FLAVIA CAPPELLINI, IL DOCUFILM SUI PARACICLISTI IN PALESTINA, I GAZA SUNBIRDS E QUEL VOLO VERSO LA LIBERTA'. GALLERY

STORIA | 08/11/2025 | 08:26
di Aldo Peinetti

«Gaza è come il ciclismo: c’è sempre necessità di una squadra che ti circondi nei momenti difficili, è questo elemento che ho incontrato fin dal primo contatto con la realtà dei territori che non conoscevo. Le due ruote confermano la loro inestimabile capacità di descrizione dei luoghi».


Era il 2018 ed il Giro d’Italia partiva da Israele. Flavia Cappellini, oggi corrispondente di Sky Tg24 proprio dal medioriente (ci risponde da Gerusalemme), era al seguito della corsa rosa perchè in quella fase della carriera lavorativa si trovava ad occuparsi di cose e corse ciclistiche quasi per caso, dopo un colloquio (evidentemente andato bene, complice un inglese fluente, «malgrado fino alla sera prima fossi lì a consultare wikipedia per apprendere qualcosa sullo sport che non conoscevo») avvenuto a Londra nel 2015 presso IMG, società che si occupa dei grandi eventi del ciclismo su scala mondiale.


Sempre nel maggio del 2018, a pochi chilometri dalla rutilante ribalta del Giro, Alaa Al Dali (promettente ciclista che puntava ai Giochi asiatici) veniva sottoposto all’impianto di una protesi, dopo essere stato colpito da un proiettile israeliano che costrinse i medici all’amputazione. Una storia che ha ispirato il docufilm Tour of Gaza, girato - o meglio in corso di realizzazione per la stessa natura in divenire del racconto - da Cappellini.

I protagonisti sono i Gaza Sunbirds: come li hai conosciuti?

«Riesco ad ottenere un visto grazie alla Onlus Acs, Associazione Cooperazione e Solidarietà che trae linfa dal lavoro di Vittorio Arrigoni, ed entro per la prima volta nella West Bank. Mi ha incuriosito e coinvolto l’attività di paraciclismo, la vicenda di Alaa, confondatore dell’associazione, che spiegava come la bici fosse per lui anima e corpo, alle prese costantemente con l’assedio. Era stupito, all’inizio, che fossimo interessati alla sua esperienza di ciclista ed invece era ed è così: c’è un forte insegnamento in quella che è nata come attività sportiva, mutando giocoforza volto negli ultimi due anni. Quando finirò di girare? Spero tra un anno, filmando il ritorno di Alaa ed accompagnandolo fino ai Giochi di Los Angeles attraverso un’impact campaign di sensibilizzazione e sostegno alla partecipazione».

Gaza Sunbirds è arrivato a coinvolgere 27 atleti paralimpici, estendendo la sua attività verso i profughi in Egitto e Belgio.

«Dall’ottobre 2023, con il divampare della guerra e del Genocidio, i nostri corridori si sono trasformati in messaggeri d’aiuto, utilizzando le loro stesse bici per dare assistenza e distribuire cibo e medicinali alla popolazione atterrita dalla vita sotto le bombe» spiegano all’associazione.

Alaa (che ha corso anche in Italia, a Maniago) ricorda spesso quando era un ciclista, fino al giorno in cui venne gravemente ferito dal proiettile di un cecchino israeliano nel corso della Marcia del Gran Ritorno (era lì vestito da ciclista e manifestava per il diritto a viaggiare ed inseguire i suoi sogni di sportivo): «Subito dopo l’amputazione era come se la vita fosse finita, poi incontrai un gruppo di amici pedalatori e dissi che anch’io volevo tornare in sella. Da lì è iniziata l’attività che coinvolge altri amputati».

Nel docufilm - di recente presentato nella sezione corti al Film Festival di San Sebastian - ci sono le immagini che descrivono il tentativo di qualificazione (non riuscita) a Parigi 2024, a partire dal difficoltoso passaggio al valico con l’Egitto alle fasi del pre-gara in Belgio ad Ostenda, dove la delegazione palestinese venne raggiunta dalla notizia dell’estensione delle operazioni di terra a Rafah (solo parzialmente immaginabili ansia e preoccupazione per la sorte dei famigliari rimasti in Palestina): «Avrei voluto diventare campione con entrambe le gambe, dopo l’amputazione sono ugualmente determinato a rappresentare la Palestina nelle competizioni internazionali (come successo ai Mondiali paralimpici di fine agosto in Belgio, ndr), rimuovendo gli ostacoli in una lotta che portiamo avanti. Corriamo per mostrare al mondo la nostra resilienza, portando a casa la speranza e facendo da ispirazione per le persone. Corriamo per la libertà»-aggiunge Alaa, di cui Flavia Cappellini racconta le peripezie nel reperire al mercato nero uno stock di copertoni provenienti dall’Egitto.

Con un fondamentale apporto di donazioni dall’Inghilterra, il team è conosciuto e sostenuto in tutto il mondo (www.gazasunbirds.org): generosità che è sfociata nella distribuzione fin qui di 520 mila sterline di aiuti. Dopo l’affermarsi della fragile tregua, il movimento sportivo palestinese guarda avanti anche nel ricordo dei 615 tesserati che hanno perso la vita in 15 mesi appena, tra di loro un componente dei Sunbirds, Ahmed Al Dali, cugino di Alaa e ucciso il 19 giugno scorso durante un raid aereo.

Non è facile riorganizzare attività anche solo embrionali in un Paese che tra tante emergenze affronta il dramma di migliaia e migliaia di amputazioni pediatriche. Ora, l’auspicio di futura partecipazione della Palestina alle Paralimpiadi (e alle Olimpiadi) si trasforma in un perdurante e potente inno alla determinazione e alla speranza.

photo credits: Flavia Cappellini, Gaza Sunbirds e Llewelyn Debelder


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