Il giornalismo piage Mario Cagliero

LUTTO | 06/01/2015 | 12:23
Amava il ciclismo, il giornalismo e Tuttosport. Quando lavori in redazione, di un collega ti possono sfuggire le mille sfumature del carattere, le vere scelte di vita, i sogni e le paure. Quando invece hai l'occasione di dividere con lui ventiquattr'ore al giorno e per un mese intero, beh, la prospettiva cambia, dal lavoro si passa alla complicità e ogni inibizione evapora, come se si fosse in missione speciale per conto della notizia.

Mario Cagliero
mi volle nello staff del Giro d'Italia del 1982 e devo a lui la
straordinarietà di una vita esaltante, inseguendo i corridori per 35 inebrianti stagioni, in ogni parte del mondo. Il compianto Gianni Bonanno alla guida dell'ammiraglia di Tuttosport e Mario al suo fianco, con la mano destra perennemente avvinta al mancorrente sopra il finestrino, per vincere o almeno attenuare l'atavica paura di "patire l'auto", che sui tornanti montani diventava una pallina da flipper. Dietro, a completare la squadra del giornale, Beppe Conti e il sottoscritto, entrambi sempre pronti allo scherzo, all'ironia, al gioco, nel tentativo di smuovere il timido Bonanno e soprattutto lui, il maestro che si rilassava solo a sera inoltrata, dopo aver dettato l'ultima frase ai dimaphonisti. Perché quello era il giornalismo del piombo, del linotype e dei pezzi dati a braccio per telefono... Altro che computer!

Mario è stato l'archetipo del giornalista di Tuttosport, una testata storicamente arrembante, la palestra di un mestiere: appassionato, tenace, curioso, incurante di qualsiasi orario, cocciuto, intuitivo. Quando in hotel mi capitava di  dormire nella stanza contigua, tra una tappa e l'altra, lo sentivo telefonare con i capi in redazione sin dal mattino, per impostare le pagine dedicate ai corridori del Giro. Perché Mario si portava dietro anche i menabò, ossia le pagine stilizzate, ed era lui a disegnarli per poi trasmetterli via fax in redazione poco dopo il verdetto sportivo del pomeriggio.
Allora.... pezzo d'apertura su Hinault, spalla su Moser, taglio su Saronni, un fondino sui tifosi....

Il pranzo era frugale, perché la testa era sempre sul lavoro e non c'era tempo da perdere. Solo a cena si rilassava, ma alle ventidue era già in camera, immaginando che cosa si potesse escogitare per il giorno dopo. Io e Beppe lo prendemmo in mezzo più volte. Un giorno lo presentammo a un accanito tifoso di Coppi come "il fratello sconosciuto di Fausto" e furono baci e abbracci tra l'imbarazzo del Maestro; in un'altra occasione convincemmo una nostra amica avvenente a bussare alla sua camera d'albergo per convincerlo a una notte di racconti pepati, risalenti all'epoca d'oro del ciclismo.

Mario non cedette mai, la sua professionalità glielo impediva. Era amicissimo di Giovanni Battaglin, che considerava un campionissimo. E' stato e sempre sarà un giornalista vero, un uomo dai modi pacati dentro il quale fermentavano l'ardore del cronista e la passione per la notizia. Quella vera. Quella che il lettore chiedeva e che Mario Cagliero sapeva offrire nel modo più diretto. Sérrati i cinghietti per l'ultima volata, caro "Caglio". Felici di averti avuto come capitano.

Paolo Viberti per tuttosport del 6 gennaio 2015
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COMMENTI
6 gennaio 2015 15:46 vecchione
Era un gran signore, mai un tono sopra le righe. Gentiluomo Vej Piemont vero.

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