NAZIONALE. Linea verde e dura in attesa dell'amnistia

| 12/09/2012 | 09:03
Una linea verde per rilanciare l’azzurro. Nasce all’insegna della rivoluzione cul­turale la nuova Nazionale del ciclismo italiano: niente più corridori che in passato ab­biano subito squalifiche per doping e niente più atleti che siano anche solo in odore (leggi coinvolti) d'inchiesta, non importa se al­la fine risulteranno innocenti. L’operazione “maglia azzurra pulita” si è concretizzata ieri mattina nel Palazzo Coni di Milano con la na­scita della squadra che domenica 23 disputerà il Mondiale a Valkenburg.

«Ho condiviso in pieno le scelte federali e ho costruito la miglior Na­zionale possibile – spie­ga il ct Paolo Bettini, chia­mato al riscatto dopo la debacle olimpica –. Le in­dicazioni sono semplici e chiare: basta con chi ha avuto a che fare con il do­ping (pene superiori ai 3 mesi, ndr) o che sia sotto indagine. Quindi la scel­ta era obbligata: si punta sui giovani. Fortunata­mente abbiamo un punto di riferimento im­portante come Vincenzo Nibali e buone carte da giocare come Moreno Moser, che sta peda­lando fortissimo, e come Diego Ulissi che, for­se, è il più adatto dei nostri per il circuito olan­dese. Ci sono, poi, uomini d’esperienza come Nocentini e Paolini, quest’ultimo convocato perché va forte e non perché è amico mio. Quin­di, uomini abituati a correre al Nord come Tren­tin e Marcato, due atleti veloci ma resistenti co­me Gatto e Nizzolo e corridori usciti molto be­ne dalla Vuelta come Capecchi e Cataldo. Le ri­serve, come al solito, le decideremo solo alla vi­gilia. Mentre per la cronometro ci affideremo a Pinotti e a un Malori desideroso di riscatto. Gli avversari da battere? Sono tanti, ma su tutti c’è la Spagna che ha mille soluzioni per vincere, il Belgio di Gilbert e l’Australia di Gerrans».

Linea giovane anche in campo femminile do­ve accanto alla bicampionessa mondiale u­scente Giorgia Bronzini, sarà Elisa Longo Bor­ghini a vestire i panni della leader. Mentre il professionista Fabio Felline sarà il capitano de­gli Under 23. Nasce, quindi, un’Italia giovane ma imprevedi­bile, figlia di una rivolu­zione culturale che il pre­sidente federale Renato Di Rocco ha difeso con forza: «La nostra linea non è nata ieri, ma si è for­mata nel tempo, con la consapevolezza che la nostra Federazione rap­presenta una sorta di a­pripista nella lotta al do­ping sia per lo sport ita­liano che per il ciclismo mondiale. Abbiamo una generazione di giova­ni dal volto pulito ed è su di loro che dobbiamo puntare per costruire il nostro futuro e per cer­care di porre fine alla piaga del doping. Sui gio­vani possiamo e dobbiamo ricostruire».

E della possibile amnistia che sarà discussa in seno all’Unione Ciclistica Internazionale, Di Rocco - che è anche vicepresidente del go­verno mondiale della bici - cosa pensa? «U­na amnistia totale certamente non mi trova d’accordo - ha spiegato -, ma penso sia giusto concedere u­na seconda chance agli atleti, anche impor­tanti, che hanno sbagliato. Il nostro impegno sarà proprio quello di capire e aiutare gli a­tleti per fare in modo che non siano più i so­li a dover pagare».

Belle parole. Ma allora perché non concedere una seconda chance agli stessi atleti anche in maglia azzurra? O forse al ciclismo italiano non va be­ne quello che potrebbe andar bene per il resto del mondo? Forse l'amnistia può essere orala giusta via di fuga perché di mezzo c’è Lance Armstrong e l’Uci con il campione texano ha da sempre intrattenuto rapporti coridiali con grandi scambi di corte­sie e simpatie. Oppure perché anche il tanto e­vocato “passaporto biologico”, davanti alle te­stimonianze degli ex compagni di Armstrong, rischierebbe di subire un duro KO? Ah, saperlo…

In ogni caso, che il ciclismo italiano sia la casa della contraddizione lo dimostra anche la sen­tenza comminata ieri dal Tribunale Nazionale Antidoping a carico di Filippo Pozzato: tre me­si di stop e 10.000 euro di multa per aver fre­quentato in passato il medico inibito Michele Ferrari. Risultato: il vicentino, che si era auto­sospeso dopo essere stato interrogato dalla Pro­cura Antidoping, ha perso le Olimpiadi (dove avrebbe dovuto essere il capitano degli azzur­ri) e il Mondiale, ma potrà tornare a correre il prossimo 18 settembre.

