
Alexander Kristoff aveva altri piani per la sua ultima corsa da atleta professionista e di certo non pensava di mettere la parola fine alla sua avventura in bici con una caduta. A circa 110 km dal traguardo della settima tappa del Tour de Langkawi il campione norvegese è finito a terra e parecchio dolorante ha alzato bandiera bianca lasciando tutti senza parole. Tra il pubblico, tra gli addetti ai lavori è calato un silenzio tombale, la conseguenza automatica nel vedere infrangersi i sogni di un grande campione; lo ammettiamo, avremmo voluto scrivere un finale diverso a questa storia, ma la grande regola del ciclismo è che effettivamente tutto può succedere.
Lo pensavamo distrutto, affranto, arrabbiato e invece eccolo alla partenza dell’ultima tappa con i segni della caduta, ma con un grande sorriso. I suoi compagni stanno per dirigersi al foglio firma e fa un certo effetto vederlo con abiti normali pronto a correre l’ultima tappa della sua carriera come un passeggero dell’ammiraglia della uno x. «Quando ieri sono caduto ho capito subito che in quel momento era finito tutto, non riuscivo a muovere le mani e sarei stato un pericolo per tutti. È successo tutto molto velocemente, ho perso il controllo della bici e sono finito a terra, è quasi stupido pensarci, ma il ciclismo è anche questo. La mia carriera è finita ieri, ma mi piace pensare che anche oggi ci sia la mia ultima corsa perché sarò accanto ai miei compagni a motivarli. Mi dispiace non poter lottare ancora, oggi sarebbe potuta essere la mia giornata, e invece è andata nel modo peggiore possibile. Sicuramente sono dispiaciuto, non avrei voluto finire la carriera in questo modo, ma sono sereno» racconta Kristoff, nascondendo un po’ di malinconia. Eppure negli occhi del campione norvegese c’è serenità, la consapevolezza di aver dato tutto e di essere arrivato ad un passo da raggiungere il suo obiettivo delle 100 vittorie in carriera. Non ha grandi rimpianti, già ad inizio stagione aveva deciso che sarebbe stata l’ultima e che non avrebbe voluto tornare indietro. «Lascio questo mondo con il sorriso, ho fatto pace con il ciclismo, non ho rimpianti, ho dato tutto quello che potevo»
Dei 98 successi nei 20 anni da atleta professionista Kristoff ha dei ricordi speciali, quella sensazione magica dopo il traguardo ,l’adrenalina di avercela fatta. La Milano Sanremo, il Giro delle Fiandre, le grandi classiche e le tappe al Tour de France sono i successi più vividi nella sua memoria, i momenti più alti di una carriera divenuta un vero e proprio modello per tanti corridori. Sembra essere un segno del destino vedere come l’ultima vittoria si arrivata al Tour of Norway, il suo paese di origine, con il suo pubblico, i suoi tifosi, anche se effettivamente il piano completamente un altro. Il Tour de Langkawi è stato scelto proprio le grandi possibilità che offriva alle ruote veloci, ben 6 giorni a disposizione per raggiungere quel traguardo diventato praticamente maledetto. «Le 100 vittorie erano chiaramente un obiettivo e un po’ mi dispiace non esserci riuscito, ma mi piace vedere come siano andate le cose nel loro insieme. Ho fatto diversi secondi posti, sono sempre andato veramente vicino a quel numero eppure non ci sono mai riuscito. Sono arrivato in Malesia non al massimo della forma, volevo testare me stesso e quando sono arrivato secondo dietro a me stesso ho capito che vincere era effettivamente possibile. Concludo la mia carriera con un secondo posto in volata, credo che sia il momento di lasciare il posto agli altri, ai ragazzi più giovani che non vedono l’ora di vincere tante belle corse. Quando sei un velocista abituato a vincere e vinci di meno incominci a pensare, ti rendi conto che c’è qualcosa che sta cambiando, infatti adesso analizzando la mia volata effettivamente ho meno potere di qualche anno fa. Forse avrei potuto vincere le ultime due tappe, raggiungere il mio obiettivo, ma nel ciclismo non si può tornare indietro.» prosegue Kristoff dandoci molto da pensare. Ci serve poco per riflettere su come le cose avrebbero potuto andare in modo completamente diverso, forse quelle due vittorie mancanti sarebbero potute arrivare proprio nelle ultime tappe, una domanda che ci martella e che quasi rende l’incompiuto più magico della realtà dei fatti.
