PROFESSIONISTI | 28/11/2014 | 00:00 Tra italiani e americani è nato l’amore. Il primi ritiro della Cannondale Garmin si è svolto tra New York e i Caraibi e in queste mete da favola il gruppo tricolore e quello a stelle e strisce hanno trovato, tra una gara di nuovo e una in barca a vela, il feeling perfetto. Spazzate via, da entrambe le parti, le preoccupazioni di una fusione difficile da realizzare senza contraccolpi, Alan Marangoni prima di entrare in palestra per l’allenamento quotidiano ci racconta come è andato questo primissimo raduno in cui militano oltre al trentenne romagnolo, i “nostri” giovani Alberto Bettiol, Davide Formolo, Moreno Moser e Davide Villella.
Dalle foto si direbbe che vi hanno portato in paradiso. «Sì, una meta davvero spettacolare tant’è che non volevamo più tornare a casa. I vertici del team hanno giocato sporco (scherza, ndr), ci hanno trattato troppo bene, hanno esagerato in modo tale che ora il minimo è che sputiamo l’anima in sella per la squadra. È stato bello soprattutto come gli americani ci hanno accolto, sono stati davvero ospitali e ci hanno coinvolto alla grande. Credo sia stato per tutti un raduno molto speciale, la fusione rappresentava un cambiamento importante per tutti, 8 nuovi arrivi non sono pochi ma ci siamo già integrati molto bene. Siamo tornati a casa tutti contenti: noi dell’accoglienza esagerata, loro di aver scoperto che non siamo così “italiani”, nel senso che sappiamo comunicare bene in inglese e non abbiamo alcuna intenzione di istituire un gruppetto isolato».
Il programma del ritiro cosa prevedeva? «I primi 3 giorni a New York abbiamo fatto foto e video, oltre ad alcune riunioni per stabilire i programmi di base. Poi siamo partiti per Saint Thomas e in barca abbiamo raggiunto Tortola, nelle Isole Vergini britanniche. Lì abbiamo vissuto 5 giorni in barca a vela. Eravamo divisi in 11 barche ognuno con uno skipper, forse è meglio dire una skipper perché la maggior parte erano donne, e un capo marinaio che via radio coordinava tutte le imbarcazioni. La composizione dei gruppi durante il giorno, in cui ci sfidavamo in garette di 20’, cambiava, ma di notte ognuno dormiva nella sua barca. Con me per esempio c’erano il ds Charly Wegelius e Davide Formolo. Eravamo sempre in movimento, da un’isola all’altra, e per cena ci riunivamo su un isolotto in cui c’era giusto un ristorante e un negozietto, che raggiungevamo con un gommone dotato di motorino. Una vacanza, faccio fatica a definirla diversamente, davvero pazzesca e ricca di colpi di scena. Per farvi un esempio, un giorno alle 6.30 il capitano via radio ci ha dato il buongiorno dicendo “Good Mooooorning Cannondale Garmin guys, are you ready for the swimming race?”. Essendo ancora in dormiveglia speravo di aver capito male, ma raggiunto il meeting point ho capito che facevano sul serio. La sfida a nuoto all’alba è stata vinta da Ben King, io me la sono cavata discretamente chiudendo a metà classifica. Per essere in mutande, il costume non avevo capito servisse, e senza neanche aver fatto colazione non è andata male. Altre volte ci fermavamo per delle brevi riunioni o semplicemente per giocare a palla su isole che non avevano altro che sabbia e palme. Una figata!».
Che impressione ti sei fatto di questo nuovo gruppo? «Temevamo di faticare a integrarci invece siamo partiti proprio con il piede giusto. Anche il fattore lingua non è un problema, capiamo tutti l’inglese e quasi tutti i direttori sportivi sanno esprimersi bene in italiano. Questo primo training camp è stato un'esperienza incredibile, speriamo sia solo l'inizio di una splendida avventura che per me inizierà a tutti gli effetti a Maiorca tra fine gennaio e inizio febbraio. Poi disputerò Tour of Algarve, Parigi-Nizza o Tirreno-Adriatico, le classiche del nord fino alla Roubaix e il Giro d’Italia».
Cosa ti aspetti dal 2015? «Ho staccato dal 14 ottobre al 23 novembre, durante questo periodo ho pedalato solo 5 volte a Cuba, dove prima del “ritiro” sono stato in vacanza con un amico due settimane. Avendo dato una mano a un conoscente che fa volontariato in quella terra portando del materiale per i ragazzi che tra tante difficoltà cercano di pedalare, ho colto l’occasione per farmi qualche giretto con la nazionale cubana e la squadra di Santo Spirito. Tra la vacanza che mi sono scelto e quella regalatami dalla squadra vi assicuro che per 3 settimane mi è sembrato di vivere in un film, ho vissuto avventure eccezionali una dietro l’altra. Ora si torna però a lavorare come si deve. Oggi mi alleno in palestra perché è brutto tempo, ma appena riesco monto in bici per gettare le basi per la nuova stagione, serve un po’ di fondo. Non avendo più un capitano come Peter (Sagan, ndr) l’anno prossimo correremo più da cani sciolti. Alle classiche potrò mettermi un po’ più in luce e tentare di vedere dove posso arrivare in prima persona, al Giro saremo tutti per Hesjedal».
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