Lapidario il commento di Pippo: «Chi si è interessato del caso sa che è tutta una pagliac­ciata. Personalmente non ho mai mollato e ho sempre sperato che potesse saltare tutto. In realtà, non ho fatto qualcosa di sbagliato né so­no stato punito per un qualcosa che ho sba­gliato a fare».
Il ciclista vicentino si era autospeso prima delle Olimpiadi, che doveva correre da capitano, per aver frequentato in passato il dottor Ferrari: «È tutta una pagliacciata»

da «Avvenire» del 12 settembre 2012 a firma Pier Augusto Stagi
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COMMENTI
Aiuto, salvateci da Di Rocco!
12 settembre 2012 10:00 valentissimo
Cosa dire, quì si naviga a vista e le contraddizioni del nostro presidente federale sono sempre di più e più grandi!!!

Inchiesta doping, Fanini contro Bettini
12 settembre 2012 10:36 dany74
«Sapeva dei controlli anche da corridore» 13/10/2011

Ciclismo/ Abuso d'ufficio, indagato il ct Paolo Bettini Avrebbe avvertito un atleta prima di un controllo antidoping

Padova. «Bettini? Anche quando correva sapeva sempre il giorno prima delle visite antidoping e avvisava le altre squadre...». Ancora: uno dei ciclisti che ha scelto in nazionale «si allenava in Svizzera con altri vicino alla casa del dottor Ferrari (finito nei guai per pratiche dopanti) vestiti di nero e con le bici senza marchi per non farsi riconoscere». Parola di Ivano Fanini, patron dell’Amore e Vita, da anni in lotta contro il doping, che è intervenuto sulla vicenda del ct della nazionale azzurra di ciclismo Paolo Bettini indagato per abuso d’ufficio dalla procura di Padova che sta indagando su presunti casi di doping. E attacca duramente Bettini, che secondo l'accusa avrebbe avvisato in anticipo un corridore azzurro, Enrico Gasparotto, di una visita antidoping.

La difesa di Bettini, sostenuta con forza anche dal presidente federale della Fci (federazione ciclistica italiana) Renato Di Rocco, era che si trattava di visite mediche di routine e non antidoping, e che lui aveva avvisato solo per ricordare l'appuntamento all'atleta. Di Rocco è anche più secco: «Quelli non sono controlli antidoping, tutto questo è un controsenso, il magistrato si informi». Tanto che la Federazione auspica, si legge in una nota «che non vi siano strumentalizzazioni legate all’episodio, in rispetto dell’alta professionalità e dell’immagine in primis di Paolo Bettini e dell’intera Fci che fa della lotta al doping uno degli elementi imprescindibili della propria attività in generale, nonchè dell’intero movimento ciclistico».

Adesso però arriva la stoccata di Fanini. Che non ha peli sulla lingua: «Per me nessuna sorpresa. Nel settembre 2008 dissi che a Bettini capitava spesso, quando era corridore, di sapere prima dei controlli antidoping e di avvisare le squadre che la sera, o la mattina dopo, dovevano essere sottoposte ai cosiddetti controlli a sorpresa.

Ad esempio alla Settimana di Coppi & Bartali 2006, Bettini avvisò, tra gli altri, anche corridori della mia squadra. E nel 2007 avevo svelato che Gasparotto era tra i corridori che si allenavano nei pressi di Saint Moritz (Svizzera), vicino alla casa del dottor Michele Ferrari, completamente vestiti di nero e con le bici senza marchi per non farsi riconoscere».

«Le ultime novità dell’inchiesta di Padova sono solo ulteriori prove di ciò che dicevo in tempi non sospetti - ha aggiunto Fanini - ma la cosa peggiore è l’atteggiamento della federazione che continua a usare due pesi e due misure. Ad Eugenio Bani (20enne promessa del ciclismo italiano trovato positivo quando era minorenne, ndr) che con le sue coraggiose dichiarazioni ha contribuito alla sospensione inflitta dalla commissione disciplinare alla società per cui correva, per un regolamento assurdo, fatto appositamente per danneggiare proprio lui, viene impedito di passare professionista. Poi ci sono tanti corridori e tanti dirigenti a cui non viene fatto niente. Bettini è uno di questi».

Il Giornale di Vicenza

12 settembre 2012 16:32 tex
come al solito il nostro presidente non perde occasione per ridicolizzare se stesso e , purtroppo, anche il mondo del ciclismo. Ovviamente non può sconfessare il presidente UCI e da buon politico dice una cosa e fa esattamente l'opposto .Devo anche dire che questa volta mi trovo d'accordo con quello che dice Fanini anche riguardo al caso bani

il direttore ha fatto centro
12 settembre 2012 23:58 ewiwa
L'amnistia ora? E' proprio come dice lei: ora c'è di mezzo Armstrong con le spalle al muro!!!! ( valgono o non valgono i centomila dollari dati a suo tempo all'uci?

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