Alexander Kristoff è il simbolo di quel ciclismo di forza e di fatica, di un europa del nord in autentica evoluzione e che ora ha preso in mano il suo destino. Provando a paragonare quando è diventato professionista lui, circa una ventina di anni fa, molte cose sono cambiate e la sua Norvegia è più attiva che mai. «Nella mia carriera ho fatto molte vittorie di livello e mi rendo contro che per il mio paese siano state molto importanti. Negli ultimi anni le cose stanno cambiando, non mi considero un pioniere, ma sono felice di aver contribuito a questa piccola evoluzione, ora in Norvegia il ciclismo è uno sport amato e seguito, incontro molti ragazzi che vorrebbero correre in bici e abbiamo molti giovani campioni pronti a far sentire la loro voce. Lascio questo mondo consapevole che ci sono molti ragazzi che si stanno facendo strada, come per esempio Tobias Foss che ci ha già portato grandi riconoscimenti. La centralità della Norvegia nel panorama internazionale è testimoniata dalla presenza del Team Uno X che è una vera e propria eccellenza, l’obiettivo è entrare nel World Tour ma anche se non ci riuscissimo saremmo comunque nelle prime posizioni con la certezza di poter andare a tutti i grandi giri. Credo che sarà un bel periodo per i tifosi di ciclismo norvegesi e personalmente non vedo l’ora di scoprire che cosa succederà.»
Non esiste ancora un dopo, nessun piano per il futuro, per il momento nessun desiderio di diventare direttore o di restare nel mondo del ciclismo in qualche modo. Alexander Kristoff non vede l’ora di ritornare ad abbracciare la sua famiglia, sua moglie e i suoi figli , di vivere quella vita casalinga che in questi anni è stata messa al secondo posto rispetto al ciclismo. «Non so cosa succederà il giorno dopo, non so quale sarà la prima cosa che farò una volta arrivato a casa. Sicuramente la cosa che mi mancherà di più è restare con i miei compagni, ma molti di loro abitano vicino a me e continuerò ad uscire ad allenarmi un po’ con loro, sicuramente la bici non verrà abbandonata, ma non sarà la mia priorità. Da domani potrò vivere la vita di una persona normale, aiutare mia moglie, veder crescere i miei figli, smetterla di girare per il mondo e credo proprio che con tutto quello che ho da fare non sentirò nemmeno il grande cambiamento. Per il momento i miei ragazzi vogliono solo giocare a calcio, hanno bisogno del papà che vada a supportarli durante le partite e poi chissà se magari un giorno cambieranno idea» ci dice Kristof prima di ringraziarci uno ad uno per la pazienza che abbiamo dimostrato nei suoi confronti.
Ad attendere Alexander Kristoff c’è un ultima corsa da fare, in mezzo ai suoi compagni, agli avversari, agli addetti ai lavori e ad impensabili tifosi il vichingo fa il suo ingresso trionfale. A bordo strada tutti lo applaudono trattenendo la grande emozione mentre lo guardano passare su una carrozza speciale preparata dall’organizzazione. E’ l’ultimo viaggio, forse non proprio come se lo aspettava. Non sappiamo se effettivamente cambierà idea, ma la cosa di cui siamo certi è che Alexander lascia dietro di sé l’eredita di un campione vero e che ora è pronto a passare dall’altra parte.
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