LUTTO. E' morto Enzo Coppini, il "Morino di Prato"

| 30/07/2011 | 11:31

PRATO.- Enzo Coppini “Il Morino di Prato” ci ha lasciati, aveva 91 anni. Ventidue vittorie, oltre 70 anni nel ciclismo vissuto in tutti i ruoli, da atleta, da direttore sportivo, da dirigente e da sponsor, conosciuto ed apprezzato da tutti. Ma raccontiamolo scusandosi se di lui, personaggio poliedrico, ci dimenticheremo qualcosa. Fino da giovanissimo la sua passione per la bicicletta, Enzo non amava la terra in modo profondo come il padre. Ebbe in regalo da una donna per la quale faceva la spesa la sua prima bici a cui mise subito il manubrio da corsa. La sua prima bici a 15 anni una “Gestri”, di li a poco la tessera per la Ciclistica Pratese 1927 e la prima vittoria nel ’36. Fu atleta di ottima taglia, burlone e ciarliero, estremamente generoso. Ha gareggiato dal 1935 al 1951; sedici anni durante i quali militò nelle diverse categorie, in Italia e all’estero. Per 16 anni fedele ai colori della Pratese, prima come “aspirante” (ottenne anche il titolo toscano) quindi allievo, dilettante e indipendente. Nella sua carriera illuminata da alcune splendide prodezze ha vinto 22 gare, disputando alcuni Giri d’Italia, la Rond de France nel 1946, quando s’impose un altro pratese d’eccellenza del ciclismo, Giulio Bresci, quindi il Tour de France del 1948 vinto da Gino Bartali. Di lui in quel periodo un grande del giornalismo Nino Oppio scriveva: “Un’atleta d’avvenire, questo giovane pratese che assomiglia stranamente a Bizzi per via dei riccioloni neri”. Protagonista nel ’49 al Giro di Algeria e nel 1950 di un episodio che merita di essere ricordato. Durante il Giro d’Italia al termine della tappa di Livorno, si dovette ritirare con le lacrime agli occhi essendo giunto in forte ritardo proprio a conclusione della tappa toscana. Cessata l’attività agonistica, mise in piedi una negozio di bici proprie e qualche anno dopo (dal 1958 al ’60) l’esperienza sull’ammiraglia accanto a una grande campione del pedale come Learco Guerra, suo carissimo amico. Coppini con lui provò emozioni intense, sensazioni vibranti e fece piangere anche l’amico durante una gara. “ E’ stato quando Gaul – ricordava Learco Guerra – nella tappa del Monte Bianco stava vincendo il Giro d’Italia. Enzo urlava e piangeva al tempo stesso in un modo tanto comunicativo che mi ha commosso fino alle estreme conseguenze”. Dopo quella esperienza entrò nell’ambiente del ciclismo amatoriale come sponsor a fianco della Mobilmoderna ottenendo due scudetti tricolori nel settore cicloturistico, svolgendo intensa attività organizzativa e poi l’impegno in tante iniziative sportive e non in seno alla Ciclistica Pratese 1927, società che amava. Non sarà stata una carriera eclatante e luminosa la sua, ma Enzo Coppini ha saputo offrire un’impronta marcata della sua personalità, della sua esuberanza, generosità, e grandissima passione.

                                ANTONIO MANNORI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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