile.
Liberalizzare il doping? Una idea vecchia e bocciata più volte in passato dai massimi esponenti dello sport mondiale (Cio). Un progetto – se di progetto si tratta – che ha del vergognoso. Non stupisce più di tanto che sia addirittura un ex corridore come Francesco Moser a parlarne e a portalo avanti. Lui, come rappresentante dei corridori (ma dove era quando si votava il codice etico suicida per il Pro Tour ?) sa bene di cosa parla quando parla di doping. E il suo illustre passato con frequentazioni quanto meno discutibili...(omissis).
...Una provocazione la sua? Non credo, anche perché sbilanciarsi così davanti alle telecamere della tv di stato non è certo una semplice provocazione. E’ prima di tutto una proposta diseducativa, che vanifica tutto quanto si fa per lottare contro questo dilagante fenomeno, ormai arrivato ai ragazzini di 14 anni.
E’ di pochi giorni fa la positività ad anabolizzanti di un giovane junior.
E l’esempio di Moser rappresenta una vera e propria incitazione a delinquere, un reato; e non dimentichiamo che anche il doping in Italia è un reato penale.
Moser dovrebbe riflettere sempre cento volte quando apre bocca e assicurarsi...(omissis). ...Il cattivo esempio (i giovani guardano sempre a quelli che ritengono i “campioni” e li imitano in tutto, prima di tutto nell’uso della farmacia) che ha dato in tv è evidentissimo. E’ questa la lotta per avere una buona immagine nel mondo delle due ruote che un famoso rappresentante del ciclismo sta conducendo? Cosa vuole Moser, trasformare quello che già è un sorta di circo governato dalla farmacia in un autentico rolleball dove vince e si afferma chi “risponde” meglio ai farmaci? C’è da restare allibiti: oltretutto, si tratta di una proposta irrealizzabile, perché liberalizzare in alto vorrebbe dire centuplicare i controlli in basso (i piccoli atleti seguono in tutto l’esempio dei “pro”…) cioè impegnare risorse economiche che nessuna nazione può permettersi. Il risultato sarebbe non di circoscrivere il fenomeno alla fascia pro, ma di allargarlo, rendendolo praticamente lecito anche nelle fasce più giovani... (omissis).
... Se la lotta al doping non ha raggiunto gli obbiettivi prefissati si può dire che lo si deve anche a “dirigenti” come Moser. Invece di dimettersi per aver fallito di fronte ad un fenomeno che ormai interessa la salute pubblica per le sue dimensioni, propone la liberalizzazione. L’unico risultato prevedibile è che si fregheranno le mai le aziende produttrici di farmaci.
Così il ciclismo sta finendo sempre più nel ‘baratro’. Certi atleti, e non soltanto quelli che ruotano intorno al movimento Pro Tour, sono irrecuperabili e costretti a fare continuo uso di doping. Per questo ha agito in questa direzione.
Oggi però non siamo più negli anni 80, tutto si è evoluto e questi nuovi farmaci, molti dei quali sperimentali e che non si trovano ai controlli, sono a disposizione dei più potenti e organizzati che non guardano in faccia nessuno.
Non si curano della salute visto che l’assunzione di questi farmaci oltre a provocare chi sa quali malattie in futuro, possono essere addirittura mortali, guardano solo il rendimento, le vittorie che devono essere sempre di più per andare di pari passo ai loro interessi ed al business che ormai nello sport fa da padrone.
Chi si adegua a questa ‘legge’ va avanti, chi non lo fa invece, fatica a ‘sopravvivere’.
E’ questa la situazione che Francesco Moser (che conosce bene la realtà) vuole portare avanti? Tutto però si può fermare e senza questa assurda idea di liberalizzare il doping. Saronni dice che il 3% degli atleti fa uso di doping, ma anche questa percentuale non è corretta. Lui sa benissimo che la percentuale si avvicina al 70%.
Penso sarebbe più corretto dire che il 3% sia solo la percentuale che purtroppo viene trovata ogni tanto dai controlli anti doping. Il restante 30% forse vorrebbe correre pulito, però, senza doping non si fanno i risultati, senza risultati non trovano squadre e sempre senza risultati le squadre non trovano gli sponsor e quindi il cerchio si chiude.
Questo è triste, ma corrisponde alla realtà e chi sostiene il contrario sa benissimo di mentire. Purtroppo dobbiamo ammettere che non era necessario l’intervento di Moser, perché il doping, così come viene fatto oggi, - prosegue Fanini - è come se fosse già liberalizzato. Quindi se non si cambia davvero, se non si trova il modo per trovare una soluzione drastica e concreta sarà impossibile per tutti andare avanti perché così non ci sono più valori. Rischierò di essere ripetitivo ma per sconfiggere il doping dobbiamo semplicemente applicare grosse squalifiche che vadano in certi casi addirittura a radiare sia l’atleta che il medico e persino il direttore sportivo.
Inoltre è necessario che le forze dell’ordine come i Nas, Guardia Civil ecc., al momento gli unici ad aver fatto qualcosa di concreto, incrementino i controlli a sorpresa a squadre e singoli atleti non solo alle gare ma in ogni momento dell’anno.
Ed infine mi appello anche agli organizzatori, in quanto anche loro devo pensare meno a fare business e spettacolo e di più alla salute dei nostri atleti, facendo percorsi meno impegnativi, gare a tappe più brevi e con più giorni di riposo.
In questo modo potremmo pian piano risolvere qualcosa, o almeno salvaguardare la salute delle nuove generazioni di ciclisti.
Quindi caro Moser, hai ragione quando dici che tanto nel mondo di pericoli ce ne sono tanti (non solo il doping), ma basta non cercarli!!!”
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