
Nel cuore del Veneto, lungo le colline che ospitano la celebre salita della Tisa, Filippo Pozzato porta avanti da quattro anni un progetto ambizioso che mira a ridefinire i confini dell’organizzazione delle corse ciclistiche in Italia. Alla guida della Veneto Classic con la sua PP Sport Events, Pozzato è stato il primo in Italia a proporre un cambiamento radicale: far pagare un biglietto per accedere a un tratto chiave del percorso. Non per escludere, ma per offrire un’esperienza premium, più sicura, più coinvolgente e soprattutto più sostenibile.
L’idea risale a prima della pandemia, ma ha dovuto attendere a causa delle restrizioni legate al Covid. Pozzato ha identificato un problema ormai strutturale: le corse ciclistiche più piccole faticano a sopravvivere. Con pochi sponsor o senza il sostegno diretto delle istituzioni, molte gare sono destinate a scomparire. Da qui la volontà di costruire un modello autosufficiente, capace di reggersi sulle proprie gambe, anche a costo di introdurre un contributo simbolico per accedere ad aree selezionate e curate del percorso.
La proposta ha preso forma proprio sulla Tisa, settore simbolo della Veneto Classic, dove da quattro edizioni è stato istituito un accesso regolamentato: 10 euro per entrare in una zona completamente transennata, dotata di maxischermo, impianto audio, DJ set, food truck e servizi. Un’esperienza pensata per chi desidera vivere la corsa in modo più completo. I primi tre anni sono stati segnati da perdite economiche, ma il trend ha iniziato a invertirsi: nella scorsa edizione, l’area ha registrato la presenza di 500 spettatori.
L’obiettivo per quest’anno è raggiungere le mille persone, una soglia ideale per garantire comfort, ordine e qualità. Il progetto si ispira a modelli internazionali già ampiamente consolidati, come quello del Giro delle Fiandre, ma anche al concetto di intrattenimento sportivo in stile americano, come l’NBA, dove l’evento non si esaurisce nell’agonismo ma si arricchisce di contenuti e servizi. In Italia, dove il ciclismo è storicamente percepito come uno sport gratuito e popolare (da sempre lo sport della gente, dove non esiste un biglietto da pagare) l’idea di introdurre il pagamento per l’accesso ha suscitato inizialmente resistenze. Tuttavia, emerge sempre più chiaramente la necessità di costruire esperienze capaci di andare oltre il passaggio dei corridori, offrendo qualcosa che permetta di rimanere anche a corsa conclusa per godersi una giornata diversa.
Oltre all’aspetto esperienziale, il tema della sicurezza è centrale. In questo contesto, un’area a pagamento consente una gestione più rigorosa degli accessi, la possibilità di installare spalti, posizionare steward e contingentare il numero di presenti. La salita della Tisa, che quest’anno (il 19 ottobre ndr) verrà affrontata sei volte dai corridori, sarà completamente chiusa e organizzata per garantire la sicurezza di tutti, pubblico e atleti oltre ad offrire un grande intrattenimento sull’intera giornata.
Il quadro economico impone scelte coraggiose. A differenza di eventi come il Giro d’Italia, il Tour de France o la Vuelta, la Veneto Classic non può contare su ricavi milionari derivanti dai diritti televisivi. Innovare diventa quindi l’unica via percorribile. Pozzato ha deciso così di investire sull’atmosfera e sulla qualità dell’esperienza, consapevole che il ritorno non è immediato, ma necessario per costruire un modello alternativo e replicabile. Anche dal punto di vista culturale, il percorso è tutt’altro che semplice. L’abitudine a fruire gratuitamente degli eventi ciclistici è radicata, ma l’esperienza dimostra che, quando il servizio offerto è valido, il pubblico è disposto a riconoscerne il valore. Un segnale che fa ben sperare in una progressiva evoluzione della mentalità collettiva, sebbene i tempi restino lunghi.
A conferma della direzione intrapresa, è arrivata recentemente anche la proposta di Richard Plugge, general manager della Visma | Lease a Bike, che ha suggerito di introdurre un biglietto simbolico – tra i 4 e i 5 euro – per accedere alle grandi salite delle corse più importanti. L’obiettivo è aumentare la sicurezza, regolamentando il pubblico, soprattutto nei tratti di discesa, quando i corridori sono più esposti a situazioni caotiche e imprevedibili sopratutto nel dopo corsa. La proposta ha acceso il dibattito internazionale - inutile sottolineare che è impossibile paragonare un breve tratto del circuito di una gara in linea e una lunga salita alpina o dolomitica - ma è evidente che Pozzato avesse già anticipato nei fatti questa visione, applicandola in modo coerente e continuativo.
L’idea non è dunque quella di trasformare il ciclismo in uno sport elitario, bensì aprire a nuove modalità di partecipazione. Non tutto deve diventare a pagamento, ma in determinati momenti e luoghi chiave è possibile creare alternative di qualità, capaci di migliorare l’esperienza e al tempo stesso garantire maggiore sicurezza. Il progetto sulla Tisa dimostra che il cambiamento è possibile. In un mondo che evolve rapidamente, anche il ciclismo è chiamato a fare la sua parte. E Pozzato lo aveva già capito anni fa.