LUTTO | 31/07/2014 | 11:20 Non è diventato famoso Livio Buosi di San Biagio di Callalta, comune della bassa trevigiana quasi al confine con la provincia di Venezia, come il suo compaesano Pierre Cardin (all’anagrafe Pietro Cardin), il famoso stilista, lì nato nel 1924, nella frazione di Sant’Andrea di Barbarana e quindi emigrato con la famiglia in Francia. Livio Buosi, classe 1932, è scomparso lo scorso fine settimana a Paderno Dugnano, comune del milanese, dove si era trasferito dal 1958. La notizia della sua morte è stata ampiamente ripresa e diffusa anche dalla stampa regionale del Veneto, dove il ricordo della grinta e della forza in bicicletta di Livio Buosi non si è mai perso. “Pippo”, questo era il soprannome che lo distingueva nell’ambiente ciclistico, un soprannome mutuato dalla definizione popolare che così indicava il piccolo aereo bombardiere a reazione, specializzato in operazioni notturne, utilizzato dagli Alleati nel secondo conflitto mondiale. E “Pippo”, forte sul passo e in volata ma che teneva bene anche in salita, centrava sovente i bersagli ciclistici che si prefiggeva. Ha vestito le maglie gloriose dell’U.C. Trevigiani, della Tognana arrivando a sfiorare anche la maglia della rappresentativa azzurra dilettanti guidata all’epoca da Giovanni Proietti. Un suo cruccio, un rimpianto costante che Pippo imputava alla sua poca propensione a curare le pubbliche relazioni. Sono state un centinaio le vittorie conseguite in ogni categoria, soprattutto nel Veneto. Il legame con la sua terra, con i suoi amici del ciclismo un po’ rusticano dell’epoca, che Livio Buosi ha sempre coltivato e ricordato con passione, erano il suo orgoglio. Era molto amico di Giovanni “Nane” Pinarello, cugino di Aurelio Cestari, Corrado Menuzzo, trasferitosi anche lui nel milanese, il papà dell’azzurra Cristina “Lella” Menuzzo con il quale rievocava corse, episodi e personaggi di quel ciclismo a pane e salame (quando c’erano….). Mosole l’aveva invitato alle celebrazioni del centenario della gloriosa società ma le condizioni di una salute già minata glielo avevano impedito. Trasferitosi nel milanese per lavoro, rivestì la maglia dell’Aurora Brotto, una società trevigiana, a testimonianza del legame forte con la sua terra d’origine. Contagiò con la sua passione il figlio Roberto che corse per il G.S. Guerciotti e lo seguiva con passione. Una passione che ha continuato nelle sue uscite domenicali in Brianza quando, già con i capelli brizzolati, ma sempre tonico nel fisico, si faceva affiancare da giovani ben vestiti e con bici ultramoderne che lo superavano guardando con una certa sufficienza il suo “cancello”, la sua maglia in lana. Poi Pippo cominciava a menare, tirando giù il rapporto, quasi con noncuranza e ai giovani, impegnatissimi, di solito capitava che erano costretti a vedergli la schiena che, inesorabilmente, si allontanava. Nel tempo libero, soprattutto nel periodo della pensione, “curava” le biciclette d’ogni tipo, soprattutto per i ragazzi, dispensando consigli. 99 o 100? E’ questo il dilemma al riguardo delle vittorie conseguite da Pippo in carriera. Siamo per il 100 – e lode – per la passione e la genuinità, anche sanguigna, sempre diretta, tratto distintivo di Livio Buosi nella vita, legatissimo alla famiglia, e di “Pippo”, in bicicletta.
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